Gli animi erano caldi e proposivi la mattina in cui, in compagnia del mio giovane e valido assistente Sergio, mi accingevo a raggiungere Cefalù per dare la mia personale, personalissima opinione sullo Sherbeth, il festival internazionale del gelato artigianale che quest'anno è giunto alla sua quinta edizione.
Le nostre energie sono state messe a dura prova dagli incolonnamenti autostradali causati dalle proteste degli operai della Fiat, che ci hanno costretto ad affrontare tre ore e mezzo di statale riportando evidenti segnali di cedimento psicologico e rischio di fallire la missione, rientrato con una sosta per un bicchiere d’acqua gelata e caffè.
Cefalù offre sempre uno scenario che è un diletto per gli occhi, un presepe di case che si affacciano sul mare e il Duomo che si distingue in cima, a richiamare l’attenzione come un faro.
Foto di rito al portone di ingresso della manifestazione e via a ritirare i nostri pass stampa, che non posso negare ci abbiano dato un vago senso di onnipotenza grazie alla possibilità di degustare tutti i tipi di gelato presenti alla manifestazione.
Mi veniva in mente la celebre frase di Totò:” C’è chi può e chi non può. Io può”. Questa citazione è diventata il mio mantra per tutta la giornata, rendendomi simile a una bambina il giorno di Natale.
La kermesse cefaludese impressiona per la notevole macchina organizzativa che coinvolge l’intera cittadinanza, in un percorso ludico-gastronomico che si snoda dal centro storico fino al duomo e che in questa edizione ha permesso ai duecentocinquantamila visitatori di approfittare di ventottomila chili di gelato prodotti, come ogni anno, con materie prime di qualità nel rispetto del vero gelato artigianale, secondo le precise direttive del maestro gelatiere e direttore tecnico Antonio Cappadonia.
In particolare quest'anno si è puntato sul latte, su iniziativa partita dal Commissario dell'Associazione Regionale Allevatori della Sicilia, Alessandro Chiarelli, che ha fornito 3000 litri di latte fresco 100% Siciliano, in degustazione anche grazie ad un apposito dispenser. Purtroppo non è possibile produrre il gelato con latte crudo per ovvie ragioni igieniche e di conservazione, ma a scapito di un gusto più autentico…sfido chiunque lo abbia assaggiato a non ricordarne il suo gusto pieno e la pastosità!
Da neofita del gelato mi sono sempre chiesta cosa definisce un gelato “artigianale” e per quanto si stia lavorando a una definizione unica per tutti, dubito che verrebbe universalmente applicata.
Da quando vivo il mondo della pasticceria e della gelateria, mi rendo sempre più conto che ogni artigiano ha sviluppato un suo modo, una sua ricetta e una sua interpretazione della materia prima e dà vita a una sua produzione che spesso resta inalterata per anni o addirittura per tutta la sua carriera. Sono pochi i “dotati di estro”, che ricercano la novità e il miglioramento attraverso la conoscenza di ciò che scorre giorno per giorno sotto le loro mani.
Molte volte da artigiani ci si trasforma in imprenditori vittime di vincoli esattoriali e burocratici, che ricercando anche un giusto equilibrio tra qualità e quantità e risparmio, finiscono per mettere sul banco dei prodotti molto poco “artigianali”, perdendo quel senso di genuinità che dovrebbe essere alla base di un autentico gelato artigianale, con l’utilizzo di semilavorati e basi che tolgono ogni poesia, ma che pare siano necessari per garantire un gelato sempre morbido e spatolabile anche dopo molte ore.
Qualche mese fa ho effettuato una visita in una famosa azienda che produce semilavorati, ma ne parlerò meglio in un’altra occasione... preparatevi!
