Salvatore Gambuzza e Stefano D'AlessandroRitornare all'Hotel Villa Athena di Agrigento, dopo poco più di 5 anni di assenza, per me è stato un grande piacere, a questo luogo sono legati tanti miei bei ricordi, ma anche eventi dai quali ho imparato molto. Le condizioni favorevoli per mia visita sono state create dal legame che c'era ai tempi, e continua ad esserci oggi, tra la struttura e lo Chef Salvatore Gambuzza, infatti è proprio dal suo recente rientro a La Terrazza degli Dei, ristorante dell'hotel ex Granaio di Ibla, che è scaturito il mio soggiorno del 4 e 5 Marzo 2017.
Dietro l'hotel di lusso quale è Villa Athena, situato in piena Valle dei Templi, c'è un vero e proprio progetto benessere a favore del cliente di cui ovviamente io tratterò la parte alimentare. Stefano D'Alessandro, proprietario della struttura, ha recentemente deciso di acquistare ben 12 ettari dell'unico pistaccheto esistente nella valle, situato a poche centinaia di metri dall'hotel e popolato con circa 400 alberi secolari di pistacchio e da alcuni di olive, varietà Biancolilla. Questo investimento, da tanti anni inseguito dal D'Alessandro, ha aperto una porta sul progetto di cui sopra, dando il via ad altre iniziative che hanno portato alla creazione di Villa Athena Farm, entità che si occupa di reperire sul territorio circostante le eccellenze alimentari e di conservarle rendendole sempre disponibili per i clienti dell'hotel. Sono nate così alcune confetture di frutta, ma anche alcune lavorazioni con il pistacchio disponibile sgusciato, in pesto e in crema, nonchè uno straordinario olio extra vergine di oliva, quando possibile realizzati con la propria produzione agricola, confezioni che contengono eccellenze, ma che sono anche molto belle da vedere e prestigiose da possedere o regalare, in perfetto stile Villa Athena.
L'olio di Villa Athena Farm
L'olio di Biancolilla di Villa Athena Farm viene impiegato nel ristorante La Terrazza degli Dei, questa varietà però di solito possiede un sapore più delicato rispetto ad altre cultivar siciliane, tuttavia bisogna ricordare che stiamo parlando di un prodotto agroalimentare e pertanto esso è influenzato dalle condizioni ambientali in cui è stato coltivato, come vedremo più avanti. La Biancolilla, è risaputo, possiede meno polifenoli rispetto alle altre siciliane, questo è il "conservante" naturale che fa tanto bene anche all'organismo umano, infatti in Sicilia Occidentale è uso comune impiegarla per tagliare Nocellara e Cerasuola, molto più ricche di antiossidanti, quindi realizzare un mono varietale di Biancolilla è sicuramente un azzardo, guarda caso ce ne sono pochissimi, a meno che non si utilizzino alcune tecniche che permettano di aggirare l'ostacolo, come ad esempio una raccolta precoce prima della completa maturazione, in modo da ottenere un contenuto polifenolico maggiore. Il mio primo approccio olfattivo ha rivelato la atipicità di questa Biancolilla, infatti emergeva un delicato, ma comunque ben presente, profumo di carciofo, che spesso è associato a ben altre varietà come ad esempio la Nocellara, inoltre le sue note morbide, quasi dolci, davano lo spunto ad un filo di inconsueto sentore vanigliato, il tutto era innestato su un fruttato di fondo. Il tanto discusso contenuto polifenolico, considerando che ormai erano trascorsi più di quattro mesi dalla molitura, era ancora abbastanza forte, segno che l'attenzione posta su raccolta e molitura è stata massima, a garanzia di un'ottima conservazione fino alla prossima produzione di Ottobre-Novembre.
La crema di pistacchio
Il mio approfondimento è continuato con il pistacchio in crema, anche in questo caso il territorio si è manifestato in modo prepotente, infatti la crema possedeva la tipica ambiguità del pistacchio siciliano, con la sua sapidità ammorbidita dalla dolcezza, un bell'equilibrio che a tratti poggiava su uno sfondo che ricordava la frutta bianca.
