( Più crudi sono, meglio è ! )
Da appassionato sostenitore e degustatore di formaggi siciliani quale sono, desideravo da tempo visitare il CoRFiLaC di Ragusa. Il Consorzio Regionale per la Filiera Lattiero Casearia si occupa da anni di analisi, di ricerca, del conferimento di "know how" ad allevatori e casari e di tutti i controlli che riguardano il mondo del latte e dei formaggi; un’altra competenza dell’ente è costituita dalle certificazioni DOP, in particolare del Caciocavallo Ragusano e più recentemente anche del Pecorino Siciliano. Nato come “Progetto Ibleo” nel 1990, voluto e diretto sin dalla sua fondazione dal Prof. Giuseppe Licitra, assume la denominazione di CoRFiLaC nel 1996, ricevendo finanziamenti da parte delle Regione Siciliana pari al 90% del fabbisogno dell’ente e opera quindi nel settore da ormai 20 anni; di recente è stato anche promotore della Cacioteca dei Formaggi Storici Siciliani, ancora in corso di realizzazione.
La piacevole occasione di visitare il CoRFiLaC, l’ho avuta grazie alla manifestazione “Resistenza Casearia” indetta in difesa dei formaggi prodotti con latte crudo. Al fine di arrivare comodamente per le ore 10 del 25 Marzo, orario di inizio previsto dal programma, ho preferito partire il giorno prima, scegliendo di pernottare a Modica, in un Hotel a soli 600 metri dalla famosa “Dolceria Bonajuto”, obbligatorio quindi farvi una capatina.
Mi ricordo bene quando, circa 10 anni fa, il Cioccolato di Modica era un cibo totalmente sconosciuto, ma, nonostante questo, la curiosità mi spinse fino a Modica per scoprire di cosa si trattasse. A quei tempi, i produttori di cioccolato erano 3 o 4 ma, dopo averli provati tutti, il mio palato si accorse, da inesperto qual'era all'epoca, della differenza di qualità tra i prodotti Bonajuto e tutti gli altri. Arrivato quindi in dolceria, vengo accolto da una preparatissima impiegata, che mi organizza la degustazione di tutti i prodotti in vendita. Dopo aver assaggiato con piacere e acquistato di conseguenza, ho avuto l'onore di conoscere il titolare Pierpaolo Ruta, figlio di quel Franco da me incontrato molti anni prima, in una manifestazione nell’ambito di MediAl. Mi ha fatto molto piacere constatare come, nonostante il susseguirsi delle generazioni, la filosofia dell’azienda sia rimasta sempre la stessa, non a caso lo slogan della dolceria è “a tornare indietro ci prendiamo gusto”. Purtroppo, negli ultimi anni il Cioccolato di Modica ha avuto una vera e propria inflazione, i produttori si sono moltiplicati e spesso si trova, persino nei supermercati, un prodotto con la dicitura “di Modica”, fatto invece in altre parti dell’isola ! La manifestazione Choco Barocco, diretta emanazione del più famoso Eurochocolate di Perugia, ha avuto grandi meriti nella diffusione della conoscenza del prodotto modicano e dello sviluppo turistico della zona, ma come spesso capita per le cose che diventano velocemente famose, ha innescato un processo degenerativo della qualità a favore della mera speculazione economica, a discapito di quei pochissimi produttori rimasti ancorati alla tradizione e alle materie prime. State attenti, perciò, quando comprate una tavoletta di Cioccolato di Modica, cercate di non rimanere prigionieri di quel ginepraio di imitazioni, spesso mal riuscite. A tutela di questo patrimonio artigianale e qualitativo, si è costituito un consorzio,che però non sembra aver ottenuto i risultati di protezione sperati, a parte la presentazione di domanda di IGP, che comunque non sembra abbia avuto ancora nessun esito positivo. La “Dolceria Bonajuto” si è sganciata da questa associazione proseguendo un proprio cammino di qualità, tracciato nel corso dei decenni dalle famiglie che si sono succedute nella gestione della dolceria, fino ad arrivare ai giorni nostri. La produzione è varia, ma ogni accostamento tra aromi e cioccolato è attentamente vagliato. Oltre alle classiche tavolette alla vaniglia e alla cannella, ci sono una serie di profumi sapientemente accoppiati, talvolta disarmanti per la loro semplicità e bontà.
Tutto ciò che ho assaggiato era buonissimo, ma ognuno ha poi delle preferenze, nel mio caso sono rimasto colpito in ordine di “botta”: dalla freschezza della tavoletta al cardamomo, sprigionante profumi di rosa canina, me lo sono subito immaginato con un bicchiere di introvabile Josephin Dorè di De Bartoli, poi il sapore pungente della tavoletta alla noce moscata, ed infine il cioccolato alla maggiorana, che ha sviluppato nella mia bocca un piacevole sapore di lavanda. Una nota speciale la devo però spendere, per le scorze di arancia candita ricoperte di cioccolato tramite un processo di lavorazione di ben 8 ore, il sapore delle arance mi è rimasto piacevolmente in bocca per almeno 20 minuti, nonostante ne avessi presa una sola pallina; concludo la carrellata con il liquore al cioccolato, il quale, ha alzato di molto l’asticella di valutazione della categoria; la cosa che mi ha colpito è stata la sua cremosità, insolita per un liquore, forse sarebbe stato più corretto definirlo “crema di cioccolato”. Tutti gli aromi utilizzati dalla Dolceria Bonajuto sono rigorosamente naturali e trasformati nel proprio laboratorio; spesso non vengono utilizzati alcuni aromi, a causa del pericolo che il cioccolato venga coperto dall’aroma stesso, è questo il motivo per cui non troverete mai le tavolette Bonajuto al peperoncino.
