Il corpo centrale del Baglio San PietroQualche ristoratore potrebbe pensare che se nella sua zona non esiste un locale di alta cucina, allora è meglio evitare certi esperimenti con un'offerta di piatti particolarmente ricercati. Sbagliato, è esattamente il contrario, in questo caso si creano solo flussi migratori di clienti desiderosi di mangiare diversamente, indirizzandoli verso altri lidi, perchè oggi, i consumatori evoluti e curiosi sono dappertutto, quindi bisogna intercettarli. Durante il mio pellegrinare di ristorante in ristorante ho potuto constatare quanto sia corretta questa mia deduzione, ma per eliminare ogni vostro dubbio, vi farò solo due esempi, il primo è d'eccellenza, mi riferisco a Pino Cuttaia, chef e patron del Ristorante La Madia a Licata (AG), grazioso paese, ma sicuramente logisticamente difficile da raggiungere, in cui però la stella Michelin è arrivata doppia e con esse un flusso costante di amanti della buona cucina, lo stesso per altri stellati della zona. Il secondo esempio, invece, ve lo illustrerò in dettaglio in quanto oggetto della mia recensione, esso è incastonato in un'area bella e selvaggia quanto incontaminata, nell'immediata periferia di Nicosia (EN), un altro grazioso paese, trasudante storia antica e tradizioni che sicuramente hanno ben poco a vedere con l'alta cucina. Invece, proprio dove meno te lo aspetti, Graziano Li Volsi, Marco Onesta e Gaetano Scarlata, tre imprenditori originari della zona, nel Marzo 2015 hanno investito sulle loro idee prendendo in gestione l'Hotel Baglio San Pietro, un'antica masseria fortificata risalente al 1600 circa con 6 camere immersa in un bosco di ben 68 ettari, ma non contenti di ciò e sicuri della loro idea di ristorazione hanno anche scelto di dotarlo di una cucina d'eccezione all'altezza della struttura ricettiva, affidandola ad Hermes Picone, un altro giovanissimo quanto promettente chef, anche lui originario di quei luoghi poichè nativo del vicino paese di Villadoro, il quale ha elevato il Baglio introducendo, accanto alle materie prime locali, anche ingredienti "stranieri", mescolando tutto con una bella dose di tecniche e presentazioni tipiche dell'alta cucina.
Hermes Picone con l'amico Giuseppe PorporaHermes ha solo 25 anni, ma con l'esperienza che dimostra si potrebbe pensare che abbia già alle spalle diversi stage con stellati, magari in qualche ristorante europeo, invece nulla di tutto questo, il suo segreto proviene dalla solita parolina magica: "passione". La storia di Hermes è legata a doppio filo a quella di Giuseppe Porpora, appena ventiduenne, attuale secondo chef del Baglio e amico d'infanzia con cui, a circa 10 anni di età, si divertiva a tostare mandorle con lo zucchero, per entrambi, la scelta dell'alberghiero è stata quindi del tutto naturale. Hermes, dopo alcune stagioni ed esperienze varie in Sicilia ed in Italia, presso strutture a Riccione, Rimini e Cattolica, torna ad Enna in un noto ristorante della zona, trovando finalmente il classico stipendio sicuro vicino casa, da esso viene però strappato del Baglio San Pietro, grazie all'amico Antonio Consentino, accogliendo l'invito-sfida della nuova impresa esclusivamente grazie alla possibilità di poter realizzare la "sua" cucina. Tornando alla passione, essa è quella molla che non solo spinge il nostro chef a cucinare con attenzione, ma lo stimola continuamente a ricercare e sperimentare, utilizzando a piene mani tutti i potenti mezzi strumenti che la nostra epoca fondata sulla comunicazione gli mette a disposizione. Libri, Internet, e tanto tempo trascorso, come dice lui nel settore "ricerca e sviluppo", gli hanno permesso di padroneggiare tecniche che in pochi in cucina capiscono, figuriamoci impiegarle. Sottovuoto, basse temperature, sferificazione inversa, lievitazione con maturazione, mousse e ganasce, non sembra quasi vero non solo di essere in una provincia siciliana, ma addirittura in Sicilia, insomma, il nostro amico non è ancora pronto, ma è sicuramente sulla buona strada per ricevere tutti quei riconoscimenti tanto ambiti dagli chef.
