I saloni della Masseria La ChiusaPurtroppo la parola agriturismo è oggi inflazionata dall'erroneo significato che comunemente gli si attribuisce: cibo genuino abbondante e a poco prezzo, ma non dovrebbero essere questi i fondamenti delle strutture dell'ospitalità di provincia. Pertanto, quando mi capita di venire a conoscenza di un agriturismo che rispetta i princìpi che dovrebbero essere alla base della sua costituzione, ho subito voglia di condividere la mia esperienza. Stavolta però, parlerò di un'azienda un po' particolare, poichè essa riesce a coprire a 360 gradi tutti i molteplici aspetti di un vero agriturismo, dall'ospitalità all'attenzione in cucina. Sembra proprio un caso perfetto ed in effetti, lo scorso 14 Agosto 2014, ho avuto la possibilità di riscontrarlo personalmente durante l'approfondita visita da me condotta presso la Masseria La Chiusa di San Giuseppe Jato (PA). In verità la Masseria, circa tre anni fa, era già stata visitata e recensita da una collaboratrice di CucinArtusi.it, ma evidentemente nel frattempo qualcosa è cambiato, particolari che mi hanno convinto a riesaminare la sua valutazione e che adesso vi racconterò dettagliatamente.
La cappelletta della MasseriaIl primo nucleo della Masseria La Chiusa fu costituito da una piccola cappelletta che risale al 1470, anno in cui la famiglia Galletti, di nobili origini albanesi, si spostò da Pisa alla Valle dello Jato, iniziando così una fiorente attività agricola in quel luogo che, inizialmente, l'accolse subito dopo la fuga dalla loro patria avvenuta per motivi religiosi. In pochi anni si costituì persino il paese di San Giuseppe Jato, per poter accogliere i lavoranti del feudo dei Galletti, una proprietà immensa che allora si estendeva per tutta la valle di circa 1400 ettari. Nel corso dei secoli che si susseguirono, dopo diverse vicissitudini e spartizioni, l'iniziale latifondo si ridusse, fino a diventare quello che oggi resta attorno alla masseria, che ammonta a circa 150 ettari, e che non cambiò mai di mano, rimanendo sempre di proprietà di eredi e parenti della famiglia fondatrice. Nel 2009, però, per volontà di Emanuele Savona, attuale giovane direttore dell'azienda, la masseria abbandonata da tempo fu ristrutturata, diventando così un moderno agriturismo che fa onore ad una categoria oggi ormai un po' troppo inflazionata. Una storia avvincente che Emanuele ha condensato nei pochi minuti di video intervista che mi ha gentilmente rilasciato.
I peperoni nell'ortoLe peculiarità necessarie per potersi fregiare dell'etichetta di agriturismo sono poche ma fondamentali, Emanuele me li ha elencati in modo esaustivo e professionale, anche perchè lui ha la doppia responsabilità di essere direttore di una struttura e consigliere nazionale di Agriturist, l'associazione di Confagricoltura che nell'immediato dopoguerra creò la categoria degli agriturismi con ben diversi presupposi rispetto agli odierni. Al primo posto c'è sicuramente l'azienda agricola, poi l'accoglienza ed il rispetto per il territorio, questi sono i cardini principali che Agriturist ha usato per redigere le regole che selezionano i propri associati. Una vera e propria guida che solo un mese fa è diventata "app" per smartphone, pertanto inserita nei due principali market Apple e Android, liberamente scaricabile dagli utenti cercando la parola chiave "agriturist".
Alcuni prodotti in venditaAlla Masseria La Chiusa l'azienda agricola copre quasi tutto il fabbisogno alimentare, viene prodotto persino il sapone all'olio d'oliva ed il vino, ma gli obiettivi che Emanuele si prefigge di raggiungere sono molto più ambiziosi degli attuali. Dopo aver certificato, sin dagli anni '90, l'azienda in biologico, adesso è arrivato il momento di aprire i campi agli ospiti della struttura, aumentando la funzione didattica e sociale della masseria. Già oggi Emanuele ama portare i clienti-amici in visita ai 5 ettari di orto piuttosto che del vigneto, ma presto egli realizzerà una vera e propria passeggiata nella biodiversità, costituita da varietà vegetali quasi scomparse come ad esempio il corbezzolo, la limetta, le sorbe, le mele cotogne, i grani antichi siciliani e i già recuperati ceci neri, tutte corredate di cartellino e caratteristiche distintive quasi come una sorta di piccolo giardino botanico. Altro ambizioso progetto è quello di creare una piccola SPA autosufficiente dal punto di vista energetico, da utilizzare sia per gli ospiti che per scopo didattico. E' altresì attiva la vendita di alcuni dei 99 prodotti biologici provenienti dall'attività dell'azienda agricola, come ad esempio le due etichette di vino, le marmellate, i ceci neri varietà vulcano, i saponi all'olio e l'olio extravergine d'oliva dal classico blend Val Di Mazara costituito da Nocellara, Cerasuola e Biancolilla. Questa però è solo una parte dei progetti che albergano nella fervida mente di Emanuele e che sicuramente vedremo realizzati nel corso dei prossimi anni, ma adesso, com'è mia consuetudine, passerò direttamente in cucina, dove ho trovato Alessandro Francavilla, uno chef palermitano dalle variegate esperienze.
