Uno scorcio di GangiCirca 15 anni fa, e per più di 10, ho frequentato assiduamente i monti delle Madonie esclusivamente per scopo di svago, ma mi era però sfuggito l'approfondimento di uno dei suoi centri più importanti: Gangi, già gioiello d'Italia e da pochissimi giorni anche più bel borgo d'Italia, secondo la trasmissione della Rai TV chiamata "Alle Falde del Kilimangiaro". Grazie ad un invito arrivatomi due anni fa, ho però colmato questa mia lacuna, scoprendo un paese molto vitale sotto il punto di vista culturale, ed ovviamente anche gastronomico.
A Gangi, essendo io sempre alla ricerca della genuinità e dell'artigianalità, non potevo non notare il Panificio Pandor nel quale, Felice Bongiorno, prepara il pane con un metodo che per noi tutti, vittime della velocità, risulta anacronistico coi tempi moderni.
Per poter preparare il pane che noi tutti mangiamo, oggi si utilizzano scorciatoie che appaiono inconcepibili quando applicate ad un prodotto così nobile ed antico, nonchè culturalmente rilevante. Le farine utilizzate, ormai sempre più di bassa qualità e imbottite di conservanti per aumentarne lo shelf-life (durata prima della scadenza), tralasciandone la provenienza e le tecniche di coltura, vengono additivate di miglioratori, normalmente dei malti, ma sempre più spesso anche di emulsionanti e altro, ed impastate con sistemi sempre più vicini all'industria, per poi essere lievitate tramite sostanze chimiche ad alto rendimento. L'unica manualità che questo procedimento consente è il versamento e dosaggio degli ingredienti all'interno dell'impastatrice, per poi trasferire l'impasto nella cosiddetta formatrice, una macchina che fa i.... panini tutti uguali! Ciò consente di poter sfornare pane in continuazione, secondo le necessità del momento, ma soprattutto ha purtroppo uniformato il gusto e le caratteristiche del nostro beneamato pane, rendendolo gommoso e immangiabile già dopo pochissime ore dalla produzione.
Però, c'è ancora qualcuno, penso siano ormai rimasti in pochissimi, che lavorano all'antica, selezionando le farine, quasi prevalentemente siciliane e pertanto a bassissimo contenuto di micotossine, non stressando il glutine durante la lavorazione, ma soprattutto, permettendosi forme assolutamente originali grazie alla manualità del panettiere. Questo è il procedimento di lavorazione utilizzato dal Panificio Pandor di Gangi, al quale ho personalmente assistito e quindi documentato lo scorso 27 Aprile 2014, durante un mio viaggio in zona.
Farina di semola accanto alla semola di rimacinatoFelice mi ha raccontato della grande importanza che per lui rivestono le farine, egli si rifornisce rigorosamente in zona, dalla Molisud di Gangi e presso un molino di Villapriolo, ma purtroppo non sempre riesce ad avere garantita la provenienze siciliana, demerito di una filiera che non premia il prodotto locale, anche se il nostro panettiere non ha ancora rinunciato all'impresa, anzi, sta studiando un accordo col molino di Angelo Cammarata a Gangi per riuscire a farsi certificare la provenienza delle farine. Per la panificazione, quelle utilizzate alla Pandor sono due: la semola di rimacinato, dalla granulometria fine, utilizzata per il pane generico, e la semola, dai granuli più grossi, utilizzata per i Fasciddati di Gangi, un prodotto De.Co., molto apprezzato per la sua forma ed il suo sapore, ma soprattutto per ciò che esso rappresenta nella cultura e nella storia dei gangitani. Per tutto il pane prodotto alla Pandor viene utilizzato lievito madre, che consente il rispetto della tradizione locale ed il conferimento di un aroma particolare.