Pertanto, dopo aver raccolto con piacere l'invito di Hermes, con grande curiosità, lo scorso 21 Ottobre 2016 mi sono recato presso il Baglio San Pietro, per degustare una serie di piatti che lo chef ha voluto gentilmente prepararmi e che giustificano, confermandola in pieno, la mia precedente analisi. Unico appunto, preparatevi ai soliti nomi descrittivi che come al solito mi sono divertito a trasformare inventandomi qualcosa di più invogliante alla scoperta.
Crostino con prosciutto d'oca, germogli e affumicatura di noce a freddo (Estrema unzione di un'oca)
Nel titolo ci sono tutti gli ingredienti di un piatto di molto effetto, complice anche l'affumicatura a freddo, però manca un accenno all'untuosità apportata dall'olio che ho riscontrato durante l'assaggio. Personalmente non mi è dispiaciuta, ma per qualcuno potrebbe risultare eccessiva, informandomi con lo chef mi ha confermato che non era un errore di dosaggio, lui ha interpretato il crostino proprio così. Infine, forse avrei ridotto un po' l'affumicatura, ma mi rendo ben conto che in questo caso comanda anche l'effetto scenico. Comunque, un piatto non originalissimo, ma inusuale, servito in modo altrettanto inusuale che sicuramente non mancherà di stupirvi.
Foie gras con salsa di castagne e sale rosa (Fegato croccante)
Piatto molto semplice, ma che consente di assaporare il foie gras nella sua semplicità, per chi lo volesse conoscere meglio è l'approccio ideale. Magistrale la croccantezza e sapidità donatagli dal sale rosa ed il pendant realizzato con la salsa di castagne.
Gnocco fritto con mousse di mortadella e pistacchio di Bronte (Quant'è gnocca la mortadella)
Con lo gnocco devo obbligatoriamente anticiparvi la tecnica della maturazione che incontreremo più avanti con la pizza del Baglio San Pietro, l'impasto impiegato infatti è lo stesso. La mousse di mortadella di Norcia in calza nera era un capolavoro di semplicità e qualità, a volte due soli ingredienti, ma eccellenti, messi assieme possono regalare grandi soddisfazioni al palato, alcuni stellati su ciò ci hanno fondato la loro fortuna, pertanto trattasi di una mortadella molto gnocca!
Risotto con crema di barbabietole e salsa di gorgonzola (Girandola di riso)
Innanzi tutto devo fare i complimenti allo chef per la cottura del riso che ovviamente poteva solo essere un carnaroli. In secundis, anche la presentazione cattura molto l'attenzione, ma lo stesso non si può dire per i sapori, ci starebbe per la crema di barbabietole, il cui ruolo esclusivamente cromatico è ormai utilizzato in molte occasioni, ma altrettanto non dovrebbe essere per il gorgonzola, di cui spiccava solo il piccante, era infatti sovrastato totalmente dal parmigiano impiegato in mantecatura. Mi sarebbe piaciuto, invece, trovarci un bel gorgonzola al mascarpone, con le sue note suadenti, avrebbe coperto ugualmente la barbabietola, ma almeno sarebbero emersi i sapori tipici del gorgonzola e della sua lattosità.