Parlando con Pierpaolo Ruta, non potevo non informarmi sulla provenienza delle fave di cacao e qui ho avuto una grande sorpresa; a questo punto è d’obbligo una precisazione: io prediligo il cacao più morbido, come il criollo proveniente dal Sud America o al limite dal Madagascar, non gradisco affatto l’aromaticità eccessiva o la terrosità del più diffuso forastero, spesso di provenienza africana e di bassa qualità; nel caso dei prodotti Bonajuto mi sono dovuto ricredere in quanto, grazie ad una ricerca dei produttori, prevalentemente del settore West Africa e Sao Tomè, compiuta nel corso degli anni da Ruta, e sfociati in vera e propria amicizia con i coltivatori, ho dovuto ridefinire le mie preferenze; infatti, solo con una conoscenza diretta dei produttori e della loro filosofia di coltivazione, la Dolceria Bonajuto è riuscita a trovare una materia prima di qualità soddisfacente, riuscendo a trasportare nel forastero un fanatico del criollo come me. Naturalmente non si può comunque tralasciare anche l’aspetto economico, la produzione mondiale di criollo si aggira intorno al 3% del cacao totale, tutto il resto è forastero o trinitario, è evidente come il criollo abbia quotazioni più elevate rispetto alle altre varietà, senza considerare poi anche i cru. La perizia sta proprio nel trovare dei forastero “ben fatti”: ben lavorati, ben coltivati e dal genoma integro, al fine di coniugare qualità e prezzi. Non so quanto il Sig. Ruta paghi le sue fave di forastero, ma per la qualità non mi sembra che ci siano critiche da poter muovere.
Dopo tanto parlare di cioccolato, è finalmente arrivato il momento del formaggio, principale motivo del mio viaggio. Giunto quindi al CoRFiLaC con un’ora di anticipo, sono stato accolto da Ilenia Piccitto; dopo la registrazione, invece, Teresa Rapisarda, mi ha accompagnato, con grande pazienza, nella visita di gran parte della struttura, illustrandomi le funzioni dei vari settori dell’ente. Il CoRFiLaC è dotato di ben sette laboratori di analisi, ognuno specializzato in un determinato tipo di attività, una “naso elettronico”, per la valutazione complessiva degli odori e una stazione aromatica, per l’analisi particolareggiata degli stessi; gestita con grande passione dalla Rapisarda stessa, specializzata in questo campo sia dal punto di vista scientifico, che dal suo sensibilissimo naso umano ! Completa la dotazione scientifica un microscopio elettronico. A questo avanzatissimo elenco di attrezzature se ne devono aggiungere anche altre meno scientifiche, ma altrettanto utili: immancabili infatti le postazioni per la valutazione sensoriale dei formaggi, un caseificio sperimentale, una camera di stagionatura e una sala degustazione con annesse cucine. Adiacente al complesso principale si trova un’altra struttura, attualmente in costruzione, che in futuro sarà adibita a cacioteca dei formaggi storici siciliani che, come confermato dal Prof. Licitra, accoglierà anche formaggi italiani ed esteri che abbiano almeno una valenza scientifica per il consorzio. Il CoRFiLaC è anche sede del Micas, Mediterranean, Institute of Culinari Art of Sicily ed ha avviato numerose cooperazioni con altri enti internazionali. Dopo l’interessante tour della struttura, che è molto grande, impossibile da visitare in modo approfondito in così breve tempo, sono iniziati i lavori del seminario.
C’è da precisare che il titolo del seminario “Resistenza Casearia” ha chiaramente una doppia valenza: oltre a sottoscrivere un sostegno ai formaggi a latte crudo, catapulta direttamente all’interno dell’aspra polemica, che ormai da alcuni mesi vede scontrarsi la dirigenza del CoRFiLaC, nella persona del Prof. Licitra, con i massimi vertici della Regione Siciliana, che sembra porterà ormai ad una pesante ristrutturazione dell’ente, con grande incertezza sul mantenimento delle professionalità acquisite, dei posti di lavoro delle attuali 60 persone che operano nella struttura e del "know how" fornito ad allevatori e casari. Personalmente auspico, che la ragione abbia il sopravvento sulle logiche politiche e le rivalità personali, non demonizzando pregiudizialmente il cambiamento che, se ben realizzato, può anche essere fonte di miglioramento.
Gli interventi al seminario sono stati veramente numerosi e di grande livello tecnico, affrontando diversi aspetti del tema in questione e sono stati moderati da Fabrizio Carrera, giornalista enogastronomico di indubbie capacità e direttore del giornale online Cronache di Gusto.
Il primo intervento è stato quello dell’Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Ragusa Enzo Cavallo, che è stato seguito da quello di Giovanni Casentino, vicesindaco di Ragusa. Entrambi gli esponenti politici, hanno espresso solidarietà nei confronti del futuro della struttura, messa oggi in discussione dalla Regione.
Piero Sardo, uno dei fondatori di Slow Food, membro della segreteria nazionale del Movimento e Presidente della Fondazione Slow Food della Biodiversità, ha vantato la strada compiuta, negli ultimi 15 anni, dai prodotti a latte crudo e infine ha affrontato le problematiche relative all’ingresso di tali prodotti, quindi di qualità, nella GDO (supermercati, ipermercati e centri commerciali) sancendo la completa incompatibilità tra questi ultimi e gli “artigiani” del cibo.
