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Maria Carmela Catalano
Dalla Rocca di Cefalù a GratteriPDFStampaE-mail
Giovedì 23 Febbraio 2012 23:50
Scritto da Maria Carmela Catalano


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Gratteri2012 1Un tratto di sentiero che porta in cima alla RoccaL'associazione naturalistica per il turismo sostenibile e l'educazione ambientale Artemisia, di Giuseppe Ippolito, grazie alla collaborazione con CucinArtusi.it, ha arricchito l'escursione alla Rocca di Cefalù di Domenica 12 Febbraio 2012, con un laboratorio del gusto svoltosi a Gratteri, sui monti madoniti.

La prima parte della mattinata ha portato i partecipanti alla baia dei Settefrati a Mazzaforno, un’incantevole spiaggia la cui vegetazione è stata oggetto di una recente pubblicazione “Naturalista siciliano” (Fici e Gianguzzi, 2011) e da cui abbiamo avuto possibilità di accedere attraverso un sentiero che ha reso la passeggiata ancora più gradevole. Grazie alle guida di Luigia Di Gennaro e dello stesso Giuseppe Ippolito, insospettabili dettagli sono emersi sia durante l'escursione in spiaggia che durante la salita alla Rocca.

La Rocca di Cefalù, promontorio che sovrasta l’omonima cittadina, interessata anch’essa da una svariata vegetazione, Euphorbia, Scabiosa, Ampelodesmo…, è ricca di testimonianze che documentano la presenza di insediamenti urbani che si sono stratificati nel corso dei secoli. Il rapporto che Cefalù ha sempre avuto con la Rocca si evince infatti dal nome Kephaloidion, antico nome della città, che deriva da "Kefalis", cioè "testa", in relazione alla caratteristica forma della Rocca.

Dopo tre ore di salita abbastanza comoda, finalmente arriviamo in cima e, dopo una breve sosta pranzo, riprendiamo la discesa, costretti anche dal repentino cambiamento climatico e pronti per la prossima destinazione.

Gratteri2012 3Angelo Matassa e Maurizio ArtusiNel primo pomeriggio arriviamo a Gratteri, ospiti del ristorante "Il Berillo", di Angelo Matassa, pronti a partecipare al laboratorio sensoriale organizzato e condotto da Maurizio Artusi. Angelo, chef con la passione per i rally automobilistici, ha lavorato per circa dieci anni presso un’azienda che si occupava di catering per le competizioni motoristiche, ha viaggiato per il mondo e, come lui stesso dice, «quando mi chiedono dove sono stato, faccio prima a dire dove non sono stato».

Dopo anni di esperienze interculinarie, persino con chef estoni, e dopo essersi confrontato con palati internazionali, Angelo decide con la moglie di voltare pagina e fa ritorno in Sicilia, a Gratteri, paese d’origine, dove ricomincia con “Il Berillo”, un ristorante a 15 km da Cefalù il cui nome deriva da un minerale presente in zona e nel quale Matassa propone una cucina legata al territorio, privilegiando prodotti locali o comunque regionali, senza lasciare spazio alla “ordures” (immondizia) industriale. «La scorza del cannolo arriva da Chiusa Sclafani» afferma lo chef, «la mia ricotta con il suo cannolo è qualcosa di eccezionale e il pane lo facciamo in casa, con il forno a legna».  Solitamente il ristoratore utilizza i prodotti che il “rappresentante” gli offre e difficilmente ne conosce le qualità. Angelo Matassa, invece, investe del tempo per cercare personalmente le genuinità nostrane… ed è questo che fa la differenza tra un locale in cui si mangia in maniera mediocre o male e quello in cui si mangia meglio! Certo, bisogna saperlo trasformare e abbinare in maniera corretta, ma ciò che conta di più è pur sempre la materia prima.

Gratteri2012 5Maurizio Artusi con Susanna AmodeoTra gli ospiti è presente Susanna Amodeo, dell’omonima Azienda Amodeo, il cui miele è dal 2008 uno dei 177 presidi italiani di Slow Food ed è riconosciuta dall’Istituto Nazionale di Apicoltura di Bologna come allevatore di questa razza di ape.

Come lei stessa dice: «nel mondo le razze di ape produttiva utilizzate dall’uomo per produrre miele sono sei, Ligustica, Carnica, Mellifera mellifera, Caucasica, Africana e la Sicula. Quest’ultima che ha popolato la Sicilia per millenni fu abbandonata negli anni sessanta quando gli apicoltori iniziarono a importare api dal nord Italia».

I bugni di quest’ape furono ritrovati casualmente a Carini e Carlo Amodeo, svolgendo un lavoro di recupero di questa razza, le ha isolate nelle isole Eolie (luogo senza possibilità di inquinamento da altre api) e oggi produce l’unico miele di ape sicula. L’azienda di Carlo Amodeo si trova a Termini Imerese, in provincia di Palermo, ed è situata alle pendici del parco del San Calogero, attualmente possiede circa 1500 alveari.

