La Real Cantina Borbonica di PartinicoDi "cassatedde" la Sicilia occidentale è piena e per lo più sono fritte e farcite con la ricotta, a Partinico (PA) però, come ripieno sono stati utilizzati i ceci in un prodotto che si pensa possa risalire ai tempi in cui la pasticceria conventuale dettava le regole in ambito dolciario.
Questo è stato il tema di una cena-degustazione svoltasi lo scorso 3 Febbraio 2019 all'interno della Real Cantina Borbonica, suggestivo luogo che ospita eventi di rilievo nel Comune di Partinico. Il motore dell'evento è stata acceso dalla Proloco, con la collaborazione di Slow Food, dell'Istituto Alberghiero Danilo Dolci di Balestrate (PA) e da alcuni sponsor del territorio come ad esempio la Cantina Cossentino, Passione e Tradizioni e tanti altri, ma chi ha fatto la parte del leone, oltre alla "cassatedda", sono stati coloro che hanno cucinato, lo Chef Gioacchino Di Franco e Paolo Antico della Pasticceria La Preferita di Partinico, nonchè Totò Bonura, sommelier e conduttore della serata.
Numerosi gli interventi da parte di alcuni assessori della locale amministrazione comunale con in testa il Sindaco Maurizio De Luca, ma anche quello di Francesco Mollame, Senatore della Repubblica con incarichi a Roma in Commissione Agricoltura e originario di quel territorio, ma adesso è arrivato il momento di passare al menu.
Vellutata di ceci con erbe spontanee, polvere di carote, finocchietto selvatico e crostini di pane di Tumminia
Vellutata di ceci con erbe spontanee
Riso siciliano alle erbe spontanee, guanciale di Suino Nero, semi di zucca e crumble di panlimone
Riso siciliano alle erbe spontanee e guanciale di Suino Nero
Ovviamente è stato lo Chef Di Franco che si è occupato di questi due primi piatti, essendo tra l'altro originario di quei luoghi ha scelto di utilizzare le verdure cosiddette alimurgiche, cioè quelle erbe spontanee commestibili fortemente legate ad un territorio, interessanti per la loro biodiversità alimentare e per caratteristiche organolettiche, a proposito di ciò, proprio su questo sito web esattamente tre anni fa ho recensito il libro intitolato "Verdure di Sicilia", scritto dal Prof.Rosario Schicchi e Anna Geraci e fortemente voluto da IDIMED. che illustra e aiuta a riconoscere molte di queste piante siciliane.
Inseme ai piatti, come già detto, sono stati serviti dei vini offerti dalla Cantina Cossentino, con la vellutata è stato abbinato il Gadì 2017, un Catarratto un po' atipico e per questo particolarmente interessante nonchè molto equilibrato, con profumi di fiori gialli, vaniglia e altri sentori floreali.
Al risotto invece è stato abbinato il Lioy 2015, un blend di Cabernet Sauvignon e Merlot che mi ha particolarmente sorpreso per la sua perfezione, piacevolmente equilibrato, con un naso iniziale a base di frutta rossa e solo con un filo della solita "marmellata", grazie all'affinamento in botti grandi, seguita poi da un'infinità di profumi sfumanti dalla violetta alla menta, liquirizia, cacao, un vino che ricordavo già ottimo, ma che evidentemente ha confermato che non c'è limite al miglioramento di un prodotto.
Cassatedda di ciciri
Cassatedda di ciciri "scomposta" con i suoi ingredienti
A Paolo Antico, in qualità di pasticcere e conoscitore della "cassatedda", è invece toccata la realizzazione del dolce festeggiato seguendo la tradizione di famiglia, illustrataci per l'occasione direttamente dalla sua mamma, ho inoltre apprezzato molto la scelta di servire il piatto con i singoli ingredienti che la compongono.
Gli ingredienti della "cassatedda" si dividono in due parti, la prima è quella che costituisce l'involucro esterno, costituito da farina di grano duro di rimacino, strutto, vino bianco, zucchero, caffè, cannella e vaniglia, in cui composizione e struttura ricordano quelle del cannolo siciliano. La parte interna, invece, è ricolmo di una farcia a base di ceci passati arricchita da gocce di cioccolato fondente, miele millefiori, zuccata e di nuovo cannella. Sembra proprio che i secoli siano trascorsi, ma la "cassatedda di ciciri" (cassatella di ceci), si prepari ancora come una volta, o quasi, infatti alcune contaminazioni, come ad esempio il caffè, pare siano arrivate dopo la seconda guerra mondiale rendendo il dolce più... moderno. Secondo me, all'ingresso di questo dolce nella "Comunità della cassatedda di ciciri", bisognerà anche fare una ricerca storica sicuramente più precisa di quella seppur lodevole condotta da Paolo Antico, al fine di creare un disciplinare, come auspicato da Mario Indovina di Slow Food, in modo da sancirne una volta per tutte ingredienti e la radice storico-culturale. Se di tradizione si deve parlare, allora non possiamo certamente contemplare la "recente" introduzione del caffè nell'impasto dell'involucro, anche se tuttavia oggi è diventata prassi, personalmente avanzo anche dei dubbi sulle gocce di cioccolato e sulla cannella, spezie che all'epoca dovevano essere molto costose e non alla portata della monache o comunque anacronistiche in un dolce povero quale si presume fosse la "cassatedda di ciciri".
Infine la "cassatedda", regina la serata, ha visto il perfetto connubio con il Muscarò, una vendemmia tardiva di Moscato Rosa, da me auspicata nei miei incontri con Nino Cossentino sin dal 2009! Anno in cui ho visitato per la prima volta le sue vigne all'epoca oggetto di una sperimentazione dell' IRVV sulle uve per vini dolci. I profumi del Muscarà sono inebrianti, ma con il suo colore trae in inganno poichè da una vendemmia tardiva ci si aspetta forse una maggiore dolcezza, invece dopo un naso di fruttini rossi e marasca, al palato tutto si risolve in un grande equilibrio che termina con una spina acida talmente controllata da richiamare un altro sorso e poi ancora un altro e un altro...
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