La confettura di Fragolina di Sciacca e Ribera
Per quanto riguarda le confetture ho pensato di selezionarne due, quella prodotta con la Fragolina di Sciacca e Ribera e una marmellata di Arance. Secondo me sono le due più rappresentative del territorio, senza nulla togliere alle tante altre disponibili, ficodindia, gelso nero, fico nero, ciliegia, albicocca, limone, pesca bianca e mandarino tardivo. La Fragolina di Sciacca e Ribera ha una varietà di sfumature particolarmente complesse dovute al suo germoplasma, al territorio di provenienza e alle pratiche antiche di coltivazione eseguite esclusivamente in pieno campo senza l'uso di serre. Pertanto, le tecniche di trasformazione di un frutto così delicato e generoso di profumi, devono essere ben calibrate per non rovinarne la preziosità. All'assaggio si è difesa molto bene, poichè l'impressione era proprio quello di mangiare le fragoline fresche solo leggermente zuccherate, infatti il primo ingrediente in etichetta era la frutta, le leggi vigenti prevedono un ordine in base alla quantità crescente, poi lo zucchero, infine la farina di semi di carrube, un addensante molto impiegato nei gelati e poco comune nelle confetture, ma che ha funzionato molto bene con la fragolina, evitando la solita fastidiosa gelatinizzazione causata dall'onnipresente pectina, infine c'era anche del succo di limone, dosato in modo da neutralizzare la dolcezza eccessiva ed esaltare la naturale acidità della frutta. Ricordiamoci sempre che una buona quantità di zucchero nelle confetture e marmellate è comunque indispensabile a causa della sua funzione conservante, ma in questo caso deve essere stata impiegata una dose abbastanza bassa, confidando anche nelle proprietà antisettiche del succo di limone.
La marmellata di Arance
Il territorio di Ribera, a pochi chilometri da Agrigento, è ormai diventato una zona di elezione per le arance Brasiliane, Washington Navel e Navelina con i relativi sotto cloni, cioè le varietà dell'Arancia di Ribera D.O.P., conosciuta genericamente anche come Riberella che ho personalmente seguito nel percorso di certificazione, fortemente voluto dal proprio Consorzio di Tutela nato dall'iniziativa di Peppe Pasciuta, fondatore e attuale suo Presidente. Un caso che spesso porto ad esempio su come si dovrebbe evolvere il nostro comparto agroalimentare realizzando le mie tre "C": Cooperazione, Certificazione e Comunicazione, obiettivi perseguiti e raggiunti dal Dott. Pasciuta e dal suo consorzio. Non so che tipo di arance siano state impiegate nella preparazione della marmellata di Villa Athena, ma il sapore era ottimo tuttavia abbastanza amaro, probabilmente a causa dell'uso di tutte le parti del frutto, soprattutto della parte bianca chiamata albedo e della buccia, anch'essa conferente gusto amaro per via degli oli essenziali in essa contenuta. Anche in questo caso il primo ingrediente era la frutta, mentre come addensante era stato usata la pectina, stavolta necessaria, e come acidificante l'acido citrico in luogo del limone.
Infine, è bene ricordare che la dicitura "confettura" indica la relativa preparazione di frutta e zucchero, mentre il termine "marmellata" si può impiegare solo per gli agrumi.
Calogero Mancuso e Salvatore GambuzzaLa filosofia del progetto Farm, non riguarda solo i prodotti dell'agroalimentare, ma anche la trasformazione degli alimenti, infatti nelle due cucine del ristorante La Terrazza degli Dei, affidate ad uno staff di ben 13 persone, le attrezzature, dal mantecatore per il gelato fino al piccolo molino per i grani antichi, consentono già oggi di produrre quasi tutto ciò che può servire al fabbisogno interno, inoltre a breve arriverà una sfogliatrice, perchè anche i cornetti devono essere Made in Villa Athena. Questo non è solo lusso, ma grande controllo della qualità del prodotto finito e quindi grande cura per il cliente, non è forse vero che il bene primario di tutti noi è la salute e che essa dipende molto da ciò che ingeriamo con l'alimentazione? La prima colazione è quindi in fase di "ristrutturazione", anche grazie a Girolamo Mancuso, pasticcere recentemente acquisito, che presto produrrà all'interno della struttura il 100% dell'offerta già oggi interessante e di cui mi ha piacevolmente impressionato la presenza di numerosi cartellini con i nomi e a volte con la storia dei cibi, nonchè la presenza di una zona formaggi, rigorosamente locali, e di uno spremi agrumi alimentato con le rinomate Arance di Ribera, tutto ciò mi ha inorgoglito, perchè vedere questo bel po' di roba rigorosamente locale, accanto alle colazioni internazionali, ad un campanilista quale sono io, deve per forza fare un certo effetto.
Come al solito, ho lasciato libero lo Chef Gambuzza di interpretare a suo piacimento il menu che di li a poco avrei consumato, tuttavia ho rivisitato qualche nome di piatto, ma so che mi perdonerà, ecco cosa mi ha fatto assaggiare.
