Da sinistra: Andrea e Alberto RizzoI palati esigenti, nell'approcciarsi alla ristorazione palermitana, non hanno vita facile. Io stesso, se devo mangiare fuori casa, difficilmente mi reco in città, preferisco di gran lunga la provincia, dove più facilmente si riescono a trovare sapori puliti e cibi genuini. Impossibile però rifiutare un invito all'Osteria dei Vespri, locale ormai radicato nel tessuto ristorativo del centro storico. Naturalmente conoscevo già lo Chef Alberto Rizzo che, insieme al fratello Andrea, conduce da più di 10 anni il locale. Ebbi il primo contatto con la cucina di Alberto circa 3 anni fa, durante un laboratorio sensoriale dove esso illustrò e dimostrò con una sola pietanza la sua filosofia in cucina: territorio, rispetto delle materie prime e... a volte un pò di contrasto nel piatto! Proprio queste sue spigolosità culinarie mi hanno spinto ad approfondire la sua conoscenza e quale occasione migliore di una cena-abbinamento con i vini dell'Etna della Tenuta di Fessina, svoltasi il 10 Novembre scorso presso l'Osteria.
Un'altra particolarità dei fratelli Rizzo è la continua ricerca di profumi e sapori, che entrambe hanno da sempre manifestato frequentando locali di ogni tipo. Alberto e Andrea sono palermitani ma gli influssi emiliani e lombardi della famiglia materna li hanno condotti verso un tipo di cucina che, pur utilizzando a piene mani i prodotti locali, mostra spesso le loro vere settentrionali origini. Alberto mi ha gentilmente rilasciato un breve video dove lui stesso si racconta, parlando di sè e della sua cucina.
L'ambiente dell'Osteria dei Vespri si presenta semplice ed elegante, nonostante qualche elemento rustico; i posti a sedere sono circa 25, dimensione che permette un buon controllo della qualità che arriva ai tavoli. L'Osteria è presente in moltissime guide, soprattutto straniere, ed è molto frequentata da turisti, rappresentando così, per l'estero, un bell'esempio di ristorazione palermitana. Gentilissimo e professionale il personale, non di passaggio e quindi buon conoscitore dei piatti e della filosofia del locale. Queste ottime premesse le ho potute constatare di persona, durante la cena che si è aperta con un antipasto fuori programma.
Tartare di manzo con menta, pinoli e pepe rosaTartare di manzo con menta fresca, pepe rosa, pinoli tostati e maionese alla senape con crocchetta di besciamella e carne alla noce moscata. Vino abbinato: A Puddara 2009, un Etna Bianco DOC da uve Carricante.
Un bell'attacco quello della tartare preparata con ottimo manzo, virile, deciso e stimolante giocava, oltre che con il palato, anche con l'udito, infatti, ogni qualvolta si incontrava il pinolo o meglio ancora l'aromatico pepe rosa, lo scrocchiare sotto i denti creava suoni e sapori che si mescolavano molto bene con il trito di carne cruda alla menta. Ottima la frittura della crocchetta che, contrapposta alla carne, faceva da contr'altare vizioso come solo il fritto sa fare. Eccellente il vino abbinato, un Carricante molto caratterizzato dal particolare territorio vulcanico dove ne vengono prodotte solo 3.000 bottiglie e che, dopo aver pulito con la sua acidità il palato, soprattutto dalla frittura, mi ha subito regalato sentori di affumicato, pietra focaia ed un leggero frutto tropicale per poi, durante la sua permanenza nel bicchiere, anche anice e pera, rivelando una notevole piacevolezza e complessità.
Quenelle di baccalà con crema ai peperoniQuenelle di baccalà mantecato, peperoni, patate capperi di Salina e cialda di riso nero. Vino abbinato: A Puddara 2009, un Etna Bianco DOC da uve Carricante.
Di questo piatto, la prima cosa che mi è saltata all'occhio è stata sicuramente la scelta cromatica che, grazie alla colorazione della crema di peperoni, produceva un piacevole contrasto col bianco della quenelle di baccalà. Chi ha provato a farsi una crema ai peperoni a casa propria sa bene che il sapore di questo ortaggio è una brutta bestia da gestire spesso, infatti, esso tende a sparare, a sopravanzare gli altri ingredienti e a far da prepotente nel piatto. Alberto, invece, è riuscito a domare il peperone, grazie ad un gioco di latte e un pizzico di parmigiano, raggiungendo un sapore deciso ma educato. ll baccalà, legato con la patata, era anch'esso delicato e, nonostante la differenza gustativa rispetto alla crema, insieme a quest'ultima formava un piatto che aveva un suo perchè. Il Carricante, anche in questo caso, ha soddisfatto i criteri di pulizia e abbinamento che ci si aspettava dal vino, sostenendo pienamente sia il baccalà che la crema ai peperoni.
Risotto al basilico con mozzarella di bufala e porciniRisotto al basilico con mozzarella di bufala e porcini in padella. Vino abbinato: Laeneo 2010, un Nerello Cappuccio in purezza.
