Possedevo già delle mie idee, su un eventuale match Italia-Francia con le bollicine del metodo classico, idee che sono poi state confermate in pieno dall'esito della serata. Grazie all'Associazione Amici PerBacco di Dario Guarcello, ed alla sua delegata regionale, la sommelier Francesca Tamburello, ben sette bicchieri sono stati riempiti con preziosi e spumeggianti nettari di vino, italiano e d'oltralpe. La degustazione, alla cieca, è stata guidata da un ospite d'eccezione: Franco Ziliani, giornalista del vino impegnato sia su carta stampata che in siti internet, tra i quali millebolle blog, proprio a tema con la serata visto che parla di bollicine. Il 6 Marzo, quindi, sala gremita al Tina Pica di via Meli a Palermo, evidentemente il binomio bollicine e Ziliani ha catalizzato l'interesse del pubblico.
Ma passiamo al vino, chardonnay e pinot hanno dominato su tutte le bottiglie, le quali erano rappresentate da 4 italiani e 3 francesi. In ordine di assaggio, Majolini Franciacorta Electo Millesimato Brut 2003, Pierre Moncuit Blanc de Blanc Brut, Ferrari Perlè 2004, De Sousa Tradition Brut, Travaglino Grand Cuvée Brut, Billecart-Salmon Brut Reserve ed infine un Regaleali Almerita Brut. Le note al naso spaziavano dalle croste di pane e frutta secca fino alla freschezza della frutta bianca e della mela verde, buone espressioni dei propri territori, dal terroir francese fino ai casalinghi di Franciacorta, del Trentino e anche di Sicilia.
Tutti i campioni degustati tranne il Majolini, sicuramente a causa della sua recentissima sboccatura avvenuta solo due mesi prima, erano all'altezza della situazione relativamente alla fascia di prezzo di appartenenza, le sensazioni diverse e piacevoli non sono mancate. Il risultato, secondo me, è stato quello di vedere gli italiani ottimamente posizionati, considerando che ricadevano tutti nella fascia di prezzo 15-20 euro, contro quella di 30-40 euro dei francesi, ampiamente perdonata, quindi, qualche defaillance sulla struttura degli "autctoni". Ottimo anche il buffet, spesso trascurato in tali occasioni, realizzato con finger food preparati dallo chef del locale, ricordo bene le caponatine di melanzane, quella di carciofi, il risottino con zucca e salsiccia ed infine una stupenda macedonia con frutti di bosco in guazzetto; praticamente le uniche cose che sono riuscito ad assaggiare a causa del mio ritardo, infatti, essendomi intrattenuto con Ziliani, mi sono perso parte del buffet e tutte le bollicine deputate ad accompagnarlo, c'erano per la Franciacorta: Gatti col suo Pas Dosè e La Valle, con l'Extra Brut, per lo champagne, invece, Gosset, con la Cuvée Brut Excellence.
Con Franco Ziliani a portata di taccuino non ho potuto evitare di soddisfare alcune mie curiosità. In particolare mi interessava il suo parere sui metodo classico siciliani, sul nero d'avola e sull'uso del legno. Alla mia prima domanda non sono riuscito ad avere una risposta precisa, ma almeno ho dedotto che alcuni produttori sono sulla buona strada, si tratta di continuare a percorrerla con impegno e serietà ma soprattutto con territorio, concetto molto caro ai vigneron francesi; per quanto riguarda il Nero d'Avola ho scoperto che Ziliani lo interpreta come me, anche qui poco legno e tanto territorio, meglio se è, secondo lui, quello dell'Etna; Neri d'Avola all'antica quindi, ricchi di profumi che, a primo acchito, possono sembrare fuori luogo ma che invece sono quelli originali, oggi troppo spesso mortificati da lieviti commerciali e barrique esagerate, quando addirittura non conciato con gli orridi "chips", i trucioli di legno che vengono tenuti "a mollo" del vino per risparmiare tempo e botte.
Secondo la presentazione, effettuata dalla sommelier Tamburello, la serata doveva essere poco impegnativa, leggera e quasi scherzosa, ma come si fa a scherzare di fronte a delle bottiglie così innteressanti ? Viene spontaneo cercare di approfondire e approfittare di questo bonario confronto Italia-Francia, difficile che ricapiti. Da parte mia sono riuscito a indovinare solo le uve di un vitigno e di un blend, non meglio mi è andata con le nazionalità, solo 4 su 7 ! L'unico dubbio rimastomi è sulla politica dei lieviti usati dalle cantine della Champagne e di Franciacorta ? I commerciali oppure gli autoctoni ? Questi benedetti lieviti sappiamo tutti quanto possono incidere su un vino, ma per le bollicine è lo stesso che per i vini fermi ?
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