Gli apiari non sono allocati solo in questo territorio ma in tutta la Sicilia, in quanto sono necessarie grandi estensioni di fiori della stessa specie per ottenere un miele monofloreale come quello prodotto da Amodeo.

La risorsa fondamentale di questi mieli è, oltre alla grande passione di Carlo Amodeo, l’ape nera sicula (Apis mellifera sicula), una sottospecie della più diffusa ape ligustica, da cui si contraddistingue per la presenza di un miotipo genetico africano, per la misura delle ali più piccola e dal colore scurissimo.

I mieli estratti per forza centrifuga a freddo non sono sottoposti ad alcun trattamento termico che danneggerebbe il prodotto e sono estratti da alveari non trattati chimicamente ma con prodotti naturali, come per esempio il timolo, ottimo rimedio contro la Varroa destructor, un parassita esterno che attacca le api. Il miele viene prodotto da aprile a luglio e viene consumato nell’arco di tutto l’anno. 

Tra i prodotti: miele di aneto (Anethum graveolens, una pianta aromatica annuale con un profumo che ricorda il finocchio e l’anice) dal colore ambrato è molto adatto a dolcificare tisane; miele di cardo (Cinara cardunculus, un ortaggio invernale di forma simile al sedano, ma appartenente alla stessa famiglia dei carciofi e la cui parte commestibile è il gambo dal sapore amarognolo); miele di sulla (Hedysarum coronarium L., una leguminose spontanea in quasi tutti i paesi del bacino del mediterraneo, che viene pertanto ritenuto come il centro di origine della specie. L’Italia tuttavia, è l’unico paese mediterraneo e della UE, ove la sulla viene sottoposta a coltivazione su superfici significative e dove viene inserita negli avvicendamenti colturali); il miele di mandarino di ciaculli anch’esso presidio slow food, deve il suo nome alla borgata palermitana in cui è stato scoperto e differisce dalle specie comuni per il periodo di maturazione posteriore. Il forte aroma e la buccia sottile fanno del Tardivo di Ciaculli un mandarino unico e inconfondibile. Di singolare produzione sono il miele di nespolo, sempre più raro essendosi ristrette le zone di produzione e il miele di melata, l’unico che non deriva dal nettare dei fiori bensì dalla linfa di alcune piante (ricche di sali minerali) come le conifere e gli agrumi che prevalgono maggiormente in Sicilia.

La ricotta presente alla degustazione è fornita dall'allevatore Giacomo Baudone, ed è cosparsa con miele di nespolo. Consumata a temperatura ambiente (20-22 C°), in quanto il freddo attenua i profumi, la ricotta al 90% di capra e al 10% di pecora è molto pregiata e compatta (poichè preparata la sera precedente) in quanto ha già rilasciato la sua quantità di siero e la cui finezza è data sicuramente dalla tipologia di produzione.

Personalmente continuo ad apprezzare la ricotta calda, appena fatta con il siero ed il pane; ciò ovviamente a prescindere da quelli che sono i modi migliori per poterla degustare; il mio è semplicemente un gusto “culturale” che mi ricorda il contesto in cui sono cresciuta. E’ pur vero che la ricotta, privata del siero, sprigiona aromi che da esso sono celati e non intendo affermare diversamente, ma credo che non bisogna sottovalutare il valore simbolico e rituale del suo consumo. Nonostante ciò il gusto è una scelta personale, anzi, spesso è una scoperta individuale e questo connubio per me lo è stato veramente.

Gratteri2012 2Susanna Amodeo e Nicola Badamo completano i piattiniI mieli accompagnano i prodotti oggetto della nostra degustazione, i formaggi dell’Azienda Zootecnica Invidiata, situata nel territorio di Collesano. I formaggi di Invidiata, da agricoltura biologica, sono a latte crudo, un latte che mantenuto a basse temperature (4°C), diventa distribuibile conservando inalterate le proprietà nutrizionali e batteriologiche. Dal punto di vista della qualità, il latte crudo è più ricco di proteine e vitamine rispetto a quello pastorizzato. Sotto il profilo del gusto, è ricco di grasso non omogeneizzato, quindi più saporito del latte confezionato. La durata di conservazione dipende molto dal contenuto di cellule somatiche e di carica batterica patogena presenti naturalmente nel latte e comunque solitamente dopo tre, quattro giorni non imputridisce, ma acidifica naturalmente dando inizio ad una caseificazione spontanea.

Tre le degustazioni dei formaggi Invidiata con i mieli di Amodeo: si inizia con il Molle Siciliano, a pasta appunto molle, con crosta fiorita (muffa) e prodotto con latte vaccino, si consuma dopo una stagionatura di circa 30-40 giorni, confezionato in panetti incartati, viene posto in scatolette di legno per impedirne la deformazione. Ha tra tutti il sapore più equilibrato. L’intenso del molle e il delicato del raro miele di rovo che lo cosparge si sposano perfettamente, anche a livello cromatico.

