Giuseppe Russo e Claudia MiceliOrmai da diversi anni i grani antichi siciliani impazzano nelle forme alimentari più disparate, con essi anche il prezzo dei prodotti che li vantano è schizzato verso l'alto, forse anche troppo. Intendiamoci, il buon grano antico non si può comparare in nessun suo aspetto con i cosiddetti moderni nati dopo gli anni '70 del secolo scorso, infatti, dalla coltivazione alla molitura e trasformazione, i processi da attuare sono più onerosi e d'altronde anche il risultato finale è diverso per caratteristiche chimiche, fisiche e sensoriali. Pertanto, che il prezzo dei grani antichi sia sensibilmente più alto ci sta, ma se il consumatore spende di più deve almeno essere sicuro che dentro il pacco ci sia quello che sta pagando e come dicevo all'inizio, questo è un "vecchio" problema che ci portiamo dietro da quando i grani antichi sono diventati un bel business. Tralasciando i farabutti che operano in modo fraudolento, vendendo consapevolmente una cosa per un'altra, i malfattori sono presenti in tutti i settori, c'è però la stragrande maggioranza di allevatori di grani antichi i cui campi sono "inquinanti" da altre varietà, fenomeno che accade naturalmente in agricoltura, a volte però arrivando a snaturare completamente la tipologia inizialmente seminata. Per fortuna, già da qualche anno come avevo già scritto qui, per un agricoltore è possibile diventare custode responsabile delle varietà di grano antico coltivate nei propri campi, da questo deriva automaticamente la certificazione della propria granella e quindi la sicurezza di fornire un prodotto correttamente etichettabile. Purtroppo gli ettari che hanno finora acceduto a tale certificazione sono ancora relativamente pochi, ma se dipendesse da me, adesso che ci sono gli strumenti per potersi certificare, peraltro gratuitamente poichè è richiesto soltanto un maggior impegno nella gestione del campo, promulgherei una legge regionale che IMPEDISCA l'uso dei nomi di varietà di grano antico in assenza della sicurezza di ciò che si è coltivato. Vi sembro un po' esagerato? Allora non vi ho ancora parlato delle pene che infliggerei ai farabutti di cui sopra, consapevoli di frodare, ma questo è un altro discorso che esula dal presente articolo.
Tuttavia la ricerca e la tecnologia vanno avanti e a mettere una bella pezza all'attuale situazione è stato addirittura il C.R.E.A., l'ente nazionale che presiede allo sviluppo ed alla ricerca scientifica del comparto agricolo italiano, nel caso in questione grazie anche alla sua sede palermitana con compiti di difesa e certificazione, che insieme al Consorzio Gian Pietro Ballatore di Palermo, altro ente che soprassiede alla promozione ed alla ricerca della granicoltura siciliana, rispettivamente rappresentati da Claudia Miceli e Giuseppe Russo, hanno dato vita al Progetto CA.VA.SI.F.D., una ricerca che si è posta l'obiettivo di caratterizzare le varietà siciliane a cui ha collaborato anche l'Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.
Finalmente lo scorso 29 Aprile 2022, all'interno dell'Aula Magna "Gian Pietro Ballatore" del Dipartimento SAAF di UNIPA, sono stati presentati i primi risultati della ricerca costituiti da caratteristiche morfologiche e marcatori genetici di 55 accessioni di 22 varietà. I dati raccolti dovrebbero presto essere resi fruibili a tutti gli interessati, operatori del settore agricolo, in una pubblicazione riepilogativa di cui appena ne entrerò in possesso sarà mia cura allegarla al presente articolo.
Intanto, qui di seguito, ho pubblicato, oltre alle foto, un breve video con alcune immagini del convegno e le interviste a Giuseppe Russo e a Claudia Miceli.
Locandina dell'evento con i nomi dei relatori.
Video integrale del convegno
ALBUM E DOWNLOAD FOTO
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