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Maurizio Artusi
Le Super DOP ed il Born in SicilyPDFStampaE-mail
Martedì 18 Giugno 2013 13:36
Scritto da Maurizio Artusi


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SuperDOP 1Formaggi presso Cacioteca Siciliana del Corfilac (RG)L'epoca che sta vivendo l'agroalimentare italiano è ad una svolta, esso è minacciato dall'abuso di nomi, marchi e dalla concorrenza dei paesi asiatici emergenti, e pertanto ha oggi bisogno di una maggiore certezza di certificazione. Gli organi di controllo svolgono un lavoro meritorio, ma sempre pù spesso prodotti certificati e non, dal contenuto mendace, riescono ad arrivare sulla nostra tavola, ad opera delle tecnologie e degli espedienti di alcuni produttori, spesso coadiuvati da leggi facilmente aggirabili. Tuttavia le biotecnologie possono venire in aiuto del prodotto tipico, definendo una volta per tutte provenienza e qualità.

SuperDOP 6il Prof.Portolano al lavoro con due ricercatriciIn Italia, qualcuno usa già le biotecnologie per controllare e quindi certificare un prodotto, alcune ricerche sono attualmente in corso o sono state già concluse da diverse università italiane. Ad esempio, il Prosciutto di Parma usa dei "markers" segreti aggiunti tramite delle farine a quei grassi che ne ricoprono la parte senza cotenna, essi sono conosciuti soltanto dall'ente certificatore il quale, potendoli riscontrare facilmente opera in modo più certo e veloce. Sin dal 2002, presso l'Università Cattolica di Milano, si stanno svolgendo delle ricerche per la certificazione del contenuto dell'olio extravergine di oliva, tramite sequenziamento del DNA e relativa ricerca di markers comuni per ogni cultivar; già oggi si è quasi giunti a poter stabilire quanto meno se si tratta di olio nazionale o estero. Stesso obiettivo si è posto il Progetto Oliv-Track dell'Università di Parma, dove dal 2003 fino al 2005 si è cercato di perfezionare le attuali analisi di provenienza, corredandole di un'arma in più, costituita sempre dai markers del DNA; anche il Cnr di Perugia con il Progetto OIGA, riguardante la tracciabilità genetica delle varietà di olivo presenti nell’olio, sta lavorando in questa direzione. Si stanno invece dirigendo sulle indagini isotopiche due consorzi di tutela: quello del Brunello di Montalcino e quello dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Purtroppo finora, tutti i progetti di ricerca biotecnologica, già svolti o in corso, non sono riusciti ad imporsi in modo universale nella certificazione di un prodotto e comunque non sono riusciti a legare, in modo certo, l'originalità di esso con il territorio di provenienza. Questo ambizioso obiettivo ha invece trovato un buon terreno di coltura presso il Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali dell'Università di Palermo, all'interno del quale il Prof. Baldassare Portolano ha elaborato un nuovo modo di certificare un prodotto tipico, conducendo interessanti ricerche biotecnologiche sull'agroalimentare siciliano.

SuperDOP 4Giacomo Gatì con le sue Capre GirgentaneIn passato, durante le mie ricerche di natura zootecnica, avevo più volte incontrato il nome del Prof. Portolano e mi ero più volte ripromesso di contattarlo, ma ogni volta per mancanza di tempo e di occasioni favorevoli avevo rimandato. Poter trascorrere quasi due ore a colloquio con lui, lo scorso 3 Maggio 2013, ha accresciuto le mie conoscenze in materia di tracciabilità, certificazione e zootecnia, facendo emergere la passione con la quale egli conduce la sua attività, ed io conosco bene quell'entusiasmo, permettendomi così di raccogliere le informazioni che hanno poi permesso la stesura del presente articolo. Portolano, originario dello straordinario territorio della Valle del Belìce, è docente presso la Facoltà di Scienze Agrarie dell'Università di Palermo, ma è anche impegnato da anni in diverse ricerche nel settore agroalimentare siciliano. Le sue più note attività di ricerca le ha svolte sulla Capra Girgentana e sulla certificazione microbiologica dei prodotti tipici. Durante la nostra chiacchierata, egli ha teorizzato la creazione di una sorta di certificazione del territorio, che io ho semplicisticamente denominato "Super DOP", da attuare in parallello alle eventuali certificazioni esistenti ma che qualifichi ancora di più un prodotto, attibuendogli una maggiore genuinità e sicurezza di provenienza, traguardi da raggiungere avvalendosi delle più moderne tecniche microbiologiche e biotecnologie attualmente disponibili.

Sequenziare, ovvero mappare, un DNA di un individuo, che sia una pianta piuttosto che un animale o un batterio, costa parecchio, tuttavia lo si può fare una tantum e una volta identificati gli alleli comuni, cioè ogni variante di sequenza di un gene, si possono finalmente stabilire dei cosiddetti markers, cioè delle caratteristiche che identificano una specie animale o un particolare microrganismo da testare in seguito. In fase di certificazione, eseguire un esame che attesti l'esistenza di uno o più markers, costa pochissimo ed è alla portata di qualsiasi laboratorio degno di tale nome. Ovviamente siamo sempre nell'ambito della certificazione di un prodotto e non del territorio di provenienza, ma per risolvere tale problema Portolano, ha condotto delle ricerche specifiche sulla Vastedda del Belìce, nota DOP siciliana ed unico formaggio di pecora a pasta filata.