Roberto Rubino, Presidente ANFOSC Italia, Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, ha sostenuto la tesi della biodiversità, come immenso valore degli allevamenti del Sud Italia; la Sicilia infatti, è la regione più ricca in tal senso, inoltre ha deprecato la non distinzione del mercato della qualità del latte, tra quello proveniente da animali alimentati con mangimi e quello invece da pascolo; difatti attualmente, l’unico metro di valutazione economica è la quantità di grasso e proteine contenuti in esso. Allo scopo di valorizzare e differenziare la qualità del latte l’ ANFOSC ha registrato e promosso il marchio “Latte Nobile”.
Stefania Carpino, Ricercatrice CoRFiLaC, ha esposto una interessante ricerca, sull’influenza che l’alimentazione degli animali proveniente da pascolo, ha sul latte e quindi sulle componenti aromatiche e odorose dei formaggi prodotti con esso. La sua ricerca ha individuato ben 8 essenze esclusive che caratterizzano il Ragusano, ha inoltre dimostrato come alcune essenze foraggere, riescono addirittura a passare nel sangue, e quindi ad influire sul formaggio, anche se semplicemente inalate dagli animali.
Giuseppe Licitra è intervenuto con uno “spot” di promozione per la vendita di latte crudo, avendo iniziato una sperimentazione di consegna porta a porta dello stesso, grazie ad alcuni giovanissimi allevatori della zona, rappresentati al seminario da Marco Gulino e Giuseppe Giurdanella. Il progetto, già completo di packaging e slogan, “Latte Vero” a km zero, è in fase di sviluppo, ma non è nuovo, in altre parti dell’isola sono partite iniziative del genere anche con distributori automatici, ultimo eclatante caso è stato quello dell’ARS, dove da pochi giorni è disponibile uno di questi impianti.
Salvatore Claps, Ricercatore CRA-Zoe Italia, Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, ha dissertato con precisione sulle proprietà delle razze autoctone. Razze diverse producono latte diverso, bisogna quindi considerare il fattore generico, ma anche quello ambientale, che caratterizza il prodotto zootecnico, creando quindi un legame inscindibile tra razza e territorio.
Sylvie Lortal, Ricercatrice INRA, Istituto di ricerca agronomica francese, ha riproposto il tema della biodiversità, visto però da un altro punto di vista: quello microbiologico. La produzione dei formaggi utilizzante latte crudo, esprime al massimo le proprietà benefiche della microflora presente nel latte; secondo la ricerca della Lortal è emersa anche una stretta correlazione tra tale microflora e l’ambiente, alimentazione compresa.
Giuseppe Licitra, in qualità di Ricercatore, oltre che Presidente del CoRFiLaC, è intervenuto con il suo studio, in collaborazione dell’INRA francese, sulla salubrità dei formaggi a latte crudo, rivalutando l’uso degli strumenti di caseificazione in legno anzi, dimostrando come essi siano positivi inoculatori di batteri benefici, utilissimi per lo sviluppo delle migliori proprietà organolettiche del formaggio. La sicurezza alimentare nel campo caseario del latte crudo è garantita da una molteplicità di fattori, è stato provato scientificamente che è sufficiente una temperatura intorno ai 50 gradi, una salamoia satura e una stagionatura superiore ai 60 giorni, per distruggere la maggior parte dei batteri patogeni. Infine è stato mostrato come i microrganismi “inoculati” dall’uso della “tina” in legno, dopo la stagionatura, rimangano separati da altri, mantenendo la propria identità.
Margherita Addis, dell’AGRIS, Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna, ha presentato la propria ricerca effettuata sui cagli, anch’essi importantissimi per la caratterizzazione dei formaggi. Dopo l’esposizione delle categorie dei cagli, vegetali, animali, microbiologici e genetici, la Addis ha differenziato quelli animali in liquidi e in pasta, quest’ultimo da preferire, poiché conferisce al formaggio, un piccante molto gradevole, viene infatti utilizzato in molti formaggi di qualità e DOP. Il caglio in pasta viene prodotto con due modalità, quella industriale e quella artigianale, la prima è da scartare in quanto normalmente vengono utilizzati stomaci di animali precedentemente avviati al macello e nei quali ormai, essendo trascorse diverse ore dopo l’ultimo pasto, l’animale ha esaurito ogni enzima utile alla formazione del caglio. Quello artigianale, invece, viene prodotto dall’allevatore selezionando il momento più opportuno dopo l’alimentazione dell’animale, il procedimento, uguale a quello industriale, dove lo stomaco viene seccato, trattato con sale e quindi ridotto in pasta, è indubbiamente di caratteristiche superiori rispetto al precedente e grazie all’acido butirrico, presente in quantità permette di produrre formaggi con un contenuto maggiore di antiossidanti.
Cinzia Scaffidi, Direttrice dell’Ufficio Studi di Slow Food, ha dissertato a lungo sulla biodiversità e di come l’uniformità genetica impoverisca cibo e territorio. Infine, ha focalizzato l’attenzione sul rapporto intimo che intercorre tra territorio e prodotti come il formaggio e il miele.
Pippo Privitera, Responsabile di alcuni Presidi Slow Food siciliani, ha descritto come l’azione principale dei Presidi Slow Food, sia quella di accendere un riflettore su un prodotto e un territorio e di come la Sicilia sia privilegiata coi suoi 28 Presidi.
Elio Ragazzoni, Vice Presidente ONAF Italia, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio, ha messo in guardia la platea degli ascoltatori con il suo monito sul rischio di perdere il “sapore del formaggio”. L’ ONAF, a contrasto di ciò, sta promuovendo la restaurazione del gusto caseario tramite un “Manifesto in difesa della qualità riconoscibile dal gusto”.