Cercando di capire quale sia il limite della definizione di gelato artigianale mi iscrivo al seminario della Carpigiani Gelato University con il maestro Roberto Fiorino. Vedo produrre davanti ai miei occhi un sorbetto al kiwi solo con acqua, zucchero, kiwi e succo di limone come ingredienti, introducendo i principi base del bilanciamento di Luca Caviezel. Il maestro Fiorino, alla mia domanda su quanto l’aggiunta di neutri tolga artigianalità al gelato, mi risponde ciò che continuo a sentirmi rispondere da tempo, ossia che un gelato pur con l’aggiunta di addensanti ed emulsionanti si può senza alcun problema continuare a definire artigianale. Si vede che devo arrendermi all’idea.
Mi immergo nel fiume di stand espositivi, trentancinque gusti, una maratona gastro-intestinale che metterebbe a dura prova chiunque. Ma dovevo farcela. Non si portano con sé degli assistenti mica per niente.
La gelateria “Al Solito Posto” di Cefalù, propone un sorbetto al limone e un gelato mandarino. Essi servono la coppetta con un salsa che, a contatto con la bassa temperatura, si è solidificata infastidendo la mia degustazione. Avrei evitato anche il frollino al cioccolato che accompagnava il tutto. Nulla di entusiasmante, troppo pastoso e poco profumato per essere un sorbetto al limone, lo stesso per il gelato al mandarino. Scopro infatti che i gelatai hanno aggiunto un po’ di latte alla miscela, scelta che mi ha trovato in disaccordo.
La gelateria “Gianni”, spagnola, con il gelato fiori d’arancio, pinoli e cannella mi ha lasciato titubante. Percezione di cannella solo alla fine, vago sentore di fiori d’arancio per un mix un po’ barocco che non mi ha detto molto. Di sicuro se si fosse capito il gusto, avrei detto che non era male nel complesso.
Inizio a chiedermi se non sono troppo selettiva o critica, finchè non mi imbatto nel gusto limone e basilico, tipico in Libia e purtroppo quasi introvabile qui. Purtroppo, perché l’ho trovato fantastico! Profumatissimo, fresco e incredibilmente piacevole, leggermente piccante al palato, tanto da spingermi a chiedere se ci fosse stato aggiunto pepe. Le hostess non hanno saputo rispondermi. Scopro poi che il giorno prima questo gelato non era un gran che, e che è stato ri-bilanciato dai Fratelli Granata, i vincitori dell’anno scorso con il gusto cedro. Apprezzo questo genere di collaborazioni quando portano a qualcosa di positivo, segno anche di mancanza di invidia e di quella competitività un po’ stupida. Non so perché ma questo gusto mi ricordava un po’ lo tzatziki greco.
Dal SudAfrica il gusto zenzero e cardamomo. Più simile a uno zabaione leggermente piccante solo alla fine. Lo zenzero ha un non so che di limone, qui del tutto assente.
La gelateria “Antica Porta Terra”, di Piazza Garibaldi a Cefalù, propone il nocciola. Davvero buono, perfetto per come deve essere un gusto classico.
La gelateria “Bortolot”, di Bothem in Germania, propone il gusto birra doppio malto. E’ probabile che la birra, utilizzata in un gelato, dia un effetto annacquato, o se mi si passa il termine prettamente dialettale, “sbentato”, come di una birra un po’ calda lasciata aperta per qualche tempo. Mi dispiace, confidavo molto in questo gelato, ma ripeto, è solo un mio parere. Alcuni amici lo hanno trovato buonissimo.
Una lode va ai Fratelli Granata di Nicosia con il loro gusto pistacchio, con pistacchi di Bronte certificati: corposo, ricco nelle note di fondo di granella di pistacchio leggermente salato ( adoro l’agrodolce!). Non impazzisco per il pistacchio, ma devo ammettere che questo era perfetto.
La gelateria portoghese “Delizia” ha presentato la crema di fico secco. Buono, ricordava perfettamente la viscosità della polpa di fico nella sua consistenza.
Questo gusto è stato decretato il vincitore dello Sherbeth 2011, da una giuria tecnica composta da Carlo Pozzi, maestro gelatiere, Alfio Tarateta, membro del comitato organizzatore della Coppa Del Mondo Della Gelateria - Fernando Toda, giornalista per “Arte Heladero” - Maria Cristina Castellucci, giornalista de La Repubblica e riviste danesi - Sonia Logre, giornalista Agence France Press e presieduta da Vincenzo Granata dell'Antica Gelateria dei fratelli Granata.