Uovo di gallina al tartufo (Matriosca di sfere)
Praticamente questo piatto rappresenta un'assoluta banalità, questo abbinamento, nelle zone del mondo più famose per la produzione di tartufi, lo si propone da sempre e qualcuno da quelle parti si comincia a chiedere se sia nato prima l'uovo o il tartufo! Quindi, è molto difficile renderlo un po' più originale, ma Hermes c'è riuscito con la... sferificazione inversa, creando delle piccolissime sfere ripiene di acqua di caviale, per la serie non si butta via niente il nostro chef ha riutilizzato l'acqua di pulitura del costoso ingrediente, nobilitandola con una tipica tecnica da cucina molecolare o meglio con additivi, attingendo a piene mani ai noti video del Maestro Fabio Tacchella, cercare su YouTube per credere! Anche in questo caso l'attenzione per la cottura è stata fondamentale, infatti l'uovo è stato immerso a 75 gradi per 15 minuti, combinazione che permette la solidificazione dell'albume lasciando cremoso il tuorlo, in sostanza viene realizzata una sorta di altra sferificazione, stavolta ottenuta con le temperature invece che con alginati e carbonati. In definitiva, una matriosca di sfere.
Lingua (Lingua mia ti manca solo la parola)
L'antico scienziato Archimede Pitagorico, per corroborare le sue teorie di fisica, una volta disse: "datemi una leva e vi solleverò il mondo", parafrasandolo, io oggi potrei dire: "datemi un sottovuoto a bassa temperatura e vi stravolgerò la lingua di vitello"! 72 gradi di cottura per 24 ore possono sembrare un'esagerazione, ma vi posso garantire, provare per credere, che hanno prodotto un effetto eccellente su una materia prima eccellente, sfiorando un'effetto trancino di tonno rosso. Un piatto che se avesse un po' più di lingua parlerebbe da solo! Il piatto rivelazione di Hermes Picone.
Cucciu d'amuri
Dedicato da Hermes alla sua fidanzata, questo dessert costituisce l'atto finale di una degustazione che ha dimostrato la padronanza delle tecniche di preparazione da parte dello chef. Il "cucciu" era stato realizzato con una semi sfera di mousse alla nocciola, delicata e avvolgente, inserita sotto un guscio di finissimo cioccolato e infine irrorato da una ganache al cioccolato bianco. Ormai il mio motto in merito è conosciuto e condiviso: "un pasticcere può fare lo chef, ma uno chef non può fare il pasticcere", tranne pochissime eccezioni che ovviamente confermano la regola, Hermes in questo caso ha sfiorato l'eccellenza nel dessert al piatto, come idea, realizzazione, presentazione, insomma, un dessert completo, forse perchè scaturito dall'amore per la propria donna, mi piace persino il nome, tranne che per un dettaglio che un vero pasticcere non avrebbe mai trascurato: la semi sfera di mousse alla nocciola era stucchevole poichè troppo abbondante, in questi casi conviene impiegare una sottile base croccante, ma soprattutto si inframezza la mousse con un altrettanto sottile pandispagna, magari al cacao, in modo da alleggerire il boccone.
Il pane viene preparato nella cucina del ristorante con ottimi risultati, per quanto riguarda la cantina ho potuto constatare che essa è ben fornita, con molti nomi noti, ma anche con qualche piccolo produttore, vere eccellenze siciliane e italiane, immancabile la 24 Baroni, birra artigianale prodotta in zona dai fratelli Consentino. La sala è stata affidata a Giuseppe, ma non è infrequente il caso in cui Gaetano Scarlata o Marco Onesta, diano una mano. A questo punto, si potrebbe pensare che tutto ciò possa costare molto, invece il Baglio è ben cosciente che i clienti bisogna farli crescere, non solo con le frequenti serate tematiche, ma anche con prezzi accessibili, pertanto i "cultori" dell'abbuffata a 20 Euro o si convertiranno ad una alimentazione più corretta o si ammaleranno presto! Al Baglio, un menu "a la carte" completo senza vino costa circa 45 - 50 Euro, mentre il menu degustazione di 9 portate ne costa 50, lo stesso, ma con vini abbinati, arriva a 85 Euro. Insomma, chi in zona volesse iniziare a farsi una cultura enogastronomica di rilievo può approfittare delle occasioni del Baglio, serate o menu degustazioni spendendo cifre abbordabili, sempre meno di tanti chef stellati tra l'altro molto più lontani da Nicosia, innescando un processo enogastronomicamente interessante e divertente e... prestando anche più cura della propria salute!
