Francesco Guccione con un "alberello" di viteTra i produttori di vino siciliani, sicuramente uno su tutti si distingue per l'empirismo dei suoi prodotti, governati dall'istinto e dalle vicende di vigna man mano che si verificano. Il risultato è foriero di pensieri contrastanti, c'è chi apprezza e chi non apprezza, ma una cosa è sicura, l'intervento di Francesco Guccione è a vera agronomia ed enologia zero: nessuna irrigazione delle vigne, potatura all'antica, alberelli, tendone a go go, autofermentazione, assenza di filtratura, nessun uso di chimica in cantina se non quell'indispensabile minima aggiunta di solfiti, affinamenti in legno grande di acacia o rovere, apparentemente nessuna cura del vino durante l'affinamento, effettuato senza nessun controllo della temperatura. Con queste caratteristiche di vinificazione, è lecito pensare che i prodotti risultanti possano solo essere delle ciofeche immonde, invece Francesco, con le sue bottiglie, riesce meglio di tanti altri a comunicare il suo stato d'animo ed il suo territorio, passando da profumi, ma soprattutto da sapori e polposità naturali, ormai sempre più rare da trovare.
Lo scorso 6 Agosto 2015, dopo una mia spudorata "corte", sono riuscito ad avere un appuntamento con Francesco Guccione, trascorrendo un intero giorno in sua compagnia per visitare vigne e cantina. Come è mio solito, prima di assaggiare, ho voluto conoscere l'uomo, colui che produce e mai come in questo caso, questo mio modo di agire, mi ha aperto e preparato la mente ai prodotti.
A memoria di Francesco, tramandata verbalmente dagli anziani della famiglia, tutto iniziò a fine '800, quando il bisnonno materno Vincenzo Masi diede il via ad una conversione di colture nella sua azienda agricola di San Cipirello sita in Contrada Cerasa, passando dal grano alla vite. Poi fu la volta della figlia di Vincenzo, Agata Masi, ed infine a quello che sarà il papà di Francesco, Lelio Guccione, con il quale pero' la vinificazione si fermò. Bisognerà aspettare il 2005, anno in cui Francesco e Manfredi, entrambi figli di Lelio, decisero di riprendere a fare vino utilizzando le tecniche dell'agricoltura biologica e biodinamica. Infine, fu solo nel 2012 che Francesco iniziò a gestire completamente da solo la sua azienda, in seguito alla separazione dal fratello Manfredi, poi prematuramente scomparso.
Un grappolo di TrebbianoFrancesco è vissuto con i racconti dei suoi avi e con le attività svolte nell'azienda agricola, ma non si è mai confrontato in prima persona con la "terra", bisogna precisare pero' che dal 2005 ad oggi egli ha imparato molto, scegliendo l'unico modo che conosceva per coltivarla, a metà strada tra le antiche pratiche del padre, oggi classificabili nell'ambito del biologico e della biodinamica, creando così un modo tutto proprio di interagire con la natura. Gli interventi di Francesco, in vigna ed in cantina, sono sempre al minimo indispensabile, egli lascia fare molto a madre natura, quasi in una sorta di simbiosi, in cui ognuno dei due dà e riceve qualcosa. Inoltre, egli interpreta il ruolo di contadino, agronomo ed enologo, riuscendo a controllare ed eseguire personalmente quasi tutte le azioni relative alla produzione, assoggettandola così alle sue idee, ecco perchè i vini di Francesco, invece che nella categoria dei "naturali", si potrebbero incasellare in quella più originale dei BioGuccione!
Uva Perricone, già pronta per essere... mangiataQuesto equilibrio, quasi magico, produce dei vini molto diversi da quello che ci si potrebbe immaginare, la prima caratteristica che salta all'occhio, anzi al naso, è quella dei profumi poco accattivanti, pertanto niente costruzione di bouquet ruffiani che incantano i sensi olfattivi per poi deludere all'assaggio del palato. Altra caratteristica ineluttabilmente importante è quella dell'equilibratissima acidità e della spiccata sapidità e mineralità, è come assaggiare vini dell'Etna, ma quelli veri, non come tante cantine che ormai hanno dimenticato cosa siano le peculiarità laviche. Infine, se si è riusciti a resistere alla mancanza di "ruffianità", passando finalmente all'assaggio, in bocca si avrà la massima soddisfazione, perchè è in questa sede che la Cantina Guccione ha pochissimi rivali, in polpa e sapori. Su tutto pero' domina quell'ingrediente fondamentale costituito dal tempo, durante la produzione, ma soprattutto durante l'assaggio poichè i vini di Guccione non si possono bere in fretta, bisogna farci amicizia, conoscerli più a fondo, come se fossero tutti da meditazione, bianche e rossi, ciò dovrebbe valere per qualsiasi vino e cibo, ma in misura maggiore vale per i prodotti di Francesco.