La “Dolceria Nuraghe” di Tuili in Sardegna ha presentato la Carapigna, che altro non è che il nostro sherbeth al limone giunto nella terra dei centenari nel lontano 1300 e prodotto in maniera continuativa dalla famiglia Pranteddu fin dal 1715, mantenendo l’antico utilizzo del contenitore di metallo con lo sciroppo al limone all’interno, fatto girare all’interno di una sorta di botte di legno con ghiaccio e sale una volta in un verso e poi nell’altro, utilizzando prima una paletta di metallo per rompere i cristalli di ghiaccio e poi una di legno per rendere omogeneo il tutto. Il ghiaccio con il sale rappresenta una miscela in cui si raggiunge una temperatura più bassa rispetto a quella dei singoli componenti. il ghiaccio fonde a 0 °C, il sale a 804 °C, mentre la loro miscela fonde a -21,3 °C. Al punto cosiddetto “eutettico” sono contemporaneamente presenti le due fasi solide (ghiaccio e NaCl) e la fase liquida (la soluzione) in contemporaneo equilibrio.
Molto suggestiva la realizzazione "da sa carapigna" dal vivo, come suggestivo e molto divertente l’incontro con i fratelli Zoldani, che con la stessa tecnica della carapigna hanno rievocato la tradizione gelatiera della val di Zoldo, con un gelato alla crema incredibile e il cono con la cialda più buona che abbia mai assaggiato. Odorava come odora una cucina dopo che hai sfornato dei biscotti. Memorabile il loro:” IL GHIACCIO E’ A SECCO, IL MOTORE A PROSECCO!”. Ovviamente è seguito il brindisi, come da copione per dei gelatieri bellunesi in pensione. Meravigliosi.
Il “Friend’s Bar” di Terrasini e il gusto anguria. Positivo, darei un 6.
Carrubba e fichi d’india, diventava più buono man mano che il palato si abituava al primo impatto, che è forte.
Marrone antrodocano, gelateria “Bruno” di Boni Pierina del Lazio. Davvero davvero buono, molto dolce, vellutato, con un’ottima consistenza. Alcuni miei assaggiatori di fiducia sostengono che al decimo cucchiaino arriva una nota di caffè.
Stracciacrema, della cioccolatteria “Maga Cacao” nelle Marche, un gusto indeciso, pare dovesse essere un variegato zabaione e marsala, ma ricordava più il malaga. Non mi ha convinto come il gelato allo yogurt ai frutti di bosco della gelateria “Pinotto” in Liguria. Forse il palato era stato viziato dal precedente assaggio del veramente ottimo gusto caffè della gelateria sicula “Il bignè”….equilibrio perfetto tra grassi e zuccheri che rendeva alla perfezione il sapore di chicchi tostati che arriva all’assaggio e che persisteva anche successivamente. Bene, bravi, bis!
Miele noci e pere della gelateria campana “Di Matteo”: discreto, vista la totale mancanza del sapore di pera!!!
Per il gusto cassata di modica della gelateria “La Fenice” una piccola nota di merito, visto che la ricotta, vaccina, è stata portata direttamente dal ragusano, e tra gli ingredienti figurano i capperi disidratati che conferiscono una nota di salinità decisamente azzeccata e che si abbina benissimo al retrogusto di cannella che resta una volta terminato l’assaggio
La vaniglia del Bar Duomo merita la sufficienza e qualcosa in più invece al gusto tiramisù della gelateria veneta “Golosi di natura”. Goloso ma un po’ pesante e forse dovrebbero sentirsi di più il caffè e il cacao, ma si sa, ogni volta che si tocca l’argomento tiramisù vengon fuori moltissime versioni!
