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Manuela Barone
Anche Federico II avrebbe apprezzato!PDFStampaE-mail
Martedì 08 Novembre 2011 16:31
Scritto da Manuela Barone


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RinascenteUmbria 1Romeo ManciniLo scorso 28 Ottobre si è rinnovata a Palermo, presso La Rinascente di Via Roma, la serie di incontri dedicata alla celebrazione delle eccellenze enogastronomiche regionali, una serata che ha visto il riuscitissimo connubio tra la cucina siciliana e quella umbra, a cura dello Chef Francesco Piparo.

Un tour emozionale attraverso il buon cibo e il buon vino, guidato dalla madrina della serata, la sommelier Francesca Tamburello,  ideatrice di questa iniziativa, insieme al presidente dell’Associazione Europea dei Gourmet per l’Italia, il Dott. Guido Falgares e allo Chef Peppe Giuffrè, assente in questa serata ma rappresentato egregiamente da Francesco Piparo e da… un’Ipad! Il tecnologico Peppe, infatti, nonostante non fosse fisicamente presente, era online su Facebook e, tramite un Ipad che veniva fatto passare di tavolo in tavolo, poteva così comunicare con chiunque lo desiderasse.

Romeo Mancini, esperto sommelier e grande trascinatore di pubblico, con i suoi racconti sul cibo e sul vino, ha scandito le attese fra una portata e l’altra senza alcuno sbadiglio da parte dei convenuti che seguivano attenti. Giusy Messina, giornalista, ha presentato e moderato la serata con simpatia e professionalità. Presente anche il Primo Cittadino di Monreale, Filippo di Matteo, appassionato gourmet.

L’occasione stavolta è stata la promozione della tenutaRocca di Fabbri”, che si trova al centro dell’Umbria fra Assisi e Spoleto, più precisamente a Montefalco, una DOCG che trova origine nell’attività di custodia della tradizione vitivinicola, portata avanti dai monaci benedettini fin dal Medioevo. I Benedettini furono infatti i primi a impiantare i vitigni Sagrantino e Grechetto.

Grazie a Romeo Mancini, con un fare da cantastorie davvero piacevole., i vini della tradizione umbra prodotti da Rocca di Fabbri, sono stati raccontati e spiegati nelle loro proprietà. Vediamoli di seguito.

ORVIETO


La base del vitigno è un Grechetto, autoctono del centro nord dell’Umbria, ma è stato dimostrato come esso è geneticamente simile al Pignoletto romagnolo. Nella versione classica di una volta l’Orvieto era abboccato (ossia con un residuo zuccherino tra i 4 e i 12 gr/lt) poichè la vinificazione avveniva a temperature inferiori ai 12 °C, quindi non riusciva a svolgersi completamente ed il vino restava zuccherino, ma adesso non si produce più così.

SAGRANTINO MONTEFALCO

È una DOCG e uno dei rossi più importanti d’Italia. È un vitigno antichissimo risalente al 70 d.C. di cui parla persino Plinio Il Vecchio, mentre il nostro Federico II lo apprezzò notevolmente, durante le sue peregrinazioni compiute nel XIII secolo, in giro per l’Umbria. Il Sagrantino possiede più antociani e più polifenoli di tutti i vini. Si narra addirittura che negli anni Ottanta vennero spedite le uve ai laboratori di analisi del Chianti per farle analizzare, ma i risultati tardavano ad arrivare. Si scoprì poi che i tecnici, riscontrando una quantità di antociani eccessivi ipotizzarono dei difetti di taratura delle macchine, non inviando i risultati!

TORGIANO ROSSO DI SERRA


Altro fiore all’occhiello della produzione vitivinicola umbra, purtroppo non incluso nella degustazione della serata.. È al 65% Sangiovese, per un 15% Sagrantino e per un altro 15% Montepulciano.

MONTEFALCO PASSITO (DOCG)

Veniva prodotto, fino a circa venti anni fa, con uve appassite direttamente sulla vite, ora si appassiscono all’aperto dopo la raccolta e la vinificazione avviene sotto Natale. Anch'esso possiede una gran quantità di antociani e un residuo zuccherino medio di 13-15 gr/lt. La percezione del dolce però è relativa, a causa della carica tannica inalterata, ed esaltata dal fatto che esso viene di solito servito a bassa temperatura. In particolare, la tradizione pasquale montefalchese, vuole che si serva il passito con l’agnello arrosto e la torta Pasqualina… provocazione apparente che, dietro suggerimento del Dott. Mancini, ho testato sul mio palato, rimanendo davvero sorpresa per la perfezione dell’abbinamento.

Il menu della serata è stato studiato con cura seguendo la formula, ormai collaudata, della fusione tra sapori, per noi non tradizionali ma che, attraverso le nostre forme, i nostri profumi e gli ingredienti della nostra terra, riescono a farci sentire un unico popolo. Un po’ meno siciliani e un po’ più umbri, forse più semplicemente soltanto più italiani.

RinascenteUmbria 2Tortino di funghi con castagne al vino rossoEd ecco che il macco viaggia da Montefalco fino alle nostre tavole, per rimbalzare nuovamente in terra umbra come in una partita di squash, facendoci chiedere quanto fossero diversi i pasti umbri e siculi in era medievale. Davvero ottimo il “tortino di funghi ai sentori di foresta umbra con ricotta speziata e castagne al vino rosso”… magari un po’ troppo dolce, per via delle castagne al vino, ma incredibilmente leggero e soffice.

Come accennato prima, per permetterci di saggiare l'apparente provocazione pasquale montefalchese, ci viene servita una  “entrecote di vitello da fattoria in scrigno di verza, cotta al vapore al fumo con casseruola di legumi in stile contadino”, accompagnata dal passito, in una esplosione sensoriale degna di Ratatouille. Burrosa e morbida l'entrecote, riuscitissimo lo sposalizio con un gusto agrodolce e speziato, il quale permetteva di distinguere ancora, e in modo chiaro, l'entrecote esaltandola al contempo.

Incuriosita dalla tecnica di cottura al vapore mi sono avvicinata alle cucine, assistendo a una preparazione che mi ha sorpreso per la sua rudimentalità ed efficacia. Una banale casseruola, colma di erbe aromatiche, veniva date alle fiamme le quali erano poi soffocate da una seconda casseruola con le foglie di verza, che una volta coperte si lasciavano intenerire dai vapori alle erbe.

RinascenteUmbria 3Da Perugia a Modica !Infine il dessert. Un gioco di consistenze e di declinazioni sul tema del cioccolato, ma anche una sorta di duello fra Perugia e Modica, moderato dalla presenza del Sale di Mozia, che ingentiliva lo spessore aromatico del cioccolato, sgrassando leggermente il palato. Quindi una pallina di gelato al cioccolato adagiato su una lingua di gatto, una mousse al bicchierino e un tortino caldo dal cuore morbido. Ho sempre amato il “dolce poco dolce”, quindi tutta la mia stima per questa scelta come chiosa a un menu conciso ma assolutamente efficace e ben studiato. Indispensabile un plauso all’organizzazione, che ha saputo gestire egregiamente una cena che definirei didattica, tenutasi per la prima volta a sedere, rispetto alle iniziative precedenti, e non con qualche intoppo, sfido però chiunque ad essersene reso conto. I tempi di attesa fra le portate sono stati brevi e ragionevoli e aggiungo anche per nulla noiosi.

Vi aspettiamo al prossimo appuntamento con “Emozioni di Gusto” !


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