Lo Chef Alessandro FrancavillaDiversi anni fa, Alessandro, giunto al classico bivio scolastico costituito dal diploma di scuola media, scelse di frequentare l'alberghiero con ben poca convinzione, ma bastarono le prime lezioni sulle basi della cucina, per suscitare in lui una grande passione, sarà stata la levatura dei suoi insegnati con le loro salse classiche, sta di fatto che oltre a tanti nomi dell'epoca come docente egli ebbe anche Pietro Pupillo, vecchia conoscenza di questo sito. In breve, Alessandro divenne uno dei più bravi del suo corso e mise sin da subito a frutto le sue capacità con le cosiddette "stagioni", in Sicilia ed al nord Italia, ma fu a Bolzano che egli rimase fulminato dalla pasticceria. Dopo una propria esperienza nella gestione del suo locale palermitano Capricci di Gola, ceduto solo due anni fa, avvenne l'incontro con la Masseria La Chiusa, dove oggi è aiutato dalla giovanissima quanto promettente Stefania Guarneri, che durante la mia visita, da appena ventitreenne, ha dimostrato grande manualità e sicurezza in cucina, sicuramente grazie ai docenti-professionisti che anche lei ha incontrato stavolta all'Istituto Pietro Piazza di Palermo, con nomi del calibro di Cosimo Mànnara, Gaetano Megna e di nuovo Pietro Pupillo non si può sbagliare. Nella cucina della masseria si praticano anche tecniche di cottura moderne, come la bassa temperatura, il sottovuoto e quella a vapore, salvaguardando così le preziose caratteristiche organolettiche e nutrizionali, nonchè salutistiche, delle freschissime materie prime prodotte dall'azienda agricola o reperite nel territorio immediatamente ad essa circostante.
Essendo alla vigilia del ferragosto, Alessandro mi ha preparato alcuni piatti previsti per il pranzo del giorno dopo, ma bisogna tenere comunque presente che alla masseria non esiste un menu, ne mensile ne settimanale, poichè i piatti vengono preparati, ed eventualmente inventati, giornalmente in base ai prodotti che dona la generosa terra dell'azienda agricola.
Antipasto
Esso comprendeva un mix di antipasti abbastanza variegati che sarebbe il caso di dettagliare uno per uno. La più delicata era la ricotta fritta, avvolta in una croccante panatura preparata con una miscela di semola rimacinata e semolino. La peperonata, invece, sprigionava tutto il sapore del peperone appena colto aiutato da un fresco datterino appena saltato in padella. Il pomodoro secco ripieno era speziato con leggeri sentori di cannella, la morbidezza tradiva chiaramente l'artigianalità della sua produzione, avvenuta con un mix di sale e zucchero non percepibile al palato. Il caciocavallo all'argentiera era rustico, sincero e ben fatto, esso proveniva da pochi "metri" di distanza in quanto era stato prodotto con il latte vaccino della Cinisara di Salvino Polizzi, allevatore di San Giuseppe Jato. Infine, la cupoletta di filetto di maialino con chutney di pere e pistacchi ha chiuso degnamente un antipasto che da solo poteva rappresentare un menu completo. All'interno della sottilissima cupola di maiale era stata inserita una dadolata di pere saltata sapientemente lasciata al "dente" e piacevolmente speziata in un connubio frutta-salato che mi ha per un attimo ricordato una recente cena da me condotta coi piatti dello Chef Luca Montersino.
Primo piatto Cerchi di pasta ripiena con datterini canditi, melanzane e lamelle di ricotta salata
La disposizione a "muro" degli ingredienti ha elevato l'altezza di un piatto che normalmente fa fatica a farsi notare. I cerchi di pasta ripiena altro non erano che degli agnolotti alla ricotta e pesto preparati dalla raviolatrice di Alessandro e pertanto piuttosto piccolini. La loro altezza era stata aumentata tramite il pomodorino, che in questo caso era un po' troppo acidulo probabilmente a causa di una canditura insufficiente. Sul "muro" era stata depositata una copertura di sottilissime melanzane in panatura di farina di ceci, delicatamente fritte e sorprendentemente croccanti. L'insieme di sapori e colori ricordava in modo imbarazzante due piatti: la parmigiana e la pasta alla norma, ai quali strizzava alternativamente l'occhiolino.
