Masseria La Chiusa, un agriturismo a 360 gradiCome ho già avuto modo di scrivere in passato, siamo invasi dai Nero d'Avola, ma anche da qualche altro vino, con i sapori massificati, tutti uguali o con differenze minime, sia che essi siano stati prodotti a est, piuttosto che a ovest della Sicilia. Chi minimamente si occupa, non di vino, ma anche solo di agricoltura, sa bene che ciò non è possibile, in qualche modo il terreno, il clima, l'esposizione, in una parola sola il cosiddetto "territorio", modifica le caratteristiche finali di un frutto e l'uva risente in modo particolare di questa legge della natura. Addirittura, in campo enologico, esiste il concetto di "cru", tanto caro a Veronelli, che egli cercò di trasferire dalla Francia all'Italia alcuni decenni fa. Il "cru" è una vigna limitata in estensione che per esposizione e caratteristiche micro-climatiche nonchè di terreno, ci dona un prodotto facilmente distinguibile dalle altre vigne vicine. Ora, considerando queste caratteristiche dell'agroalimentare, come si può trovare vino così standardizzato nelle bottiglie? Evidentemente vengono attuate tutte quelle pratiche e tecniche enologiche, in pianta ed in cantina, assolutamente lecite, che permettono di inseguire il gusto di un consumatore che secondo me è ormai stanco dei soliti sapori, ne è testimone il successo avuto negli ultimi anni del Cerasuolo di Vittoria e più recentemente del Grillo, prodotti molto diversi dagli altri oggi parecchio graditi dai consumatori e pienamente accettati dal mercato.
La Masseria era in passato adibita a cantinaDi tutto ciò ho già scritto in passato, ma oggi, invece, vorrei farvi conoscere un prodotto di un'azienda che non fa vino per inseguire un certo gusto standardizzato, bensì principalmente per un consumo interno, rispettoso delle materie prime e dei clienti che lo dovranno consumare. Sto parlando dell'Agriturismo Masseria La Chiusa, azienda modello situata nel territorio di San Giuseppe Jato (PA), che ritrovandosi i propri terreni coltivati a Nero d'Avola, ha pensato bene di non venderlo più ad un prezzo mortificante conferendolo a cantine esterne, ma di vinificarlo in proprio per fornire un ulteriore servizio al soggiorno dei propri clienti. La Masseria produce due etichette, la Danza Nera, un Nero d'Avola affinato in barrique per circa 9 mesi, ma per fortuna con poche tracce di legno, ed il Nero Segreto, un vino base realizzato sempre con lo stesso vitigno e del quale vi parlerò qui di seguito poichè, secondo me, ha delle caratteristiche che lo pongono in una posizione molto interessante nel panorama vitivinicolo siciliano.
A destra, Emanuele SavonaQuando più di un anno fa assaggiai la prima annata di Nero Segreto, mi resi subito conto che sotto l'eccessivo iniziale odore di "smalto" albergava una straordinaria materia prima da "dimenticare" in cantina. Pertanto, lo scorso 27 Dicembre 2014, raccolsi di buon grado l'invito di Emanuele Savona, ideatore e direttore della struttura, finalizzato ad assaggiare la seconda annata risalente al 2013, stavolta dopo un anno di affinamento. Il tempo, principale ingrediente dei cibi di qualità, mi ha dato ampiamente ragione, ed Emanuele lo ha perfettamente capito! Il Nero Segreto 2013 si è stavolta inizialmente presentato al mio naso solo con un filo di "smalto", scomparso quasi subito dopo alcune roteazioni del bicchiere. Dopo qualche minuto, passata la piccola tempesta degli odori poco graditi, ecco finalmente il vino, in tutta la sua frutta rossa, con sfumature alquanto amalgamate tra loro, difficilmente distinguibili, sicuramente con una base di ciliegia, dove a volte si inserivano delle note più fresche, come di fragola o di lampone. La mia degustazione è durata circa un'ora, durante la quale, periodicamente, controllando il bicchiere, scambiavo impressioni con la mia collaboratrice Paola Battaglia, personal chef e sommelier, ebbene, incredibile a credersi, sono comparsi in sequenza forti sentori di liquirizia che a tratti sfumava verso l'anice, il rosmarino ed altre erbe balsamiche, tutti profumi cosiddetti terziari normalmente legati ad un affinamento in legno, ma che il vino non aveva mai visto avendo vissuto, fino a quel momento, il solo contatto con il freddo acciaio dei tini e poi con il vetro delle bottiglie! Anche i tannini, presenti e mai aggressivi o ruvidi, erano piacevoli e sfioravano la classica morbidezza degli affinamenti in legno.
