La copertina del libroPrendi un pugno di chef dediti all’arte del cous cous, falli dialogare tra loro per mettere in evidenza le differenti modalità di preparazione di questo piatto, infine sintetizza le varie ricette emerse e scrivici su un libro: ecco la ricetta seguita da Paolo Salerno nella realizzazione del volume “Cùscusu”, presentato il 3 giugno 2013 a Torre di Ligny a Trapani. Il libro, edito da Trapani Welcome, si colloca all’interno del più ampio progetto portato avanti dal centro di cultura gastronomica “Molino Excelsior”, che mira proprio allo studio, alla promozione e alla divulgazione della cucina tradizionale siciliana.
Io e Maurizio Artusi eravamo presenti all’evento celebrativo di questa pietanza che non esaurisce la sua voluttà solo su un livello culinario, ma spazia in una dimensione squisitamente culturale: il cous cous, infatti, è anche veicolo di culturalità e strumento di mediazione tra culture diverse.
Paolo Salerno e Giacomo PilatiCoordina il lavoro il giornalista e scrittore Giacomo Pilati, il quale passa immediatamente la parola all’autore del libro. Il progetto, spiega Paolo Salerno, nasce come forma di tutela del cous cous e della “trapanesità”: oggigiorno, nonostante la diffusa notorietà della pietanza -tanto a livello provinciale quanto nazionale- si va via via perdendo abilità nella preparazione tradizionale del cous cous, che nei tempi più lontani era invece una della principali peculiarità del popolo trapanese. Si sta spezzando la catena che lega le antiche generazioni a quelle moderne: non è più la nonna a spiegare passo passo come “incocciare” la semola e fare la “ghiotta” giusta. Le nuove generazioni il cous cous lo sapranno anche fare, ma seguendo quelle ricette che ormai si trovano a larga diffusione su internet, con l’ausilio di prodotti precotti che, accelerando i tempi di cottura, annullano la sacralità del rito di preparazione, il quale prevede almeno 5 ore di lavorazione. Ne è prova il clamoroso successo riscosso dal corso di cucina tradizionale del cous cous organizzato dallo stesso Paolo Salerno, che ha contato numerose edizioni per poter soddisfare la grandissima affluenza di iscritti: per mutuare un’espressione dello stesso autore, “è adesso tempo di intervenire per mantenere quella memoria storica che è parte integrante della nostra cultura e che va tutelata e valorizzata”. Il titolo del libro, peraltro, continua su quest’onda di conservazione delle tradizioni: Cùscusu è infatti il nome con cui i trapanesi chiamano il cous cous fin dalle origini; un nome che diventa così veicolo di identificazione culturale del popolo trapanese stesso.
Lo Chef trapanese Peppe GiuffrèNumerosi gli chef presenti in sala e che hanno contribuito alla realizzazione del libro, tutti detentori di segreti e curiosità sulla preparazione del cous cous, risalenti alle proprie tradizioni familiari: Matteo Giurlanda, già Presidente dell’Associazione Cuochi Trapanesi, il quale, decantando l’importanza del cous cous nella sua tradizione come piatto di nutrimento giornaliero, racconta di ripetere fedelmente la ricetta familiare nella preparazione del piatto nel proprio ristorante, per far in modo che i clienti possano gustare i segreti della tradizione di sua nonna e di sua mamma; Peppe Giuffrè, esordendo con un’ovation a Paolo Salerno per l’abilità con cui è riuscito a mettere insieme tanti chef, pone poi l’attenzione sull’importanza della qualità degli ingredienti utilizzati, esaltando le caratteristiche qualitative delle farine locali; infine, esprimono grande sentimento di appartenenza le parole di Francesco Pinello, originario di Gangi, il quale sostiene di aver acquisito la sua trapanesità proprio per mezzo della preparazione di questo piatto, cui si dedica frequentemente.
Un’ iniziativa dunque non solo culinaria, ma anche di valorizzazione del territorio, non soltanto a livello regionale, ma in un più vasto ambito: il libro, infatti, è scritto in due lingue, così a fronte del testo italiano ogni pagina riporta anche la traduzione inglese; inoltre, si è cercato di superare tutti i limiti fisici legati alla distribuzione cartacea, creando e-book e App scaricabili comodamente su ogni tablet o smartphone da Apple Store e Google Play. Interessante anche l’idea di allegare al libro un dvd contente una video-spiegazione della ricetta, per permettere, anche a chi non sa cos’è una “cuscusera”, di accostarsi alla preparazione del piatto.
Infine, si sta portando avanti un’iniziativa per un più facile reperimento dei prodotti: è sul tavolo un accordo con un’azienda di vini siciliani che si occupa di e-commerce, per mettere in commercio un “kit da cuscusiera”; un mini-kit fatto di utensili e materie prime, per offrire la possibilità di preparare un ottimo cous cous trapanese in tutto il mondo.
Lo Chef Francesco Pinello prepara il cuscusuIn conclusione posso dire di aver trascorso una piacevole serata in un posto mozzafiato, scenario perfetto in relazione al tema della serata (alla fine della presentazione la degustazione di cùscusu in terrazza vista mare sembrava esaltare i sapori del piatto stesso); ho avuto la possibilità di conoscere chef di alto livello, che però spiccano per la loro umiltà (alcuni non gradivano essere fotografati, altri arrivavano in bicicletta); ho carpito informazioni importanti sulla preparazione del cous cous (la base di tutto è la semola, che deve essere rigorosamente grossa e “abbivirata”, non dall’esterno ma dal’interno, con un Bianco d’Alcamo; non può mancare infine la spruzzatina di limone per eliminare l’acidità prodotta dal brodo di pesce, che va fatto con i pesci piccoli, mentre il pesce grande serve solo per accompagnare il cous cous). In realtà, i segreti per la preparazione di un buon cous cous –dice Paolo Salerno- sono essenzialmente due: amore e pazienza; amore per la tradizione e pazienza per la preparazione.
Adesso non mi rimane che aprire il libro e seguire passo passo la ricetta o –perché no- scegliere tra le varie biografie degli chef riportate nel libro stesso e andare direttamente nei loro ristoranti a provarle!
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