L'azienda possiede circa 11 ettari di cui 6 vitati con uve Trebbiano, Catarratto, Nerello Mascalese, Perricone che attualmente danno vita a sole 20.000 bottiglie, suddivise in 7 etichette ed un esperimento di vino dolce con 10 filari di Malvasia. Prima di aprire le bottiglie, ho fatto due interessanti tour, il primo tra le vigne, assaggiando le varietà più mature, attività che consiglio a tutti quando possibile, poi in cantina degustando direttamente da tini e botti, sia annate vecchie che nuove non ancora imbottigliate, giro propedeutico ad affinare un po' i sensi e prepararli alle novità vinicole di Francesco.
"1213", Trebbiano da 13,5 gradi, cuvée delle annate 2012 e 2013 in parte affinate in botti grandi di rovere.
"T", Trebbiano 2013 da 14 gradi, affinato in botti grandi di rovere e acciaio.
Le prime bottiglie stappate contenevano bianchi, è stato così che ho scoperto il Trebbiano, un vitigno che normalmente viene considerato di bassa qualità e di grande quantità, mentre invece, con le base rese dell'Azienda Agricola Guccione, è diventato una sorta di Chardonnay siciliano con una grande mela verde, mela gialla e buccia di albicocca, mi piacerebbe molto vederlo spumantizzato con un metodo classico, pertanto, grande materia prima ricca di promesse che Francesco in passato ha pure vendemmiato tardivamente e/o con appassitura sui graticci, esperimento da riprovare perchè potrebbe venir fuori qualcosa di unico e di grande.
"C", Catarratto 2013 da 13,5 gradi, affinato in botti grandi di acacia.
Un discorso a parte bisogna sicuramente farlo per il Catarratto, anche qui grande materia prima con profumi e sapori inediti per una vendemmia di soli due anni fa. Nonostante l'assenza di affinamento in barrique, il naso era pervaso da note vanigliate e da un sentore che ricordava un leggero legno, tipica caratteristica conferita dalle botti di rovere di piccola taglia, mentre invece l'affinamento è stato in realtà condotto in grandi botti di acacia, profumi poi confermati al palato e seguiti da una polpa gialla di concentrazione non comune.
"V" Machado 2013, blend di Trebbiano, Nerello Mascalese e Perricone da 13 gradi, affinato in botti grandi di rovere.
Terminato con i bianchi, sono passato ai rossi, transitando prima da un'insolito blend di Trebbiano, Nerello Mascalese e Perricone. Le note fresche al palato di ciliegia, la mandorla verde e i tannini delicati, fanno presupporre come ideale una temperatura di servizio un po' più bassa del solito, nonostante le uve rosse siano in netta predominanza.
"NM", Nerello Mascalese 2013 da 14 gradi, affinato in botti grandi di rovere.
Il primo vero rosso è stato un Nerello Mascalese, ma anche in questo caso riecco la freschezza di beva incentrata sulla fragola, un po' di lampone, con tannini in questo caso molto più spiccati, mai polverosi o ruvidi. Sullo sfondo, la persistente frutta ed acidità che mi fanno presupporre una longevità per lo meno decennale.
"P", Perricone 2013 da 14 gradi, affinato in botti grandi di rovere.
Dulcis in fundo, la vera sorpresa è stata quella del Perricone, un vero vino assoluto, con un naso ed un palato estremamente complesso che "suonavano" armonicamente insieme. Un vino questo che si è aperto progressivamente durante la sua permanenza nel bicchiere, svelando in sequenza sentori erbacei, cacao, petali di rosa, speziature varie, peperone, fragola, ciliegia, mandorla verde e cuoio con una potente polpa al palato che ha totalmente azzerato qualsiasi sentore di alcol, nonostante la generosa gradazione. Stavolta l'acidità non era ai livelli degli altri vini, un prodotto più pronto quindi, ma che comunque mi piacerebbe riassaggiare tra circa 5 anni. Un grande vino che personalmente immagino come una sintesi della natura e del cuore che Francesco Guccione aggiunge sempre nelle sue creature vinicole.
Il Perricone di Francesco GuccioneLe piacevoli e lunghissime acidità dei bianchi mi hanno fatto immaginare un abbinamento con lo street food fritto, arancine, calzoni ed altre bombe oleose potrebbero trarre grande giovamento e pulizia del palato. Le annate degustate erano tutte del 2013, segno che Francesco ha ben presente il concetto dell'attesa, soprattutto nei rossi sarebbero pure pochi, ma è comunque un bella pratica. Con i rossi, invece, metterei sicuramente del pesce azzurro in umido con il Machado, delle carni magre grigliate con il Nerello Mascalese e... udite udite, un cioccolato sudamericano o del Madagascar con il Perricone, secondo me se lo tira alla grande!
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