Bisogna confrontarsi per imparare, perchè lo scambio non è mai fine a se stesso, però s’impara e si scopre qualcosa di nuovo solo se le nuove esperienze sono accompagnate da una grande curiosità, peculiarità che mi accomuna con Salvatore Gambuzza, Chef di Ai Granai di Ibla, ristorante del prestigioso Hotel Villa Athena, fiore all’occhiello della ricettività alberghiera agrigentina non solo per le sue cinque stelle. Già... perché non sempre una stella in più porta in cielo, dietro ci vuole ben altro per essere e rimanere qualificati.
Con tali presupposti ho accettato di buon grado l’invito di Gambuzza, tra i pochi ad operare in cucina con perle tecniche ben dosate e massimo rispetto delle materie prime e poi, come resistere alla... curiosità di assaggiare i nuovi piatti di cui mi aveva ventilato l’esistenza? Attenzione però alle mie personalissime osservazioni sensoriali, qui si parla di alta cucina ed io, a tali livelli, divento un pò più maniaco nel dettaglio gustativo. Adesso però, bando alle ciance e sediamoci a tavola.
Antipasto.
Crudo di gamberone con verdure speziate e acqua d'insalata di arance.
Il primo approccio visivo l'ho avuto con una mini quenelle di battuto di mozzarella deposta delicatamente sopra la cupoletta di filetti di gamberone crudo che, a sua volta, conteneva gli immancabili vegetali, marchio di fabbrica di Gambuzza poi, al naso, è subito arrivata la nocellara dell'olio extra vergine utilizzato nell'acqua, un’emulsione di olio e succo d'arancia di Ribera, infine, è subentrato il profumo del basilico, forse un pò troppo forte ma terribilmente piacevole. Non sono riuscito a distinguere l'arancia, era perfettamente fusa con gli altri profumi e sapori, ma l'emulsione mi ha stranamente ricordato l'odore della foglia di pomodoro. Il boccone era sapido e minerale, molto pulito, strano effetto per un antipasto. Ottimo.
Primo.
Sfoglia verde mare su crema di bufala.
Dal nome del piatto temevo qualcosa di molto più pesante, invece, nonostante la buona struttura, tutto era molto delicato e mai invasivo. Il primo profumo che ho percepito, naturalmente, è stato quello della bufala, talmente delicato da lasciar trapelare anche il caratteristico odore della sfoglia del tortellone. Più volte ho sorpreso Gambuzza a giocare con le consistenze ed anche in questo piatto ci ha provato, infatti, il ripieno del tortellone era di scampo e lattuga cristallina, la cui croccantezza, purtroppo, non sono però riuscito a percepire. Nella crema di bufala, opportunamente alleggerita per renderla delicata al massimo, galleggiavano dei piccolissimi pomodorini, precedentemente essiccati al forno, inoltre, la cucchiaiata di crema, era spesso impreziosita da qualche fogliolina vagante di santoreggia. Peccato per il buonissimo ripieno del tortellone, un pò troppo defilato, esso era costretto a cimentarsi continuamente, in un'impari competizione, con la crema di bufala e finanche con la callosa pasta della sfoglia. Interessante.
Secondo.
Agnellino da latte gratinato su millefoglie di patate e salsa cardamomo.
Il primo profumo arrivato al mio naso è stato quello vinoso del fondo di cottura, l’agnellino, infatti, era stato gratinato e leggermente glassato. Nella carne, si percepiva anche una nota dolce e lo speziato del cardamomo, in un'accoppiata carne-spezie vincente. Sotto la carne faceva capolino la brunoise di vegetali preferita da Gambuzza: carote e zucchinette verdi, a sostenere tutto c'era invece la millefoglie di patate. L'interno dell'agnellino, a prima vista, mi ha ingannato, infatti, ad un primo e superficiale esame visivo sembrava completamente crudo, poi, dopo un’analisi più accurata mi sono accorto che, a dispetto del colore rosso fuoco, non presentava la minima traccia di sangue. La tenerezza era massima, mai mangiata una carne, così strutturata come quella di agnello, e così tenera. Informatomi poi con lo Chef, mi è stato confermato ciò che avevo in precedenza solo intuito: su quella carne era stato fatto un grande lavoro di forno, bassa temperatura, a circa 80 gradi, per diverse ore, seguito da una lunga immersione in una purea di fave. Il risultato è stato a dir poco sublime.
Dessert.
Scissione di torrone al Nero d’Avola.
Il primo approccio “nasale” è stato a favore del Nero d’Avola, subito dopo e arrivata la coulis di fragole, ricca di frutti interi, che in buona quantità, arricchiva la coppa. Il tutto era decorato da una cialda-croccante infilzata in una crema al mascarpone, della quale però non sono riuscito a cogliere le sfumature, a causa della continua azione di disturbo della coulis. Su tutto, a volte, spiccava la granella di pistacchio, con croccantezza e un sapore intenso, sicuramente un locale di Favara o Raffadali, prodotto che non ha nulla da invidiare al più inflazionato, imitato, e quasi sempre spacciato, Bronte. Sembra che il dessert riscuota un grande successo tra i clienti a me, però, è sembrato un pò troppo dolce, sicuramente a causa della coulis. A proposito di dolci, Ai Granai di Ibla, ho trovato un nuovissimo acquisto: il Pastry Chef Francesco Todaro. Ho già avuto un piccolissimo approccio gustativo col nuovo pasticciere e mi è piaciuto molto, ho assaggiato un bocconcino di pasta reale, dalla grana particolarmente fine, impastata a freddo con farina di mandorle e zucchero semolato, esattamente come faceva mia madre. Sono proprio ansioso di vedere cosa riesce a fare l’accoppiata Gambuzza-Todaro.
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