Il primo approccio di questo piatto è stato olfattivo, il profumo dei porcini freschi era quasi invadente e sopravanzava gli altri ingredienti. Anche in questo caso la vista era irrimediabilmente attratta dal verde acceso del risotto al basilico che, nonostante quest'ultimo abbia un sapore molto caratterizzante, dimostrava un bel bilanciamento e delicatezza. Sotto il riso si nascondeva un cuore di crema ai funghi, sempre ai porcini, soluzione che, secondo me, si poteva anche evitare o quanto meno ridurne la quantità, considerando che il contorno di funghi interi caratterizzava molto il piatto già solo col profumo. Cottura perfetta per l'ottimo riso che, durante la masticazione, rilasciava un piacevole sapore di amido, a testimonianza dell'ottima qualità della graminacea utilizzata. Purtroppo la mozzarella di bufala, bersagliata da così tanti sapori forti, ha avuto solo il ruolo di legante del riso, promettendo solo un leggero sapore poi a stento mantenuto. Con questo piatto è arrivato il primo rosso della serata che, pur essendo giovincello, dimostrava già un bel caratterino. Il Nerello Cappuccio si è subito rivelato al naso con schiettezza, grazie alla sua rotonda ciliegia tendente alla marasca sotto spirito, confermando poi in bocca i sentori del naso. Personalmente avrei continuato volentieri con l'ottimo Carricante che, secondo me, avrebbe sostenuto anche questo piatto.
Saltimbocca al prosciutto di suino neroSaltimbocca al prosciutto di suino nero leggermente affumicato, scalogni glassati e spinaci a vapore. Vino abbinato: Musmeci 2008, un Nerello Mascalese in purezza.
Il secondo piatto era rappresentato dalla classica pietanza da apoteosi del piacere, soprattutto grazie alla carne che lo componeva. Ammetto di preferire il pesce ma di fronte ad una carne eccellente, bovina, suina, ovina o caprina, non so resistere e mi sciolgo esattamente come il saltimbocca ha fatto sul mio palato. Andiamo per gradi iniziando dalla cottura: qualche lettore si starà chiedendo come si può mangiare tutta questa carne cruda in una volta sola, a parte la tartare, vi posso assicurare che il maialino era perfettamente cotto, sfidando ciò che il fallace senso della vista ci consiglierebbe. Infatti, Alberto, mi ha confermato l'utilizzo di una tra le più diffuse moderne tecniche di cottura delle carni. Il maialino era stato messo sottovuoto e poi cotto alla temperatura di 58 gradi per alcune ore, preservando così morbidezza, sapori e proteine, senza rinunciare alla cottura della carne. Unico contrasto del piatto era il cipollotto glassato che, con la sua leggera dolcezza, ingentiliva la delicata salvia del saltimbocca, poggiando sulla turgida e terrosa foglia dello spinacio, dal gusto pulito e ruspante come raramente ne ho mangiato. Indispensabile lo specchio di fonduta con fontina valdostana, condita con un pò di sughetto di rosolatura. Ottimo l'abbinamento col tabacco espresso dal Nerello Mascalese del Musmeci.
Cru di cioccolato Michel Cluizel con mousse, zabaione e amarettiCru di cioccolato Michel Cluizel, la sua mousse, zabaione al Marsala, e amaretti, ananas caramellato e profumo di menta. Vino abbinato: Musmeci 2008, un Nerello Mascalese in purezza.
Infine, un dolce dal gusto quasi barocco, pieno e fin troppo profumato di cioccolato. Il cacao, evidentemente un sud/centro americano ma stranamente molto robusto, caraibico come mi ha poi confermato Andrea, era molto presente sia al naso che in bocca, rivelando una buona nota amara, probabilmente dovuta al suo elevato tenore, ed un filo di acidità e vaniglia; qualità, in questo caso, garantita da Michel Cluizel. Lo zabaione mostrava anch'esso una leggera vena acida, probabilmente proveniente dal Marsala Pellegrino utilizzato. La mousse, ad ogni cucchiaiata, veniva magistralmente "condita" dagli amaretti presenti sul fondo, creando un forse troppo dolce mix allo zabaione, mousse e amaretto, solo parzialmente bilanciato dalla croccante ed amara granella di fave di cacao dispersa sopra, sarebbe stato meglio spezzarlo con qualche "spigolo" all'Alberto Rizzo. Ottima idea quella di aggiungere l'ananas che, nonostante la leggera caramellatura, aveva mantenuto una spiccata freschezza e acidità che, facendo pendant con la leggera vena acida del Musmeci, è stato molto utile per pulire il grasso vegetale del burro di cacao, sicuramente più adatto della grappa servita in chiusura di cena.
Gli interessanti vini della Tenuta di Fessina forse sono tra i più caratterizzati dell'Etna, sul quale, spesso, si trovano etichette che difficilmente si riescono a collocare sui terreni vulcanici. Così non è per le bottiglie di Federico Curtaz, wine-maker valdostano che non si è fatto mancare le esperienze vitivinicole, comprese quelle con i vini piemontesi di Gaja. Federico, da sempre attratto dai contrasti della meravigliosa terra di Sicilia, nel 2007, decise di tentare la sua avventura al sud scegliendo come base l'Etna, territorio foriero di grandi emozioni per la sua rude ma sensibile anima di montanaro, dove oggi produce circa 60.000 bottiglie all'anno. Esso, però non si è ancora fermato, sempre alla ricerca di nuovi stimoli ed esperienze sta già pensando a delle nuove sfide: Marche e Puglia per esempio, chissà cosa farà da grande!
Rarissima ed impegnativa la pratica di preparare il pane all'interno del ristorante stesso, in questo caso Alberto panifica due volte al giorno, sfornando dei panini al naturale, insaporiti al nero di seppia, al pomodoro e stirando a mano anche i grissini, del tipo "torinese".
Stavolta, i piatti di Alberto, non hanno mostrato molti "spigoli", anzi, hanno espresso una cucina con ingredienti quasi sempre abbinati armoniosamente, non necessariamente legata alla tradizione siciliana, dimostrando una classicità rivisitata alla Rizzo. In conclusione, com'è mia abitudine, chiudo con il solito riepilogo, un elenco delle cose che mi hanno colpito di più, a tratti quasi entusiasmato, che stavolta sono ben tre: il Carricante della Tenuta di Fessina, la crema ai peperoni e il maialino cotto a bassa temperatura. Veramente notevoli.
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