Corrado Assenza, titolare del Caffè Sicilia, ha descritto, in modo piacevolmente bucolico, come grazie a profumi di menta e limone di un paesaggio dei dintorni di Noto, abbia potuto creare un nuovo dessert per il suo locale.
Ciccio Sultano, Chef e titolare del Ristorante Il Duomo di Ragusa Ibla, doppio stellato Michelin, ha spostato l’attenzione sull’educazione al gusto, su come sia importante educare i giovani, sin dalla più tenera età, ai gusti ed al cibo di qualità, portando ad esempio, la sua personale esperienza avuta con la figlia. Ha poi svelato il segreto del suo successo, fatto di collaborazione coi produttori delle materie prime utilizzate nel suo locale, tanto amore per il proprio lavoro e la sua fierezza di essere siciliano.
Giuseppe La Rosa, titolare della Locanda Don Serafino di Ragusa Ibla, ha infine concluso con il suo intervento di plauso al CoRFiLaC riconoscendogli il merito, col suo operato, di aver favorito un grande miglioramento del Caciocavallo Ragusano. Ritornando alla GDO, ha inoltre espresso un parere contrario a quello di Piero Sardo, infatti, secondo La Rosa, i produttori di cibi genuini non devono cercare di far entrare i loro prodotti di qualità nella grande distribuzione, piuttosto dovrebbero sfruttare l’uso di altri canali più tradizionali, tra l’altro più diffuso tra gli estimatori, anche perché tali cibi non potranno mai essere un cibo di massa, il buono esiste grazie alla presenza del brutto.
In chiusura dei lavori, dall’amarissimo sapore di addio, sono stati celebrati i 20 anni di attività del CoRFiLaC, il Prof. Licitra ha invitato a tal proposito Vito Pavone, figlio di colui che, prematuramente scomparso, ha costituito lo stimolo alla creazione dell’originario “Progetto Ibleo”, dando così vita a quell’embrione poi diventato CoRFiLaC.
Infine, l’ANFOSC, l’ONAF e Slow Food hanno conferito il Primo Premio di “Resistenza Casearia” al Prof. Giuseppe Licitra, come riconoscimento del suo ventennale impegno di promozione e sviluppo del settore lattiero caseario siciliano.
Dopo il seminario, siamo tutti stati invitati ad un buffet dove, guarda caso, i formaggi hanno primeggiato. Tra gli antipasti, oltre ai "soliti" salumi di suino nero, c'era anche un salame di bufala, poi alcune torte salate e tanti formaggi locali e internazionali: ragusano, pecorino siciliano, piacentinu ennese, maiorchino, vastedda del belice, ricotta infornata e ricotta, per i siciliani; asiago e fontina per gli italiani; reblochon, bleu de causses, gruyère, roquefort papillon e comtè per i francesi; infine il cheddar per l'inghilterra. I già ricchi antipasti sono stati poi "gravati" anche da ravioloni con ricotta fresca e cavateddi al sugo di salsiccia e maiale probabilmente anch'esso suino nero dei nebrodi. Cannolicchi, torta alla crema e caffè hanno completato l'opera.
Arrivato a questo punto, alla fine di tutto questo mio guazzabuglio di profumi, sapori ed emozioni, in tanti si staranno chiedendo: ma cosa c’entra il riferimento sul crudo col cioccolato e il formaggio ? Che i formaggi a latte crudo abbiano profumi, sapori e proprietà benefiche di gran lunga maggiori rispetto a quelli pastorizzati o industriali mi sembra ormai evidente, ma perché l’accostamento col cioccolato ? Nella mia discussione con Pierpaolo Ruta sono emersi gli sforzi della Dolceria Bonajuto per riuscire a contenere il calore necessario alla produzione di tavolette e cioccolatini, il calore, da sempre nemico di profumi, sapori, vitamine e proteine, è deleterio anche nella produzione del cioccolato. Il concaggio, processo fondamentale nella produzione del cioccolato industriale, indispensabile per una facile lavorazione del cacao, surriscalda e quindi distrugge profumi e sapori. Il Cioccolato Modicano nasce dalla tradizione importata nel 1600 dagli spagnoli che la mutuarono, a loro volta, dai territori da essi occupati in sudamerica. Le fave non vengono riscaldate mai oltre i 45 gradi, conservando così, al pari del latte che poi diventerà formaggio, profumi, sapori e proprietà benefiche. Ed ecco accomunati questi due cibi, che nella storia culinaria della Sicilia si sono trovati spesso talmente vicini da lambirsi e a volte fondersi come, recentemente ha dimostrato anche la collaborazione tra Salvatore Passalacqua, casaro realizzatore della ormai famosa Tuma Persa, del Maestro Cioccolattiere Gaspare Martinez e del Pasticciere Giuseppe Sparacello, magistralmente espressa dalla creazione di un cioccolatino con un ripieno del formaggio sopra citato.
Un doveroso ringraziamento devo spenderlo per le linee di trasporto extraurbano tramite pullman, AST e TUMINO nel mio caso, unico mezzo pubblico efficiente che unisce la provincia di Ragusa col resto del mondo e all’interno della provincia stessa, impossibile contare sui treni, a causa dei tempi di percorrenza doppi e a prezzi non competitivi, quindi improponibili. Grazie allo loro puntualità e capillarità sono riuscito a spostarmi tra Palermo, Modica e Ragusa senza essere costretto a usare la mia auto.
