Purtroppo finora, tutti i progetti di ricerca biotecnologica, già svolti o in corso, non sono riusciti ad imporsi in modo universale nella certificazione di un prodotto e comunque non sono riusciti a legare, in modo certo, l'originalità di esso con il territorio di provenienza. Questo ambizioso obiettivo ha invece trovato un buon terreno di coltura presso il Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali dell'Università di Palermo, all'interno del quale il Prof. Baldassare Portolano ha elaborato un nuovo modo di certificare un prodotto tipico, conducendo interessanti ricerche biotecnologiche sull'agroalimentare siciliano. durante le mie ricerche di natura zootecnica, avevo più volte incontrato il nome del Prof. Portolano e mi ero più volte ripromesso di contattarlo, ma ogni volta per mancanza di tempo e di occasioni favorevoli avevo rimandato. Poter trascorrere quasi due ore a colloquio con lui, lo scorso 3 Maggio 2013, ha accresciuto le mie conoscenze in materia di tracciabilità, certificazione e zootecnia, facendo emergere la passione con la quale egli conduce la sua attività, ed io conosco bene quell'entusiasmo, permettendomi così di raccogliere le informazioni che hanno poi permesso la stesura del presente articolo. Portolano, originario dello straordinario territorio della Valle del Belìce, è docente presso la Facoltà di Scienze Agrarie dell'Università di Palermo, ma è anche impegnato da anni in diverse ricerche nel settore agroalimentare siciliano. Le sue più note attività di ricerca le ha svolte sulla Capra Girgentana e sulla certificazione microbiologica dei prodotti tipici. Durante la nostra chiacchierata, egli ha teorizzato la creazione di una sorta di certificazione del territorio, che io ho semplicisticamente denominato "Super DOP", da attuare in parallello alle eventuali certificazioni esistenti ma che qualifichi ancora di più un prodotto, attibuendogli una maggiore genuinità e sicurezza di provenienza, traguardi da raggiungere avvalendosi delle più moderne tecniche microbiologiche e biotecnologie attualmente disponibili. Sequenziare, ovvero mappare, un DNA di un individuo, che sia una pianta piuttosto che un animale o un batterio, costa parecchio, tuttavia lo si può fare una tantum e una volta identificati gli alleli comuni, cioè ogni variante di sequenza di un gene, si possono finalmente stabilire dei cosiddetti markers, cioè delle caratteristiche che identificano una specie animale o un particolare microrganismo da testare in seguito. In fase di certificazione, eseguire un esame che attesti l'esistenza di uno o più markers, costa pochissimo ed è alla portata di qualsiasi laboratorio degno di tale nome. Ovviamente siamo sempre nell'ambito della certificazione di un prodotto e non del territorio di provenienza, ma per risolvere tale problema Portolano, ha condotto delle ricerche specifiche sulla Vastedda del Belìce, nota DOP siciliana ed unico formaggio di pecora a pasta filata. Con gli strumenti oggi disponibili ed il disciplinare attuale, l'Istituto Zooprofilattico Siciliano, ente certificatore della DOP in questione, può rilevare alcune caratteristiche chimico-fisiche che identificano solo superficialmente il prodotto, trovandosi nell'impossibilità di poter stabilire eventuali aggiunte di latte non di pecora o proveniente da zone diverse dalla Valle del Belìce. Questa insicurezza della certificazione è stata alla base del lavoro di ricerca di Portolano, il quale, esaminando la microflora presente nella caseificazione dei vari mesi dell'anno, ha selezionato quella più tipica e rappresentativa, appartenente al periodo di produzione migliore della Vastedda. Successivamente, i ceppi così selezionati, una volta riprodotti in quantità, essendo comunque dei fermenti autoctoni, si possono tranquillamente aggiungere durante il processo di caseificazione, identificando così in modo univoco il prodotto. Benchè sia vero che con tale pratica si effettui, anche se in misura minima, una certa standardizzazione, il risvolto della medaglia è l'introduzione di markers microbiologici che, come nel caso del DNA, sono facilmente riscontrabili con semplici ed economici esami di laboratorio. Il lavoro svolto da Baldassare Portolano, va avanti da quasi 5 anni ed è stato finanziato dalla Regione Siciliana, dal MIUR (Ministero Istruzione Università Ricerca), ma soprattutto dalla Comunità Europea, che ne ha riconosciuto la validità degli intenti. Un sistema analogo, ma basato sull'esame delle "terre rare", minerali rarissimi presenti solo in alcune parti del mondo, si potrebbe applicare al Pistacchio di Bronte, cionondimeno si può ben immaginare le difficoltà che si dovrebbero superare per introdurre un sistema di controllo così infallibile, in un prodotto così inflazionato. Dove finirebbe una buona parte del pistacchio siriano, iraniano e turco? Quante aziende di Bronte dovrebbero comunicare ai clienti che il loro prodotto è finito? Con sistemi analoghi sarebbe anche più facile distinguere i produttori di mozzarella di bufala onesti da quelli disonesti, diatriba salita agli onori della cronaca alimentare proprio in questi ultimi giorni, causata da una nuova legge ritenuta troppo restrittiva. Come spesso accade nelle forti contrapposizioni tutta la vicenda si è infine risolta con un compromesso che, forse non eviterà totalmente di utilizzare cagliate di bufala congelata proveniente dall'estero e latte rumeno a basso costo, in luogo del latte di zona DOP, ma almeno salverà i fatturati di tante aziende, ovviamente sacrificando il consumatore. Il Prof. Portolano e gli altri ricercatori italiani impegnati nella certificazione microbiologica della tracciabilità, potrebbero fornire dei validi strumenti biotecnologici a salvaguardia del consumatore e dei produttori onesti, tuttavia mi chiedo: c'è una reale volontà politica di fare giustizia in un comparto vitale per l'agroalimentare Made in Italy, e ancor di più in quello Made in Sicily? Proprio pochi giorni fa è stato approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana un Disegno di Legge denominato "Born in Sicily", fortemente voluto dal neo Assessore alle Risorse Agricole e Alimentari Dario Cartabellotta che, grazie alla sua grande esperienza maturata sul territorio, ha da tempo capito che bisogna utilizzare il brand Sicilia come traino di diversi settori economici dell'isola: gastronomico, enologico e turistico. Ma un brand è nulla senza una certificazione, però in questo caso, sembra che le idee ed il lavoro svolto da Portolano convergano a supporto del Born in Sicily. E' possibile sognare, tra pochi anni, un'isola che, affrancandosi dalle logiche economiche industriali e assistenzialiste romane, che gli hanno finora tarpato le ali dello sviluppo, possa finalmente utilizzare proficuamente ciò che la storia, la natura e gli uomini che ci hanno preceduto, hanno concentrato in una piccola parte di terra emersa, posta a centro del mediterraneo che si chiama Sicilia? Ottimisticamente voglio rispondere di si, anzi, forse l'esempio di questa nuova legge potrebbe trasformarsi, a livello nazionale, in un Born in Italy, non sarebbe la prima volta che la legislazione siciliana da buoni suggerimenti ai legislatori nazionali, la legge elettorale dei comuni ne è un valido e proficuo esempio. Le foto del Prof. Portolano e del laboratorio di ricerca sono state fornite dal Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell'Università di Palermo
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