Gaetano ScarlataOgnuno dei tre soci del Baglio San Pietro si occupa di un'area dell'azienda, Gaetano Scarlata lo troverete spesso alla reception, ma sicuramente a Marco Onesta bisogna riconoscere la patente di cercatore di prodotti, grazie alla sua professione principale che lo porta in giro per la Sicilia, è così che egli approfitta per scoprire le eccellenze siciliane, infine, Graziano Li Volsi segue le questioni più burocratiche. Nel menu e quindi di conseguenza anche nella mia recensione compaiono molti piatti con ingredienti "stranieri", ciò fa parte dell'offerta variegata del locale, ma tante altre materie prime sono rigorosamente locali, la carne lo è sicuramente, viene infatti fornita da una macelleria di zona che su indicazioni di Hermes effettua anche una frollatura di circa tre settimane, sufficienti a cambiare il prodotto, valorizzando gli sforzi che l'allevatore compie con l'alimentazione naturale somministrata ai vitelli.
La margherita del Baglio San PietroIl Baglio San Pietro però non è soltanto alta ristorazione, ma anche ottima pizzeria, infatti, Mario Isaia, pizzaiolo di lungo corso, impiega un impasto preparato con il 70% di farina doppio zero con un W di circa 390, il 30% di rimacino ed il 30% di lievito madre, i panetti subiscono poi una maturazione in cella a 4 gradi di circa 24 ore ed infine una lievitazione di circa 4 - 5 ore. Il risultato è eccellente, nonostante le relative poche ore di maturazione l'impasto si scioglie in bocca e non è affatto pesante, anche perchè Mario spezza il panetto a 210 grammi e per convinzione personale non sovraccarica la pizza di ingredienti, sagge decisioni di cui ho scritto diverse volte e che quindi condivido e sostengo in pieno. Ottimi gli ingredienti impiegati per le farciture, a parte la mozzarella di vaccino costituita da un filone di nota marca nazionale che però si è comportato molto bene durante il mio assaggio, ho ovviamente incontrato anche la bufala del vicino Caseificio Albereto ed alcune verdurine preparate in cucina, ma con lo chef che il Baglio si trova in cucina mi stupisco di non aver trovato nel menu una bella pizza gourmet o risto-pizza come la chiamo io!
Uno scorcio della sala ristoranteAl Baglio San Pietro, gli ingredienti magici ci sono tutti: passione, ottime materie prime, tempo e attenzione si mescolano in un mix molto piacevole che sta sempre di più diventando la palestra gastronomica del suo chef, luogo di allenamento e di preparazione per una competizione in continuo miglioramento. Una delle più importanti caratteristiche che può avere uno chef in cucina, dopo la passione per il suo lavoro, è quella di padroneggiare le tecniche in essa impiegate, peculiarità umana che a volte arriva dopo numerosi anni di esperienza ed altre volte mai, averla già a 25 anni è tutto dire. Cosa manca alla cucina del Baglio e quindi ai due bravi cuochi che la mandano avanti tutti i giorni? Sicuramente un po' di originalità in più nei piatti non guasterebbe, ma è chiaro che i clienti sono già molto impegnati ad abituarsi a quello che per loro è già adesso rivoluzionario. Pertanto, considerando i miei due giorni trascorsi presso la struttura, assegno con piacere ben 4 "artusini" pieni, sicuro con ciò di riconoscere i meriti del Baglio, ma al contempo di incoraggiare tutta la ristorazione della zona.
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