Palamite ne cotta ne cruda
Palamite ne cotta ne cruda
Il primo approccio di questa cena è stato tra me, il mare e la terra, ovviamente queste ultime due componenti erano del territorio, un argomento che, come vedremo più avanti, sarà il filo conduttore di tutti i piatti. A questa introduzione, il mare ha contribuito donando il palamite, un pesce parente stretto del tonno, ma sfortunato poichè considerato di minor pregio rispetto ad esso, mentre invece può dare grande contributo ad un piatto. L'effetto "ne crudo ne cotto" era stato ottenuto disidratando il pesce grazie alla nota caratteristica igroscopica della miscela di zucchero e sale. La terra invece è stata rappresentata dal broccolo verde, molto diffuso in quasi tutta la Sicilia, in questo caso trasformato in una gustosa crema, insieme a tanta vellutata morbidezza c'era anche un croccantissimo crostino di pane di Tumminia. Un entrée che da solo era carico di tradizioni contadine, marinare e sapori antichi.
Parmigiana perlina
Parmigiana perlina
Una bella rivisitazione siciliana della classica ricetta italiana chiamata parmigiana, Gambuzza ha privilegiato i sapori forti, ma rispettando un certo equilibrio tra di essi. Si riuscivano a percepire tutti i singoli componenti, il formaggio, la melanzana che in questo caso era stata scelta tra le Perline dell'Etna, ed infine una straordinaria salsa di pomodoro datterino. La piccantezza della perlina si equilibrava con la dolcezza del datterino e tutto l'insieme era movimentato dalla croccantezza della cialda, semplicemente preparata con farina, acqua, malto, sale e aceto. Infine, l'effetto cromatico non era da meno. Una grande interpretazione trasudante territorio e sicilianità realizzata rispettandone la rusticità, ma con estrema eleganza.
Calamarata di riso croccante
Calamarata di riso croccante
Dal nome del piatto sembrerebbe che gli ingredienti principali siano il calamaro ed il riso, mentre invece il riso non c'è per niente tranne che per l'abbellimento con delle perline croccanti preparate con un carnaroli allo zafferano, opportunamente seccato e triturato. In sostanza, tutto il riso del piatto era stato simulato con dei micro pezzetti di calamaro, mantecati esattamente come un risotto ed esaltati con la colatura di alici. Non so se c'è lo zampino di Pino Cuttaia, ma se quest'ultimo ha fatto l'uovo con la seppia, Gambuzza ha fatto il riso col calamaro! Un piatto da provare che vi sorprenderà per la magistrale cottura dei frammenti di calamaro, gommosi al punto giusto, e per la persistenza dei pistilli di zafferano che vi rimarrà sul palato. Grande Gambuzza! Nome del piatto però assolutamente da cambiare in "Riso di calamari allo zafferano croccante".
Linguine al limone con gambero crudo e cotto
Linguine al limone con gambero crudo e cotto
Il profumo del gambero e dell'aroma di limone erano entrambe intensi ed inconfondibili, un piatto eccellente che insospettabilmente traeva la sua estrema forza dalla semplicità di tre soli ingredienti: linguina al limone del Pastificio Vicidomini, gambero bianco di Sciacca triturato crudo e intero cotto, ed infine una grattugiatina di scorza di limone. La linguina era stata mantecata a freddo con il battuto di gambero crudo, il cotto invece era stato saltato in modo che restasse croccante, una grande cottura precisa al millimetro, difficile da ottenere con un crostaceo così piccolo. La pasta si era totalmente impregnata con i sapori del gambero crudo, il quale, nonostante fosse della varietà bianco, non faceva per niente rimpiangere il Rosso di Mazara. Risultato eccellente!
Lombo di manzo e gamberone rosso
Lombo di manzo e gamberone rosso
Appena aperta la cloche, la prima cosa che mi è saltata in mente è stato il celebre "Bollito" di Massimo Bottura, grazie alla caratteristica forma e disposizione degli elementi che componevano il piatto, come a ricreare una skyline di grattacieli. Presentazione a parte, il piatto era molto buono, in particolare la carne di Fassona piemontese, perfettamente portata a cottura media, si scioglieva letteralmente in bocca con un sapore che ogni carne di manzo dovrebbe avere! Il gambero rosso, invece, sembrava un pesce fuor d'acqua, infatti, nonostante che la varietà impiegata avesse un sapore abbastanza intenso, non riusciva a integrarsi o ad avvicinarsi alla personalità dimostrata da carne e salsa di fondo. Il contorno di verdurine, invece, forniva al piatto quella croccantezza che altrimenti sarebbe mancata.