Il Nero SegretoNon contento di ciò, lo scorso 5 Gennaio 2015, ho testato direttamente sul campo, con un gruppo di consumatori e gourmet, un'altra bottiglia di Nero Segreto. I risultati sono stati lusinghieri per quello che apparentemente poteva sembrare il solito Nero d'Avola. Il gruppo, composto da 12 persone attente al cibo, tra i quali me stesso ed una sommelier, ha riscontrato un predominante profumo mentolato che ha quasi sostituito la precedente liquirizia, confermando poi un certo spettro balsamico. Totalmente assente, in questa bottiglia, ogni possibile sentore di "brettanomyces", invece leggermente presente nella precedente degustazione, esso è il classico odore costituito da un'infinità di sfumature sulfuree o di pelliccia bagnata, sudore di cavallo, stalla, vernice o plastica ed è causato da un innocuo lievito chiamato appunto "brettanomyces" che alberga nelle cantine, purtroppo oggi sempre più diffuso e difficile da sdradicare. Per fortuna a questo c'è rimedio, basta stare molto più attenti con l'igiene in produzione o ahimè in alternativa lavorar di polso con il prodotto finito, facendo roteare il vino nel bicchiere allo scopo di arieggiarlo per bene. Quei furbacchioni dei francesi, invece di concentrarsi a lottare contro il lievito puzzolente, si sono inventati i "vini brett", creando un'apposita categoria dove collocare questo particolare difetto, quasi nobilitandolo!
Non so quale sia il nero segreto di Emanuele Savona applicato in vigna e/o in cantina, ma posso facilmente immaginarlo, sono probabilmente gli interventi minimi applicati durante la vinificazione ed un'uva sana in partenza, coltivata con attenzioni e amore, nonchè l'uso limitato di solfiti. Per quanto riguarda l'uso del legno e quindi della barrique, chi mi segue sa che non ho pregiudizi in merito, ma apprezzo molto un uso parsimonioso di quello che è stato definito il "laboratorio chimico del vino", quindi legno si, ma meglio se di grandi dimensioni o di veloce passaggio, esso deve conferire al prodotto le sue caratteristiche positive e non quelle negative mortificando il lavoro del contadino.
Anche se il Nero Segreto ha ancora dei piccoli margini di miglioramento, questa seconda annata ha confermato in pieno la straordinaria materia prima da me riscontrata in passato, sicuramente un vino di nicchia destinato principalmente agli avventori della Masseria La Chiusa, ma anche agli eventuali passanti appassionati della bevuta sana, considerando le poche quantità prodotte. Emanuele Savona, per la vendemmia 2014, stima che probabilmente riuscirà a produrre solo 2.000 bottiglie di Danza Nera e 7.000 di Nero Segreto, in più, per la prima volta, si cimenterà anche in 3.000 bottiglie di rosato e in 6.000 di bianco, utilizzando l'unico vitigno coltivato dalla Masseria: il Nero dAvola allevato rigorosamente in regime biologico, certificazione posseduta dall'azienda agricola da molti anni, ma che per meri motivi burocratici non è ancora dichiarabile in etichetta.
In conclusione, quei 5 ettari coltivati a vigna da Emanuele Savona, squarciano il panorama dei Nero d'Avola ridefinendone profumi e sapori, perchè chi lo dice che nei nostri bicchieri dovrà albergare per sempre la prugna?
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