Il gelato al corniolo, che è il frutto un po’ acidulo di un arbusto che ricorda una ciliegia un po’ allungata, è stato un po’ sgradevole al primo assaggio, non intollerabile ma sicuramente poco gradevole da mangiare. Lo vedrei più impiegato come gelato gastronomico, magari accanto ad un secondo di carne volendo azzardare un abbinamento
Il gusto melone purceddu della gelateria Soleado di San Cipirrello era tutto sommato buono, forse da bilanciare meglio, o più onestamente dovrei prima assaggiare il purceddu per capire se il gelatiere ha fatto un buono lavoro o se è proprio il frutto che rende in questo modo. Un gelato che le papille hanno dimenticato in fretta
La gelateria calabrese “Il Cantagalli” ha prodotto un buon ricotta e pistacchio utilizzando della ricotta locale. Unico neo la totale assenza di pistacchio se non per lo scarso croccante che ogni tanto si riusciva a trovare. Peccato.
Lodi incontenibili al gelato al cioccolato della gelateria “De Coltelli” in Toscana. Fantastico, budinoso e dalla consistenza perfetta. Una vera gioia per il palato! Amaro al punto giusto per una fan sfegatata del cioccolato fondente come sono io.
Il maestro Sanelli ha presentato il gusto gorgonzola e zibibbo ottenuto con l’azoto liquido. Questa tecnica permette di ottenere cristalli di ghiaccio più piccoli di quelli del gelato tradizionale. Rinfresca la bocca ma non la gela e non ne altera la sensibilità. Buono il gelato allo zibibbo ma pessimo, soprattutto per il colore bluastro, quello al gorgonzola. Ovvio parere personale visto che per alcuni è stato un abbinamento divino. Preferisco il gorgonzola e lo zibibbo abbinati nella loro consistenza naturale
Il gusto Pirandello mi ha lasciata a bocca aperta! Non credevo che abbinare mandorle, limone e cioccolata modicana potesse dar vita a un gelato davvero sorprendente, che ricorda moltissimo il torrone. Mi ha lasciato la voglia di riassaggiarlo
I tre gusti di Soban, nel Piemonte, mela, limone di sorrento e fragola di marsala non mi hanno convinto: buono il limone, insapore la mela e sufficiente la fragola, poco gustosa
Voto positivo per il fico d’india de “La preferita” di Partinico. Pastoso, intenso, estivo, sapeva in maniera intensa del frutto
Il maestro gelatiere Luigi Tirabassi di Subiaco, mi ha intrattenuto in una conversazione molto piacevole sulla sua attività itinerante di gourmet on the road, con i suoi due gusti di gelato e le sue conserve. Simpatico, peccato che la sua crema di limone e cannella non mi abbia trascinato quanto il suo eloquio
Il gusto pesca dell’Istituto Alberghiero di Cefalù era buono, ma poco entusiasmante.
Stremata dal 34esimo assaggio leggo l’ultimo cartello dell’ultimo stand, quello del gelato ricotta e sherry con fichi e mandorle caramellate, servito in coppette biodegradabili, iniziativa carina per sensibilizzare al rispetto per l’ambiente. Peccato non averlo assaggiato…era terminato e si attendeva che ne riportassero di altro già da un’ora, e dopo un’intera giornata a mangiar gelato non avevo voglia di attendere ancora!
Vivere lo Sherbeth in prima linea è stato estremamente interessante, un’esperienza e un’educazione al gusto, per un palato come il mio e come quello di tanti altri poco inclini a metabolizzare certi sapori plasmati nel freddo e quindi restii a godere del gelato se non ne suoi gusti classici e più rappresentativi come il cioccolato, il nocciola o il caffè. Certo sarebbe auspicabile che questa manifestazione sensibilizzi altri gelatieri a selezionare le proprie materie prime e quindi a produrre del gelato sano e genuino senza l’utilizzo di semilavorati, ma comprendo che è pur sempre un discorso da purista poco avvezza alle logiche del marketing.
Mi piace però ricordare le parole del Maestro Cappadonia: ”Il vero gelato artigianale di grande qualità non si serve di basi preconfezionate ma della sapiente scelta e del preciso bilanciamento delle materie prime” .
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