SuperDOP 3Vastedde del BelìceCon gli strumenti oggi disponibili ed il disciplinare attuale, l'Istituto Zooprofilattico Siciliano, ente certificatore della DOP in questione, può rilevare alcune caratteristiche chimico-fisiche che identificano solo superficialmente il prodotto, trovandosi nell'impossibilità di poter stabilire eventuali aggiunte di latte non di pecora o proveniente da zone diverse dalla Valle del Belìce. Questa insicurezza della certificazione è stata alla base del lavoro di ricerca di Portolano, il quale, esaminando la microflora presente nella caseificazione dei vari mesi dell'anno, ha selezionato quella più tipica e rappresentativa, appartenente al periodo di produzione migliore della Vastedda. Successivamente, i ceppi così selezionati, una volta riprodotti in quantità, essendo  comunque dei fermenti autoctoni, si possono tranquillamente aggiungere durante il processo di caseificazione, identificando così in modo univoco il prodotto. Benchè sia vero che con tale pratica si effettui, anche se in misura minima, una certa standardizzazione, il risvolto della medaglia è l'introduzione di markers microbiologici che, come nel caso del DNA, sono facilmente riscontrabili con semplici ed economici esami di laboratorio. Il lavoro svolto da Baldassare Portolano, va avanti da quasi 5 anni ed è stato finanziato dalla Regione Siciliana, dal MIUR (Ministero Istruzione Università Ricerca), ma soprattutto dalla Comunità Europea, che ne ha riconosciuto la validità degli intenti.

Un sistema analogo, ma basato sull'esame delle "terre rare", minerali rarissimi presenti solo in alcune parti del mondo, si potrebbe applicare al Pistacchio di Bronte, cionondimeno si può ben immaginare le difficoltà che si dovrebbero superare per introdurre un sistema di controllo così infallibile, in un prodotto così inflazionato. Dove finirebbe una buona parte del pistacchio siriano, iraniano e turco? Quante aziende di Bronte dovrebbero comunicare ai clienti che il loro prodotto è finito? Con sistemi analoghi sarebbe anche più facile distinguere i produttori di mozzarella di bufala onesti da quelli disonesti, diatriba salita agli onori della cronaca alimentare proprio in questi ultimi giorni, causata da una nuova legge ritenuta troppo restrittiva. Come spesso accade nelle forti contrapposizioni tutta la vicenda si è infine risolta con un compromesso che, forse non eviterà totalmente di utilizzare cagliate di bufala congelata proveniente dall'estero e latte rumeno a basso costo, in luogo del latte di zona DOP, ma almeno salverà i fatturati di tante aziende, ovviamente sacrificando il consumatore.

Il Prof. Portolano e gli altri ricercatori italiani impegnati nella certificazione microbiologica della tracciabilità, potrebbero fornire dei validi strumenti biotecnologici a salvaguardia del consumatore e dei produttori onesti, tuttavia mi chiedo: c'è una reale volontà politica di fare giustizia in un comparto vitale per l'agroalimentare Made in Italy, e ancor di più in quello Made in Sicily?

SuperDOP 5L'Assessore regionale Dario CartabellottaProprio pochi giorni fa è stato approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana un Disegno di Legge denominato "Born in Sicily", fortemente voluto dal neo Assessore alle Risorse Agricole e Alimentari Dario Cartabellotta che, grazie alla sua grande esperienza maturata sul territorio, ha da tempo capito che bisogna utilizzare il brand Sicilia come traino di diversi settori economici dell'isola: gastronomico, enologico e turistico. Ma un brand è nulla senza una certificazione, però in questo caso, sembra che le idee ed il lavoro svolto da Portolano convergano a supporto del Born in Sicily. E' possibile sognare, tra pochi anni, un'isola che, affrancandosi dalle logiche economiche industriali e assistenzialiste romane, che gli hanno finora tarpato le ali dello sviluppo, possa finalmente utilizzare proficuamente ciò che la storia, la natura e gli uomini che ci hanno preceduto, hanno concentrato in una piccola parte di terra emersa, posta a centro del mediterraneo che si chiama Sicilia?

Ottimisticamente voglio rispondere di si, anzi, forse l'esempio di questa nuova legge potrebbe trasformarsi, a livello nazionale, in un Born in Italy, non sarebbe la prima volta che la legislazione siciliana da buoni suggerimenti ai legislatori nazionali, la legge elettorale dei comuni ne è un valido e proficuo esempio.

Le foto del Prof. Portolano e del laboratorio di ricerca sono state fornite dal Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell'Università di Palermo

 

 


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