Saveur al cioccolato bianco caramellato e cuore liquido
Saveur al cioccolato bianco caramellato e cuore liquido di cioccolato di Modica
Finalmente un bel dessert al piatto di effetto e di sostanza, il primo testimoniato dalla bella presentazione, la seconda invece giustificata dal gusto ben equilibrato. Ovviamente qui si sta parlando di alta pasticceria, un risultato nato dalla proficua collaborazione dello Chef Gambuzza e di Calogero Mancuso. Calogero è professionalmente giovane, ma con tanta voglia di imparare e di far le cose per bene, nato nella vicina Porto Empedocle, stesso paese di origine di Gambuzza, ha già lavorato in alcuni laboratori della provincia di Agrigento, fino a quando non è stato notato dal suo attuale chef che lo ha subito voluto con se. Il dessert che ho assaggiato era stato preparato caramellizzando prima gli zuccheri, a poco più di 130-135 gradi, e poi impiegandoli, insieme al cioccolato bianco, nella realizzazione della mousse che andava a costituire la parte esterna della semisfera. All'interno era stato posto un cuore di cioccolato fondente liquido e all'esterno un crumble ed una perla di succo di frutti rossi gelificati, ottima idea a base acida da consumare alla fine del dessert, in modo da pulire il palato. Finalmente un dessert degno di questo nome, ma mangiato in un ristorante!
Il pane della Terrazza degli Dei
Nelle cucina de La Terrazza degli Dei si produce anche il pane, tuttavia quello del Gambuzza di oggi è ben diverso da quello di ieri, infatti la presenza del piccolo molino consente, partendo dalla granella, di molire in proprio anche i grani antichi e chissà cos'altro, penso a ceci, mais, ed altri cereali nonchè legumi, consentendo di spaziare senza limiti non solo nel pane, ma anche nei piatti.
Anche la carta dei vini era interessante, per carità nulla di esagerato, trovato comunque sempre vantaggiosa la scelta di ordinare la carta dei vini iniziando con le bollicine, francesi, poi italiane e siciliane, vini bianchi e rossi, secondo me è utile dare il giusto risalto alle bollicine poichè esse in fin dei conti sono comunque dei vini, tra l'altro impiegabili a tutto pasto, la cui l'anidride carbonica aiuta molto a pulire il palato. Inoltre erano presenti tante cantine siciliane, ovviamente prevalenti su Italia ed estero, ma anche in questo caso, oltre ai nomi di rito, ne ho trovato diversi meno noti, ma proprio per questo rappresentanti di piccole eccellenze, evidente segno che anche quest'aspetto è stato particolarmente curato.
Infine, una Terrazza degli Dei che si rispetti, deve avere anche i piatti esclusivi, infatti i sottopiatti e alcuni di portata sono stati realizzati artigianalmente in vetro da Thalass, una giovane azienda di Modica (RG) che in ogni suo pezzo infonde la creatività di Alessandro Di Rosa, suo ideatore che oggi vende le sue opere all'alta ristorazione mondiale.
La Terrazza degli Dei a Villa AthenaPer Salvatore Gambuzza, dopo gli anni trascorsi a Taormina, ad Oxford e a Mosca, si è chiuso il capitolo delle "verdurine", una costante nei suoi piatti che lo aveva caratterizzato sin dal nostro primo incontro avvenuto nel 2010, si è invece aperta l'epoca delle moderne erbette e fiorellini, coltivate in proprio o selvatiche, oggi molto più di tendenza. Considerazioni vegetali a parte, queste caratteristiche di fondo hanno accompagnato una nuova elevata precisione nella presentazione dei piatti, argomento non trascurabile se si ha l'obiettivo di soddisfare il cliente con l'alta cucina, ed al contempo anche una buona inventiva e originalità, sto pensando ad esempio al "riso non riso" realizzato con i calamari.
Certo, la cucina sopraffina e la location esclusiva hanno un costo, ma non immaginatevi nulla di esoso, infatti con 50-60 Euro, senza vino, si riesce a mangiare degnamente e comodamente seduti di fronte al Tempio della Concordia, poi ci sono i menu degustazione: "Territorio" da 55 Euro con 4 portate ed "Essenza" da 70 Euro con 6 portate, sempre senza bevande. Altra offerta di punta della Terrazza degli Dei è costituita dai banchetti, realizzati nella solita location d'eccezione con piatti di alta cucina ad un prezzo sorprendente, tra le prime foto da me pubblicate si possono ammirare alcune proposte che ho rubato durante le prove menu di due matrimoni in cui mi sono trovato coinvolto.
Insomma, come già detto, lusso si ma non fine a se stesso e comunque, relativamente alla parte gastronomica, dai costi in fin dei conti abbordabili, cosa manca per una stella Michelin? Ormai solo dettagli e Stefano D'Alessandro sta lavorando proprio su questo fronte.
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