Scarpinato,Vaccarella e Vitrano con i panetti lievito 0Il titolo può sembrare un po' provocatorio, ma riassume perfettamente i contenuti del "Master pizza a lievito zero" svoltosi lo scorso 16 Dicembre 2014 presso il Ristorante I Monaci di Baida, nei pressi di Palermo, e tenuto dalla Scuola Maestri Pizzaioli di Giuseppe D'Angelo e dal suo team.
La tecnica sfrutta delle semplici basi, mentre il procedimento, come tutte le cose buone, è un po' lunghetto, ma si sa, quando si parla di lievitazione, anche se di lievito non ce n'è, per avere un ottimo risultato il tempo deve essere l'ingrediente principale. In sostanza, si tratta di utilizzare le proprietà fermentative del grano spezzato, pertanto integro di germe e sostanze nutritive varie, con il quale si prepara una sorta di lievito madre (naturale) che viene utilizzato in un'unico impasto. In circa due giorni, seguiti poi dalla normale maturazione dell'impasto e conseguente lievitazione, in questo caso meglio eseguirla più estesa del normale, si riescono ad ottenere risultati perfettamente in linea con l'uso di lievito. Ovviamente i migliori risultati si ottengono utilizzando grani antichi siciliani, infatti al master erano presenti le farine dei Molini del Ponte di Filippo Drago a Castelvetrano (TP), rappresentato da Bartolo Crivello dell'azienda di distribuzione La Fenice di Santa Flavia (PA).
Una margherita lievito 0 preparata dai corsistiSicuramente, aver varcato la frontiera del lievito zero, qualifica il team che ha messo a punto questa tecnica e quindi anche il professionista che la utilizzerà, consegnando nelle sue mani strumenti di lavoro molto interessanti, c'è da dire, però, che in definitiva il lievito zero ottiene lo stesso risultato di un normale lievito madre utilizzato però senza l'uso di starter, normalmente costituito dal lievito di birra, di contro con la tecnica lievito zero viene a mancare l'impiccio dei continui rinfreschi. Comunque, in un impasto tradizionale ma utilizzando la maturazione dell'impasto, le eventuali quantità di lievito di birra utilizzate sono calcolabili in circa 1 o 2 grammi per chilo, pertanto trascurabili, quindi non dovrebbero costituire un particolare problema per il consumatore, a meno che di avere un'intolleranza particolarmente sviluppata.
Gli chef Palazzolo, Branca e QuartaraAl termine del corso, un lauto pranzo preparato dallo staff di cucina del Ristorante I Monaci, ha dimostrato come in cucina, con poco, si può ottenere molto. Ingredienti semplici, cucinati con maestria, hanno reso il pasto una piacevole occasione per far rimanere a tavola i partecipanti al corso, colleghi di lavoro e amici. I Monaci è inserito nell'antico Monastero di Baida con adiacente la chiesa di San Giovanni Battista, un complesso risalente al 1400, le particolari dotazioni della struttura, ampio parcheggio, sale e panorama mozzafiato sulla città, giustificano pienamente il sottotitolo "eventi in cucina" che è stato scelto per completare il nome del ristorante. Il pranzo conclusivo si è infatti svolto in una suggestiva sala, pregevolmente decorata, che probabilmente era un antico refettorio. Nella cucina de I Monaci ho trovato delle mie vecchie conoscenze, Calogero Branca, Chef della struttura ospitante, ed i due suoi valenti aiutanti, Rosario Palazzolo e Domenico Quartara, che per l'occasione hanno realizzato i piatti qui di seguito illustrati.
Antipasto misto
Era composto da un tortino di melanzane e ricotta con lonzino affumicato cotto tramite una particolare marinatura di spezie in due giorni di permanenza a 4 gradi, involtini di pancetta fresca cotta al vapore con ripieno di tuma ed infine una caponata classica, anch'essa leggermente affumicata. Il tortino conteneva una ricotta molto delicata, sublime la pancetta degli involtini, anche perchè il suo taglio più spesso ne svelava facilmente la natura porchettata, infine un grande applauso va alla caponata, ben eseguita, senza olio in eccesso, soda, sapientemente affumicata con trucioli di faggio tramite una tecnica molto artigianale.
Primo: busiate con ragù di finocchietto
Le busiate le avrei gradite un po' più cotte e nella salsa avrei aggiunto un pizzico di zucchero in più, ma la star del piatto era indubbiamente la carne di maiale, tritata sapientemente e ricavata da parti magre e scelte dell'animale, proprio come me la faccio a casa pure io. Infine, essendo una preparazione al finocchetto, la mia paura principale era che un eccesso di quell'aromaticità potesse coprire tutto, ma stavolta, per fortuna, non è andata così, anzi!
Secondo: cosciotto di maialino cotto a bassa temperatura con salsa ai funghi di bosco
Il cosciotto di maiale e le carni ad esso assimilabili, costituiscono di solito la caporetto della cucina, esse sono abbastanza magre ed è quindi facile sbagliarne la cottura ottenendo un effetto "boccone bloccato" che non perdona nessuno. Il rimedio pero' c'è e si chiama cottura sottovuoto a bassa temperatura, in questo caso eseguita a 68 gradi, in tal modo il cosciotto è rimasto morbido e succoso, libero di far comunella con un fondo di cottura a base di funghi porcini che per fortuna, anche in questo caso, non erano particolarmente invasivi.
Dessert: mousse di cioccolato al ficodindia
Le dolci origini di Calogero sono state svelate alla fine del pranzo, una volta arrivati al dessert costituito da una mousse al cioccolato con un velo di gelo al ficodindia posto sopra, sul quale era stato adagiato del pistacchio croccantizzato con pochissimo zucchero. Nulla di complicato, ma tanta tecnica e perfezione di esecuzione, dall'uso del "pate à bombe" nella preparazione della mousse, fino all'ottimo bilanciamento degli zuccheri e all'indovinato abbinamento dei sapori, insomma, roba da pasticceria!
Calogero quindi proviene da una famiglia di pasticceri, ma ha preferito la cucina alle impastatrici, egli ad oggi vanta una lunga esperienza in Sicilia ed in giro per il mondo, ma anche in ristorante stellati, come quello di Nino Graziano a Mosca, dove si è trovato impegnato durante una stagione. Il suo segreto per riuscire bene in campo lavorativo è facilmente intuibile ed è quello comune ad altri suoi colleghi che danno il massimo in cucina: la passione.
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