Bibliografie e riferimenti:
Dolceria Bonajuto: www.bonajuto.it CoRFiLaC: www.CoRFiLaC.it Slow Food: www.slowfood.it ANFOSC Italia. www.anfosc.it CRA-Zoe Italia: sito.entecra.it INRA Francia: www.inra.fr AGRIS Sardegna: www.regione.sardegna.it/j/v/43?s=1&v=9&c=4922 ONAF Italia: www.onaf.it Il Duomo, Ragusa Ibla: www.ristoranteduomo.it Locanda Don Serafino: www.locandadonserafino.it
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Tutte le foto del viaggio
Di prossima pubblicazione anche sul giornale online di Ragusa e provincia TVPROGRESS.IT
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APPUNTI DI VIAGGIO TRA CIOCCOLATO E FORMAGGIO: più crudi sono, meglio è !
Da appassionato sostenitore e degustatore di formaggi siciliani desideravo da tempo visitare il CoRFiLaC di Ragusa. Il Consorzio Regionale per la Filiera Lattiero Casearia si occupa da anni di analisi, di ricerca, del conferimento di know how ad allevatori e casari e di tutti i controlli che riguardano il mondo del latte e dei formaggi; un’altra competenza dell’ente è costituita dalle certificazioni DOP, in particolare del Caciocavallo Ragusano e più recentemente anche del Pecorino Siciliano.
Nato come “Progetto Ibleo” nel 1990, voluto e diretto sin dalla sua fondazione dal Prof. Giuseppe Licita assume la denominazione di CoRFiLaC nel 1996 ricevendo finanziamenti da parte delle regione Siciliane pari al 90% del fabbisogno dell’ente e opera quindi nel settore da ormai 20 anni; di recente è stato anche promotore della Cacioteca dei Formaggi Storici Siciliani ancora in corso di realizzazione.
La piacevole occasione di visitare il CoRFiLaC l’ho avuta grazie alla manifestazione “Resistenza casearia” indetta in difesa dei formaggi prodotti con latte crudo. Al fine di arrivare comodamente per le ore 10 del 25 Marzo, orario di inizio previsto dal programma, ho preferito partire il giorno prima, scegliendo di pernottare a Modica, in un Hotel a soli 600 metri dalla famosa “Dolceria Bonajuto”, obbligatorio quindi fare una capatina dal Pierpaolo Ruta. Mi ricordo bene quando, circa 10 anni fa, il Cioccolato di Modica era un cibo totalmente sconosciuto, ma, nonostante questo, la mia curiosità mi spinse fino a Modica per scoprire di cosa si trattasse. A quei tempi, i produttori di cioccolato erano 3 o 4 ma, dopo averli provati tutti, il mio palato si accorse, da inesperto senza precedenti degustazioni, della differenza di qualità tra i prodotti Bonajuto e tutti gli altri. Arrivato quindi in dolceria mi accoglie una simpatica e preparatissima impiegata che mi organizza la degustazione di tutti i prodotti in vendita. Dopo aver degustato con piacere e acquistato in abbondanza ho avuto il piacere di conoscere il Sig. Pierpaolo Ruta figlio di quel Carmelo da me incontrato molti anni prima in una manifestazione nell’ambito di MediAl. Mi ha fatto molto piacere constatare come, nonostante il susseguirsi delle generazioni, la filosofia dell’azienda sia rimasta sempre la stessa, non a caso lo slogan della dolceria è “a tornare indietro ci prendiamo gusto”. Purtroppo, negli ultimi anni il Cioccolato di Modica ha avuto una vera e propria inflazione, i produttori si sono moltiplicati e spesso si trova, persino nei supermercati, un prodotto con la dicitura “di Modica” fatto invece in altre parti dell’isola ! La manifestazione Choco Barocco, diretta emanazione del più famoso Eurochocolate di Perugia, ha avuto grandi meriti nella diffusione della conoscenza del prodotto modicano e dello sviluppo turistico della zona ma, come spesso capita per le cose diventate velocemente famose, ha innescato un processo degenerativo della qualità a favore della mera speculazione economica, a discapito di quei pochissimi produttori rimasti ancorati alla tradizione e alle materie prime. State attenti quando comprate una tavoletta di Cioccolato di Modica, cercate di non rimanere prigionieri di quel ginepraio di imitazioni spesso mal riuscite. A tutela di questo patrimonio artigianale e qualitativo si è costituito un consorzio che però non sembra aver ottenuto i risultati di protezione sperati a parte la presentazione di domanda di IGP che comunque non sembra abbia avuto ancora nessun esito positivo. La “Dolceria Bonajuto” si è sganciata da questa associazione proseguendo un proprio cammino di qualità, tracciato nel corso dei decenni dalle famiglie che si sono succedute nella gestione della dolceria, fino ad arrivare ai giorni nostri. La produzione è varia ma ogni accostamento tra aromi e cioccolato è attentamente vagliato. Oltre alle classiche tavolette alla vaniglia e alla cannella ci sono una serie di profumi sapientemente accoppiati a volte disarmanti nella loro semplicità e bontà.
