Danila Catalano, vincitrice del NikaoQuesta storia è iniziata letteralmente per gioco, con un "sorteggio" di una bottiglia di Nikao, vino dolce delle Tenute Barone La Lumia di Licata, durante una mia partecipazione ad una degustazione per una nota guida vini. Io, il sorteggio con la collega di commissione Danila Catalano l'ho perso, ma non mi sono rassegnato a rinunciare all'introvabile vino, il Barone, infatti, esporta quasi tutto all'estero. Un casuale incontro con il perspicace Salvatore La Lumia è stato però provvidenziale e di li a pochi giorni sono entrato in possesso di ben tre dei suoi vini: Signorio 1993, Rodio 1997 e Nikao 2003, si avete letto bene: 1993.
L'anno di produzione la dice lunga sulle potenzialità dei vini della Tenuta La Lumia, ma avranno retto i lustri che portano sulle spalle o è stata un'operazione che Salvo ha condotto un po' da "sborone"?
Il primo ad essere assaggiato è stato proprio il Signorio 1993, un Nero d'Avola di ben 19 anni, che sarà successo dentro quella bottiglia? Innanzi tutto, questo vino dimostra quanto importante può essere l'uso del decanter, spesso considerato un oggetto da snob, quasi inutile, posso testimoniare quanto invece risolutivo sia, non solo per i vini lungamente affinati, ma anche per quelli di pochi anni. Insomma, a tutto ciò che nella bottiglia è stato chiuso, un pò di aria bisogna pur ridare! All'apertura il tappo ha dimostrato di aver tenuto bene, primo punto debole in così tanti anni di invecchiamento. Durante il travaso nel decater non ha riportato nessuna feccia o deposito particolarmente rilevante, tanto da far pensare ad un'etichetta con l'anno sbagliato.
Ad un primo approccio olfattivo il vino era completamente chiuso, anzi, riportava un filo di puzzetta, veramente sottile, che dopo qualche minuto di decanter è però completamente scomparsa. Aspettando ancora qualche minuto, un buon odore ha iniziato pian pian a venir fuori, senza nessun disturbo da parte dell'alcol, che praticamente non compariva al naso ne al palato. Il vino era quasi pastoso, morbido e vellutato, concentrato, anche se in bocca non era pienissimo, con tannini lisci, ma dotati ancora di qualche punta da arrotondare, solo leggermente polverosi. La vera rivelazione è però arrivata dopo un paio d'ore di decanter, ebbene, dopo 19 anni di bottiglia, sono comparsi gli aspettati, anche se tenui, profumi terziari di tabacco, ma anche un marcato profumo e, udite udite, lungo sapore di more mature selvatiche, sentori morbidi ma mai cotti! Che ci facesse quella frutta, dopo tutto questo tempo, dentro una bottiglia di Signorio, sinceramente, io e i mie amici di degustazione non lo abbiamo capito per niente, però c'era, e dava al vino un'avvolgente piacevolezza: la mora diciannovenne ha conquistato tutti!
In altra occasione ho invece degustato il Rodio 1997, ottenuto sempre da uve di Nero d'Avola, di cui ho dovuto però aprire una seconda bottiglia. In effetti, mi stavo perdendo un vino straordinario, valeva la pena effettuare un secondo tentativo. Dopo qualche manciata di minuti nel decanter, la buona intensità olfattiva presentava un discreto ammarsalamento misto ad un leggero odore di copertone, quest'ultimo poi totalmente scomparso, ed allora è stato un tripudio di mandorla leggermente amara e tostata, prugna, cacao, tabacco. Al palato, la sua buona dolcezza a base di miele, albicocca appassita, frutta secca tostata, cacao e caffè, non arrivava alla stucchevolezza poichè era bilanciata da una presente marasca leggermente cotta sotto spirito che aggiungeva una piacevole acidità. Il vino in questione nasce volutamente e naturalmente ossidato, ma vi posso garantire che dopo un paio d'ore di decanter, tali sentori sono andati in secondo piano, lasciando spazio ad una inusuale concentrazione e grande lunghezza in bocca. Il bello di questi vini già ossidati è che se vengono dimenticati nel decanter per un giorno o due... migliorano! In questo caso pero' avvicinandosi sempre di più allo sherry.
Dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, ho aperto il Nikao 2003, prodotto con uve di Nero d'Avola: finalmente era tutto mio! Il primo approccio dopo l'apertura, come previsto, è stato un po' sotto tono, ma dopo un'opportuna ossigenazione nel solito decanter è arrivata la sorpresa: una straordinaria intensità e concentrazione di profumi e sapori. Un'esplosione di morbida frutta, insolita persino per un vino giovane, sicuramente rara in una bottiglia con 9 anni di età, ha invaso naso e palato. Una complessità cangiante nel tempo che ha rivelato in primis cuoio e marasca sotto spirito, poi prugna, carruba, buccia di albicocca matura, ciliegia, ribes, ma anche caffè e cacao, ed un'infinità di altri sentori spesso confermati anche in bocca, dove si è dimostrato lungo fino all'inverosimile, sembrava quasi di masticare frutta, quasi senza l'oppressione dell'alcol.
Salvatore La Lumia, mi ha confidato il segreto della lunghezza al palato delle sue etichette: esso è costituito dalla massima estrazione delle sostanze aromatiche e dal rispetto del tempo, grande alleato dei buoni vini, nonchè appassimenti su pianta, ossidazioni naturali, lunghissime permanenze sulle bucce e qualche altro segreto che, in quanto tale, mi ha taciuto. Quindi, se c'è qualcuno che produce il vino in modo strano, con tecniche a volte inusuali o desuete, quello è sicuramente Salvatore La Lumia! Una breve storia del casato del Barone, insieme ad alcune delle sue tecniche di vinificazione, la potete trovare qui sotto, raccontata da Salvatore stesso, attualmente impegnato come enologo nell'azienda di famiglia ancora diretta da papà Nicolò. Salvo, inoltre, è stato recentemente nominato Presidente di MTV Sicilia e consigliere nazionale della stessa associazione, portando un bell'impulso collaborativo e produttivo ai soci siciliani che, nel giro di un anno, sono addirittura raddoppiati.
Ovviamente, in queste scorribande gustative, mi accompagno con degni palati che mi aiutano nell'eviscerazione sensoriale e consumo di vini e cibi vari. Devo pertanto ringraziare alcuni amici, che hanno assaggiato con me i vini in questione, veri "compagni di merende".
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