Secondo piatto Filetto di Suino Grigio di Donè lardellato al pepe rosa con patatine a vapore
Arrivato alla carne ho subito notato la sua succosità e morbidezza, segno evidente di una cottura sottovuoto in questo caso effettuata a 68 gradi. Questo dovrebbe essere l'unico sistema di cottura delle carni in quanto unico modo per preservarne caratteristiche organolettiche e nutrizionali, facilitandone quindi il consumo e la piacevolezza. Il pepe rosa introduceva nel piatto la sua caratteristica nota aromatica e croccante, mentre le patatine andavano a costituire la parte di carboidrato tendente al dolce. Esse erano state cotte a vapore e presentavano una consistenza perfetta, la loro forma ricordava le patate tornite che si preparano a mano, riducendo le forma di quelle più grandi ed eliminando le eventuali asperità, mentre invece ho poi scoperto che la loro forma regolare proveniva direttamente dalla natura, in quanto erano state utilizzate le patatine più piccole prodotte dall'azienda agricola! Per qanto riguarda le carni, Emanuele ha attuato una politica di massima qualità avvalendosi di forniture di carni certificate, non sempre facilmente ottenibili in Sicilia e pertanto reperite sul mercato italiano.
Dessert Bavarese di ricotta con cuore di pistacchio
Un dessert, semplice ma dal sapore intenso e dall'intelligente dosatura dello zucchero. Alessandro non si è lasciato incantare dalla ricotta che attira verso di se dosi zuccherine sempre maggiori, come capita ormai purtroppo di regola in cassate e cannoli. Egli ha adottato un approccio gustativamente molto apprezzabile, valorizzando l'ottima ricotta utilizzata per la preparazione. La pasta di pistacchio inserita al centro si era letteralmente sottomessa a sua maestà la pecora, gli unici contraltari erano costituiti dall'aspra dolcezza dell'amarena sciroppata, ovviamente anch'essa preparata nelle cucine della masseria e proveniente dagli alberi dell'azienda agricola, e dal croccante amaretto che era stato sbriciolato sulla sommità della bavarese. Il giusto modo per chiudere un sostanzioso, ma come scoprirò in serata, leggero, pranzo d'Agosto.
A tavola, oltre alla fresca acqua di fonte della masseria ho assaggiato anche uno dei due vini dell'azienda agricola. Essa produce due etichette: il Nero Segreto, un Nero d'Avola sincero con affinamento in acciaio e dalla straordinaria concentrazione di materia prima, e la Danza Nera, lo stesso vitigno con alle spalle ben 9 mesi di barrique e 6 di acciaio che non conoscevo ancora e che ho assaggiato per l'occasione. C'è da precisare che Emanuele produce il vino da soli due anni, passando dalle 5.000 alle 10.000 bottiglie dell'ultima annata, ma con degli straordinari risultati, essendo già oggi in grado di poter proporre al mercato un prodotto con certificazione biologica dalle caratteristiche di tutto rispetto.
La cucina della Masseria La Chiusa è difficile da trovare in un agriturismo poichè essa naviga in modo altalenante tra il rustico ed il raffinato, lambendo regolarmente l'alta cucina, sia per le tecniche utilizzate che per la cura nella presentazione dei piatti, il tutto con un prezzo che lascia quasi di stucco e che, secondo me, avrebbe sicuramente dei margini di aumento: con soli 25 euro si può accedere al pranzo che ho descritto nel presente articolo, comprensivo di vino Nero Segreto, mentre con 30 euro sono normalmente venduti i pasti con più portate delle festività. Una risorsa da tenere di conto in quanto a due passi da Palermo e facilmente raggiungibile dallo svincolo per San Giuseppe Jato della SS624 .
La famiglia Ferrara-Ferrante con Emanuele SavonaLa Masseria La Chiusa non è un agriturismo, bensì un'idea proiettata nel futuro nata dalla visione di Emanuele Savona che con caparbietà ha superato ostacoli e diffidenze. Un vero progetto sociale di sostegno a quel territorio in cui esso è incastonato, con potenzialità turistiche immense se solo si riuscisse a rendere pienamente fruibile la vicinissima area archeologia della Valle dello Jato, che solo in queste ultime settimane sta vivendo un timido ritorno dopo anni di abbandono totale, ma anche grazie alle grotte di Pizzo Mirabella che sovrasta la masseria, tra l'altro di proprietà della famiglia, che custodiscono antichi graffiti protetti da un cancello di cui, dopo la pseudo abolizione delle provincie siciliane, si è... persa letteralmente la chiave!
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