Felice Bongiorno con la sua impastatriceAltre grande importanza rivestono le macchine di ausilio alla lavorazione, in primis l'impastatrice, del tipo a forcella, che non stressa il glutine e non surriscalda l'impasto, infatti l'aumento di temperatura è sconsigliato a causa dei danni che può provocare al glutine e quindi alle proteine della farina. Felice Bongiorno è molto affezionato alla sua impastatrice, della veneranda età di 40 anni, e la difende a spada tratta contro la modernità e le nuove norme, troppo spesso cieche di fronte alla tradizione ed alla genuinità. Altra macchina mitica è la filonatice, un'altra 40enne che continua il massaggio iniziato dalla forcella dell'impastatrice, una sorta di laminatrice con due rulli che però non schiaccia mai del tutto l'impasto. Infine, c'è la fase manuale, quella più importante, la quale continua il lavoro della filonatrice, sempre senza mai schiacciare totalmente l'impasto, infatti, le mani di Felice si fermano sempre a 3/4 dal piano di lavoro, dando la strana impressione di un massaggio, piuttosto che di una lavorazione vera e propria. Dopo tutte queste fasi, lente e manuali, finalmente arriva il momento della formatura, realizzata esclusivamente a mano, ed ecco che in pochi secondi, dagli abili gesti del panettiere, nascono forme anche complicate, quando non affascinanti, soprattutto per come esse sono state create. Cura particolare riveste invece la formatura e la decorazione del Fasciddatu, vera espressione di arte panificatoria direttamente correlata con la cultura di un popolo.
Nel video che segue, ho raccolto e quindi documentato le fasi che ho già descritto, in modo che tutti possano rendersi conto del lavoro che effettivamente è necessario per la preparazione e dell'indispensabile manualità necessaria.
Felice Bongiorno con il suo fornoUn prodotto che ha richiesto una lavorazione così lunga deve poi essere cotto in un forno che sia all'altezza della situazione. Infatti, Felice è possessore di un forno anch'esso di vetusta età, stavolta di soli 30 anni, completamente realizzato in muratura ed alimentato tramite nocciolino, un sottoprodotto della molitura delle olive. All'interno della fornace si genera il calore che poi, tramite delle serpentine, quindi con metodo indiretto, viene trasportato e diffuso nelle camere di cottura che sono divise in due imboccature, per una superficie totale di ben 8 metri quadrati di forno! Ovviamente, in questo panificio, il panettiere e chi lo collabora, iniziano a lavorare verso le 2 di mattina e, come accadeva una volta, quando finisce il pane si abbassa la saracinesca! Senza il ciclo continuo al quale siamo abituati in città.
I prossimi programmi della Pandor sono quindi, l'uso esclusivo di semole siciliane per la panificazione, ma anche l'introduzione dei grani duri antichi, come la Tumminia piuttosto che il Russello o il Perciasacchi e l'estensione dell'uso della Maiorca, un grano tenero antico autoctono che attualmente, quando disponibile, viene impiegato nella preparazione della Cucchia, facendogli così assumere una connotazione territoriale maggiore.
Massimo,Tiziana,Felice,Angela e Alessio BongiornoDa dove provenga l'arte di Felice Bongiorno, è presto detto, più di 30 anni fa, grazie all'influenza della mamma e della suocera, depositarie di antiche tecniche di panificazione e formatura, egli imparò il mestiere che, nel 1983, gli permise poi di iniziare la sua nuova impresa col Panificio Pandor. Successivamente, andato via un socio, in breve si aggiunse la collaborazione della moglie Angela e successivamente dei figli, Tiziana, Massimo e Alessio, creando quindi la classica azienda a conduzione rigorosamente familiare, con Angela e Tiziana alla vendita e Felice, Massimo e Alessio in laboratorio alla panificazione. Questa è stata un'altra grande fortuna di Felice, aver avuto dei figli che hanno sposato in toto, senza condizioni, con orgoglio ed impegno, l'artigianalità del padre, nonostante i grandi sacrifici che un lavoro svolto all'antica comporta.
Oltre al Fasciddatu, il Panificio Pandor, produce anche altri baluardi della tipicità gangitana, come la Cucchia e la Taralla di Gangi, entrambi De.Co., il Rosolio dalla segretissima ricetta, ma anche tanti altri prodotti da forno, arrivando fino ai lievitati come panettoni e colombe, realizzati con burro e uova fresche quindi realmente artigianali, tutti molto apprezzati dai concittadini dei Bongiorno, ma anche dai sempre più numerosi turisti che si recano nel borgo più bello d'Italia.
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