Tutto ciò che ho assaggiato era buonissimo ma ognuno di noi ha poi delle preferenze, nel mio caso sono rimasto colpito in ordine di “botta”: dalla freschezza della tavoletta al cardamomo, sprigionante profumi di rosa canina, me lo sono subito immaginato con un bicchiere di introvabile Josephin Dorè di De Bartoli, poi il sapore pungente della tavoletta alla noce moscata ed infine il cioccolato alla maggiorana che ha sviluppato nella mia bocca un piacevole sapore di lavanda. Una nota speciale la devo però spendere per le scorze di arancia candita e ricoperte di cioccolato, con un processo di lavorazione di ben 8 ore, il sapore delle arance mi è rimasto piacevolmente in bocca per almeno 20 minuti nonostante ne avessi presa una sola pallina; concludo la carrellata con il liquore al cioccolato, il quale, ha alzato di molto l’asticella della valutazione della categoria, la cosa che mi ha colpito è stata la sua cremosità, insolita per un liquore, forse sarebbe stato più corretto definirlo “crema di cioccolato”. Tutti gli aromi utilizzati dalla Dolceria Bonajuto sono rigorosamente naturali e trasformati nel proprio laboratorio, spesso non vengono fatti accostamenti tra aromi e cioccolato a causa della possibilità di copertura dell’aroma dei confronti del cacao, è questo il motivo per cui non troverete mai le tavolette Bonajuto al peperoncino.
Parlando con Pierpaolo Ruta non potevo non informarmi sulla provenienza delle fave di cacao e qui ho avuto una grande sorpresa; a questo punto è d’obbligo una precisazione: io prediligo il cacao più morbido, come il criollo proveniente dal Sud America o al limite dal Madagascar, non gradisco affatto l’aromaticità eccessiva se non addirittura la terrosità del più diffuso forastero, spesso di provenienza africana e di bassa qualità; nel caso dei prodotti Bonajuto mi sono dovuto ricredere in quanto, grazie ad una ricerca dei produttori, prevalentemente del settore West Africa e Sao Tomè, compiuta nel corso degli anni da Ruta e sfociati in vera e propria amicizia con i coltivatori, ho dovuto ridefinire le mie preferenze; infatti, solo con una conoscenza diretta dei produttori e della loro filosofia di coltivazione, la Dolceria Bonajuto è riuscita a trovare una materia prima di qualità soddisfacente riuscendo a trasportare nel forastero un fanatico del criollo come me. Naturalmente non si può comunque tralasciare anche l’aspetto economico, la produzione mondiale di criollo si aggira intorno al 3% del cacao totale, tutto il resto è forastero o trinitario, è evidente come il criollo abbia quotazioni più elevate rispetto alle altre varietà, senza considerare poi anche i cru. La perizia sta proprio nel trovare dei forastero “ben fatti”: ben lavorati, ben coltivati e dal genoma integro al fine di coniugare qualità e prezzi. Non so quanto Ruta paghi le sue fave di forastero ma per la qualità non mi sembra che ci siano critiche da potergli fare.
Dopo tanto parlare di cioccolato è finalmente arrivato il momento del formaggio, principale motivo del mio viaggio. Giunto quindi al CoRFiLaC con un’ora di anticipo sono stato accolto da Ilenia Piccitto, dopo la registrazione Teresa Rapisarda mi ha accompagnato, con grande pazienza, nella visita di gran parte della struttura, illustrandomi le funzioni dei vari settori dell’ente. Il CoRFiLaC è dotato di ben sette laboratori di analisi, ognuno specializzato in un determinato tipo di attività, una “naso elettronico” per la valutazione complessiva degli odori e una stazione aromatica per l’analisi particolareggiata degli stessi, gestita con grande passione dalla Rapisarda stessa, specializzata in questo campo sia dal punto di vista scientifico che dal suo sensibilissimo naso umano ! Completa la dotazione scientifica un microscopio elettronico. A questo avanzatissimo elenco di attrezzature se ne devono aggiungere anche altre meno scientifiche ma altrettanto utili, immancabili infatti le postazioni per la valutazione sensoriale dei formaggi, caseificio sperimentale, una camera di stagionatura e una sala degustazione con annesse cucine. Adiacente al complesso principale si trova un’altra struttura, attualmente in costruzione, che in futuro sarà adibita a cacioteca dei formaggi storici siciliani che, come confermato dal Prof. Licitra, accoglierà anche formaggi italiani ed esteri che abbiano almeno una valenza scientifica per il consorzio. Il CoRFiLaC è anche sede del Micas, Mediterranean, Institute of Culinari Art of Sicily ed ha avviato numerose cooperazioni con altri enti internazionali. Dopo l’interessante tour della struttura che è molto grande, impossibile da visitare in modo approfondito in così breve tempo, sono iniziati i lavori del seminario.
C’è da precisare che il titolo del seminario “Resistenza Casearia” ha chiaramente una doppia valenza, oltre a sottoscrivere un sostegno ai formaggi a latte crudo catapulta direttamente all’interno dell’aspra polemica che ormai da alcuni mesi vede scontrarsi la dirigenza del CoRFiLaC, nella persona del Prof. Licita, con i massimi vertici della Regione Siciliana che sembra porterà ad una pesante ristrutturazione dell’ente con grande incertezza sul mantenimento delle professionalità acquisite, dei posti di lavoro delle attuali 60 persone che operano nella struttura e del know how fornito ad allevatori e casari. Auspico che la ragione abbia il sopravvento sulle logiche politiche, non demonizzando pregiudizialmente il cambiamento che, se ben realizzato può anche essere fonte di miglioramento.
Gli interventi al seminario sono stati veramente numerosi e di grande livello tecnico affrontando diversi aspetti del tema in questione e sono stati moderati da Fabrizio Carrera, giornalista enogastronomico di indubbie capacità e direttore del giornale online Cronache di Gusto.
Il primo intervento è stato quello dell’Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Ragusa Enzo Cavallo, che è stato seguito da quello di Giovanni Casentino, vicesindaco di Ragusa. Entrambe gli esponenti politici hanno espresso solidarietà nei confronti del futuro della struttura messa oggi in discussione dalla Regione.
