Il martedi degli Amici PerBacco si è trasformato in venerdì, ma anche il locale è cambiato diventando l'accogliente Tina Pica di via Meli a Palermo il quale, il 18 Febbraio, ha ospitato la cantina Baglio del Cristo di Campobello.
Carmelo Bonetta, titolare della cantina insieme al fratello, accompagnato da Francesca Tamburello, sommelier e rappresentante regionale dell'Associazione, ha presentato ben tre delle sue etichette di cui una appena imbottigliata.
Il primo vino ad essere degustato è stato il Lalùci 2010, in assoluta anteprima in quanto non ancora commercializzato. Un Grillo in purezza molto particolare che mi ha ricordato l'analogo vitigno della Tenuta Gatti, al naso si è subito mostrato invadente e seducente, con fiori bianchi, banana, rosa canina, quasi a ricordare un riesling, con una grande persistenza di profumi. In bocca ha confermato perfettamente i profumi ma con una insospettabile morbidezza. Nonostante il vino sia stato appena imbottigliato non ho notato particolari sentori di solforosa e mostrava già un buon bilanciamento. Il Lalùci viene affinato solo in acciaio e ha la particolarità di provenire dal mosto fiore, ciò da quello che sgronda prima della pigiatura vera e propria.
Dopo il bianco è stata la volta del primo rosso della serata, il Lu Patri 2008, un Nero d'Avola in purezza. La prima impressione al naso è stata di calore, accompagnata da una buona complessità, infatti poco alla volta è emersa una la prugna, non eccessivamente cotta, ed una vena leggermente più fresca di ciliegia matura. In bocca era polposo, qualcuno direbbe "masticabile", il lungo affinamento di circa 12 mesi in barrique di secondo e/o terzo passaggio, seguito comunque da un anno in bottiglia, fortunatamente non aveva lasciato particolari segni di legno o vaniglia. I tannini erano setosi ma non troppo, segno che qualche altro annetto in bottiglia potrebbe essere risolutore per l'evoluzione generale del vino.
Infine è stata la volta di una altro rosso, l' Adènzia 2008, un blend di Nero d'Avola, Syrah e Cabernet. Al naso, la complessità mi è sembrata maggiore rispetto al Lu Patri, segno che l'introduzione dei vitigni alloctoni ha in effetti portato eleganza e nuove peculiarità all'Adènzia. Oltre alla frutta rossa matura ho notato qualche erba balsamica e, aspettando ancora un pò, un finale di caffè. Anche questo vino, in bocca, era polposo e morbido, inoltre, nonostante l'affinamento sia stato effettuato in botti da 100 Hl, seguito poi da un anno di bottiglia, i tannini erano più setosi rispetto al Lu Patri, probabilmente grazie alla migliore domabilità dei vitigni alloctoni presenti. Anche in questo caso mi piacerebbe riassaggiare il vino in questione tra qualche anno, sono molto curioso di vederne le evoluzioni.
In tutti e tre i vini della serata sarebbe anche da evidenziare l'estrema morbidezza in bocca ma anche la persistenza olfattiva e al palato, segno di una buona concentrazione di sostanze aromatiche, probabilmente merito della cura che la famiglia Bonetta dedica alle vigne. Ci sarebbe da aprire una bella parentesi sull'argomento "vigna", i fratelli Bonetta vengono dalla "terra", sono "contadini" abituati a fare il vino nei campi, con cure quasi maniacali, foglia per foglia e acino per acino. L'enologo di cantina, Giuseppe Lentini, sembra abbia anche lui la stessa cura per i dettagli ma bisogna rilevare che il Baglio si avvale anche della prestigiosa consulenza di Riccardo Cotarella. Infine, un territorio che costituisce già da solo un brand, il "Baglio" della cantina e il "Cristo", oggetto di pellegrinaggi da parte dei fedeli, hanno creato un mix di profumi, sapori e territorio molto incisivi su un mercato che cerca sempre più differenziazione e meno omologazione.
La degustazione è stata accompagnata da un abbondante buffet la cui idea mi ha inizialmente lasciato un pò perplesso, infatti io non sono un grande amante dei cibi già pronti e disposti su un tavolo, in attesa di un affamato e accomodante avventore. Stavolta però, i profumi che provenivano dal tavolo in questione, erano veramente invitanti e si sa, il naso ha molti più recettori rispetto alla bocca. Lo stillicidio di molecole aromatiche è continuato a lungo, a causa del ritardato inizio della serata, poi finalmente eccoci tutti col piatto in mano.
Confesso quindi che sul buffet non avevo intenzione di spendere neanche una parola, ma devo ammettere che le pietanze che ho assaggiato mi hanno sorpreso, in primis la caponata, spesso critica per la frittura della sua melanzana, in questo caso era molto pulita in bocca ed era "personalizzata" con una buona quantità di cipolla, scelta opinabile ma che a me è piaciuta. Poi ricordo l'aromatico taboulè, l'ottima salsiccia aperta a pezzetti, probabilmente grigliata o piastrata, altro alimento difficile da trovare buono. Degni di nota anche i cubetti di fritatta con carciofi e i micro-panini con mortadella e limone oppure con panelline. Insomma, era tutto all'insegna della semplicità e di una buona qualità degli ingredienti e il palato ci ha guadagnato, sicuramente una cucina da approfondire...
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