Si continua con la Provola delle Madonie, Presidio Slow Food, stagionata circa un anno, prima insieme al miele di castagno e poi con quello di Mandarino Tardivo di Ciaculli, altro Presidio della provincia di Palermo. Il miele di castagno, molto intenso e balsamico, dal sapore forte e persistente, ha un retrogusto amaro che potrebbe infastidire, se abbinato ad un formaggio meno stagionato, in quanto sovrasterebbe il cacio. In questo caso, invece, il binomio amaro (miele) e dolce (formaggio) è uno sposalizio incantevole. La medesima provola l’assaggiamo però anche con miele di mandarino, quello che tra tutti ho preferito maggiormente. L’aroma delicato e vellutato non hanno coperto molto il sapore del formaggio e ha reso possibile evidenziare le loro proprietà intrinseche.

Una parentesi a parte merita Epifanio Muffoletto, un giovane ventenne che, insieme alla sorella, ha esposto alla platea del laboratorio la sua volontà di dedicarsi all'allevamento degli animali, creando una nuova azienda ma approfittando dell'esperienza del padre Pino, allevatore da tre generazioni. La direzione del novello operatore agroalimentare dovrà essere quella della qualità e della filiera corta, unica strada che, con pochi capi, permette di accedere, sin da subito, ad una remunerazione adeguata alle fatiche profuse.

Nel piatto, anche del pane di Tumminìa del Panificio Badamo e del Nero di Castelvetrano, entrambi utilizzano la farina integrale dei Molini del Ponte di Filippo Drago, l’uno, quello di Nicola Badamo, 100% Tumminìa, l’altro di Ottavio Guccione, al 30%.

Gratteri2012 6Maurizio Artusi con Nicola BadamoNicola Badamo e il fratello Giuseppe, da circa vent’anni, operano nella loro panetteria di Isnello. Non avendo punti di riferimento “generazionali”, questi due ragazzi agrotecnici hanno voluto investire in questo settore facendo affidamento all’antica tradizione della lievitazione lenta, utilizzando, specialmente negli ultimi anni, tutti i prodotti della zona, come quelli di Invidiata, i mieli locali, latte crudo, la ricotta e l’olio locale di Castelbuono.

Ottavio Guccione, invece, palermitano di nascita, dopo l'esperienza con il suo forno a Campobello di Mazara, è tornato nella sua città aprendo un panificio con forno a legna, lievitazione naturale, senza additivi ne miglioratori, consentendo ai palermitani di godere del dei suoi ottimi prodotti da forno, Pane Nero in primis.

Come già detto, entrambe i pani contengono farina di Tumminìa, un antico grano duro siciliano ciclo breve (trimestrale), seminato a marzo, caratterizzato da cariossidi scure e cristalline, il cui nome viene fatto risalire al greco trimenaios, trimestrale. Il colore scuro della tumminìa è responsabile della colorazione del pane nero, il quale si mantiene gustoso e morbido per diversi giorni.

Attenzione al comune pane integrale, il quale non è altro che una miscela di prodotti e sottoprodotti della molitura industriale, la molitura integrale si ha soltanto con il mulino a pietra. Nella molitura a cilindri, tipica della produzione industriale, il grano non viene molito tutto al 100% in quanto le germinatrici tolgono il germe, che servirà poi a far nascere le nuove piante. Il germe è importantissimo, in quanto è un protettore naturale. Con i vecchi molini a pietra la separazione dei prodotti non avviene, così si otterrà una farina corpo unico, che sarà più proteica e ricca di antiossidanti rispetto alle farine molite nei cilindri, anche se leggermente più scura.

Gratteri2012 4I partecipanti al laboratorioPer finire, ben due desserts, di cui uno, quello offerto da Angelo Matassa, un piacevole fuori programma. Quest'ultimo, simile al tiramisù, ma che Angelo stesso non ama definire tale in quanto se ne discosta per alcune caratteristiche, è stato preparato con una base di "cùcchia", un dolce tipico di Gratteri simile ad un savoiardo, ricoperta con una mousse di ricotta e panna, cosparsa di cacao in polvere e accompagnata da un bicchierino di zibibbo.

Il dolce Hysnarese di Isnello, offerto dai fratelli Badamo, è molto speziato, la cannella spicca incontrastata. La pasta frolla avvolge ricotta, mandorle, zuccata, cannella e cioccolato. Un dolce che andrebbe consumato almeno dopo quindici giorni dalla preparazione, meglio se 30, in quanto, come afferma Nicola Badamo «si crea un tutt’uno della pasta frolla con il ripieno dell’interno». La preparazione è molto lenta e richiede almeno quattro giorni di lavorazione.

Gustosi entrambi, ma io ho preferito l’ Hysnarese…mmmmhh


Foto di Fabio Artusi, PH

 

 


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