Piero Sardo, uno dei fondatori di Slow Food, membro delle segreteria nazionale del Movimento e Presidente della Fondazione Slow Food della Biodiversità, ha vantato la strada compiuta, negli ultimi 15 anni, dai prodotti a latte crudo e infine ha affrontato le problematiche relative all’ingresso di tali prodotti, quindi di qualità, nella GDO (supermercati, ipermercati e centri commerciali) sancendo la completa incompatibilità tra questi ultimi e gli “artigiani” del cibo.
Roberto Rubino, Presidente ANFOSC Italia, Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo, ha sostenuto la tesi della biodiversità come immenso valore degli allevamenti del Sud Italia, la Sicilia infatti è la regione più ricca in tal senso, inoltre ha deprecato la non distinzione del mercato della qualità del latte tra quello proveniente da animali alimentati con mangimi e quelli da pascolo, attualmente l’unico metro di valutazione economica è infatti il grasso e le proteine contenuti in esso. Allo scopo di valorizzare e differenziare la qualità del latte l’ ANFOSC ha registrato e promosso il marchio “Latte Nobile”.
Stefania Carpino, Ricercatrice CoRFiLaC, ha esposto una interessante ricerca sull’influenza che l’alimentazione degli animali proveniente da pascolo ha sul latte e quindi sulle componenti aromatiche e odorose dei formaggi prodotti con esso. La sua ricerca ha individuato ben 8 essenze esclusive che caratterizzano il Ragusano, ha inoltre dimostrato come alcune essenze foraggere riescono addirittura a passare nel sangue, e quindi ad influire sul formaggio, anche se semplicemente inalate dagli animali !
Giuseppe Licitra è intervenuto con uno “spot” di promozione per la vendita di latte crudo avendo iniziato una sperimentazione di consegna porta a porta dello stesso grazie ad alcuni giovanissimi allevatori della zona rappresentati al seminario da Marco Gulino e Giuseppe Giurdanella. Il progetto, già completo di packaging e slogan, “Latte Vero” a km zero, è in fase di sviluppo ma non è nuovo, in altre parti dell’isola sono partite iniziative del genere anche con distributori automatici, ultimo eclatante caso è stato quello dell’ARS dove da pochi giorni è disponibile uno di questi impianti.
Salvatore Claps, Ricercatore CRA-Zoe Italia, Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, ha dissertato con precisione sulle proprietà delle razze autoctone. Razze diverse producono latte diverso, bisogna quindi considerare il fattore generico ma anche quello ambientale che caratterizza il prodotto zootecnico creando quindi un legame inscindibile tra razza e territorio.
Sylvie Lortal, Ricercatrice INRA, Istituto di ricerca agronomica francese, che ha riproposto il tema della biodiversità visto però da un altro punto di vista: quello microbiologico. La produzione dei formaggi utilizzante latte crudo esprime al massimo le proprietà benefiche della microflora presente nel latte, secondo la ricerca della Lortal è emerso anche una stretta correlazione tra tale microflora e l’ambiente, alimentazione compresa.
Giuseppe Licitra, in qualità di Ricercatore, oltre che Presidente del CoRFiLaC, è intervenuto con il suo studio, in collaborazione dell’INRA francese, sulla salubrità dei formaggi a latte crudo, rivalutando l’uso degli strumenti di caseificazione in legno anzi, dimostrando come essi siano positivi inoculatori di batteri benefici, utilissimi per lo sviluppo delle migliori proprietà organolettiche del formaggio. La sicurezza alimentare nel campo caseario del latte crudo è garantita da una molteplicità di fattori, è stato provato scientificamente che è sufficiente una temperatura intorno ai 50 gradi, una salamoia satura e una stagionatura superiore ai 60 giorni per distruggere la maggior parte dei batteri patogeni. Infine è stato mostrato come i microrganismi “inoculati” dall’uso della “tina” in legno, dopo la stagionatura, rimangano separati da altri mantenendo la propria identità.
Margerita Addis, dell’AGRIS, Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna, ha presentato la propria ricerca effettuata sui cagli, anch’essi importantissimi per la caratterizzazione dei formaggi. Dopo l’esposizione delle categorie dei cagli, vegetali, animali, microbiologici e genetici, la Addis ha differenziato quelli animali in liquidi e in pasta, quest’ultimo da preferire perché conferisce al formaggio un piccante molto gradevole, viene infatti utilizzato in molti formaggi di qualità e DOP. Il caglio in pasta viene prodotto con due modalità, quella industriale e quella artigianale, la prima è da scartare in quanto normalmente vengono utilizzati stomaci di animali precedentemente avviati al macello e nei quali ormai, essendo trascorse diverse ore dopo l’ultimo pasto, l’animale ha esaurito ogni enzima utile alla formazione del caglio. Quello artigianale, invece, viene prodotto dall’allevatore selezionando il momento più opportuno dopo l’alimentazione dell’animale, il procedimento, uguale a quello industriale, dove lo stomaco viene seccato, trattato con sale e quindi ridotto in pasta, è indubbiamente di caratteristiche superiori rispetto al precedente e grazie all’acido butirrico presente in quantità permette di produrre formaggi con un contenuto maggiore di antiossidanti.
Cinzia Scaffidi, Direttrice dell’Ufficio Studi di Slow Food, ha dissertato a lungo sulla biodiversità e di come l’uniformità genetica impoverisce cibo e territorio. Infine ha focalizzato l’attenzione sul rapporto intimo che intercorre tra territorio e prodotti come il formaggio e il miele.
Pippo Privitera, Responsabile di alcuni Presidi Slow Food siciliani, ha descritto come l’azione principale dei Presidi Slow Food sia quella di accendere un riflettore su un prodotto e un territorio e di come la Sicilia sia privilegiata coi suoi 28 Presidi.
Elio Ragazzoni, Vice Presidente ONAF Italia, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio, ha messo in guardia la platea degli ascoltatori con il suo monito sul rischio di perdere il “sapore del formaggio”. L’ ONAF, a contrasto di ciò, sta promuovendo la restaurazione del gusto caseario tramite un “Manifesto in difesa della qualità riconoscibile del gusto”.
Corrado Assenza, titolare del Caffè Sicilia, ha descritto, in modo piacevolmente bucolico come grazie a profumi di menta e limone di un paesaggio dei dintorni di Noto abbia potuto creare un nuovo dessert per il suo locale.
Ciccio Sultano, Chef e titolare del Ristorane Il Duomo di Ragusa Ibla, doppio stellato Michelin, ha spostato l’attenzione sull’educazione al gusto, su come sia importante educare i giovani, sin dalla più tenera età, ai gusti ed al cibo di qualità, portando ad esempio la sua personale esperienza avuta con la figlia. Ha poi svelato il segreto del suo successo fatto di collaborazione coi produttori delle materie prime utilizzate nel suo locale, tanto amore per il proprio lavoro e la sua fierezza di essere siciliano.
Giuseppe La Rosa, titolare della Locanda Don Serafino di Ragusa Ibla, ha infine concluso con il suo intervento di plauso al CoRFiLaC riconoscendogli il merito, col suo operato, di aver favorito un grande miglioramento del Caciocavallo Ragusano. Ritornando alla GDO ha inoltre espresso un parere contrario a quello di Piero Sardo, infatti, secondo La Rosa, i produttori di cibi genuini non devono cercare di far entrare i loro prodotti di qualità nella grande distribuzione, piuttosto dovrebbero sfruttare l’uso di altri canali più tradizionali, tra l’altro più diffuso tra gli estimatori anche perché tali cibi non potranno mai essere un cibo di massa, il buono esiste grazie alla presenza del brutto.
In chiusura dei lavori, dall’amarissimo sapore di addio, sono stati celebrati i 20 anni di attività del CoRFiLaC, il Prof. Licitra ha invitato a tal proposito Vito Pavone, figlio di colui che, prematuramente scomparso, ha costituito lo stimolo alla creazione dell’originario “Progetto Ibleo”, dando così vita a quell’embrione poi diventato CoRFiLaC.
Infine, l’ANFOSC, l’ONAF e Slow Food hanno conferito il Primo Premio di “Resistenza Casearia” al Prof. Giuseppe Licitra come riconoscimento del suo ventennale impegno di promozione e sviluppo del settore lattiero caseario siciliano.
Arrivato a questo punto, alla fine di tutto questo mio guazzabuglio di profumi, sapori ed emozioni, in tanti si staranno chiedendo, ma cosa c’entra il riferimento sul crudo col cioccolato e il formaggio ? Che i formaggi a latte crudo abbiano profumi, sapori e proprietà benefiche maggiori rispetto a quelli pastorizzati e industriali mi sembra ormai evidente ma perché l’accostamento col cioccolato ? Nella mia discussione con Pierpaolo Ruta sono emersi gli sforzi della Dolceria Bonajuto per riuscire a contenere il calore necessario alla produzione di tavolette e cioccolatini, il calore, da sempre nemico di profumi, sapori, vitamine e proteine, è deleterio anche nella produzione del cioccolato. Il procedimento del concaggio, processo fondamentale nella produzione del cioccolato industriale, indispensabile per la facile lavorazione del cacao, surriscalda e quindi distrugge profumi e sapori. Il Cioccolato Modicano nasce dalla tradizione importata nel 1600 dagli spagnoli che la mutuarono, a loro volta, dai territori da essi occupati in sudamerica. Le fave non vengono riscaldate mai oltre i 45 gradi, conservando così, al pari del latte che poi diventerà formaggio, profumi, sapori e proprietà benefiche. Ed ecco accomunati questi due cibi che nella storia culinaria della Sicilia si sono trovati spesso talmente vicini da lambirsi e a volte fondersi come, recentemente ha dimostrato, la collaborazione tra Salvatore Passalacqua, casaro realizzatore della ormai famosa Tuma Persa, e del Pasticciere Giuseppe Sparacello, espressa dalla creazione di un cioccolatino con un ripieno del formaggio appena citato.
Un doveroso ringraziamento devo spenderlo per le linee di trasporto extraurbano tramite pullman, AST e TUMINO nel mio caso, unico mezzo pubblico efficiente che unisce la provincia di Ragusa col resto del mondo e all’interno della provincia stessa, impossibile contare sui treni a causa dei tempi di percorrenza doppi e a prezzi non competitivi, quindi improponibili. Grazie allo loro puntualità e capillarità sono riuscito a spostarmi tra Palermo, Modica e Ragusa senza essere costretto a usare la mia auto.
Maurizio Artusi, www.cucinartusi.it
Bibliografie e riferimenti:
Dolceria Bonajuto: www.bonajuto.it
CoRFiLaC: www.CoRFiLaC.it
Slow Food: www.slowfood.it
ANFOSC Italia. www.anfosc.it
CRA-Zoe Italia: sito.entecra.it
INRA Francia: www.inra.fr
AGRIS Sardegna: www.regione.sardegna.it/j/v/43?s=1&v=9&c=4922
ONAF Italia: www.onaf.it
Il Duomo, Ragusa Ibla: www.ristoranteduomo.it
Locanda Don Serafino: www.locandadonserafino.it
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