In passato, ho già scritto che la cucina siciliana tradizionale qualcuno la deve pur continuare a fare, sembra invece che tutti siano indirizzati alla sua rivisitazione, piuttosto che alla riproduzione nel rispetto della tradizione. Sarebbe invece auspicabile che per essa vengano adottate le nuove tecniche di conservazione e cottura per renderla principalmente più leggera, mi riferisco alla conservazione e sanificazione tramite abbattimento, al sottovuoto ed alle cotture a bassa temperatura. Raramente mi è capitato di trovare tali tecniche, sono infatti poco usate nella cucina moderna, figuriamoci per migliorare i piatti della tradizione siciliana, ma lo scorso 22 Marzo 2014, durante una mia visita al Ristorante Al Fondaco del Conte, ho avuto il piacere di vederle finalmente applicate ai piatti della tradizione siciliana.
Il locale è nato nel 2006 con lo scopo di riutilizzare un immobile di proprietà di Maurizio Ganci, desideroso anche di assicurare un lavoro ai suoi tre figli: Diego, Giulia e Nicola. Al Fondaco del Conte è un ristorante con 11 tavoli per un totale di 42 posti, condizione favorevole per seguire bene cucina e clienti, situato a due passi dal popolare mercato palermitano di Ballarò nel quartiere dell'Albergheria, con Diego ai fornelli e Giulia e Nicola in sala. Nonostante la sua giovane età, Diego Ganci mi ha dimostrato di avere le idee molto chiare in cucina, riuscendo con semplicità a coniugare genuinità con qualità. C'è da dire che Diego, sin dalla sua frequentazione all'Istituto Pietro Piazza di Palermo, ha dimostrato molto interesse per la cucina, tanto è vero che egli ha approfittato a piene mani dei corsi professionali di terza area predisposti dal nuovo ordinamento scolastico, tra l'altro con docenti di eccezione come Pietro Pupillo, Giuseppe Giuliano, Jimmy Cascio e Salvo Mangiapane, per poi infine lavorare con chef del calibro di Max Mangano. Dopo aver citato tale parterre di professionisti c'è poco da aggiungere, anche un "somaro" potrebbe spiccare il volo e Diego, somaro non lo è per niente! Da ognuno dei suoi insegnanti, da me ben conosciuti e recensiti, egli ha preso il meglio, convogliando le nozioni ricevute verso la sua cucina, inoltre, saranno forse state le sue esperienze effettuate fuori Sicilia, ma Diego ha anche una grande attenzione nei confronti del cliente, assicurandosi in sala, ogni volta che l'attività di cucina glielo consente, che egli sia rimasto soddisfatto.
Ovviamente Diego non prepara solo i piatti della tradizione, ma ogni tanto ama ben abbinare ciò che i suoi sceltissimi fornitori gli portano e così, in occasione della mia visita, ha improntato un pranzo coi piatti del suo menu di stagione.
Il primo approccio è stato con un cocktail di benvenuto, preparato con spumante alla fragola e ginger, creato da una personale elaborazione dello chef, molto piacevole e ben studiato per iniziare, in attesa dei primi antipasti, estrapolati dal ricco menu.
Antipasto con pane guttiau, una preparazione del pane carasau, che ornava una maionese preparata con uova fresche e insaporita con cipolla rossa, prezzemolo, menta e basilico. E' inutile, la maionese preparata in casa, come quella di Diego, vince sempre su qualsiasi industriale! Un risultato eccellente, sia perchè non è facile trovare una preparazione manuale della maionese, sia per la equilibrata aromatizzazione della stessa con le erbe già citate.
Altro antipasto, sempre con pane guttiau, ma stavolta con una salsa piccante a base di peperone, cipolla, concentrato di pomodoro e ovviamente peperoncino, che io mi sono divertito a chiamare Arissa Ganci, in quanto liberamente reinterpretata da Diego partendo dalla famosa salsa nordafricana, in questo caso però in versione meno piccante, ma sempre tanto stimolante.
Caponata di pesce spada con arancino nero.
Di questa particolare caponata mi è rimasto impresso, oltre al buon sapore di pesce, anche l'eccellente equilibrio dell'agrodolce, la cui acidità provocava una opportuna salivazione di preparazione al pasto. L'arancino nero era stato annerito con il nero di seppia, ma la nota di rilievo va sul riso adottato, una miscela classica per le buone arancine, la tipologia parboiled e roma insieme in quell'unione che io ritengo la migliore per questo famosissimo cibo da strada palermitano. Ci sarebbe però da chiedersi perchè lo chef, sicuramente palermitano, l'abbia chiamato arancino, alla catanese, invece che arancina, come è usanza nella città di Palermo.
Mousse di cavolfiore con gocce di ricotta al falso pepe.
Chiamatelo cavolfiore ma a Palermo broccolo è! Se poi lo chef ve lo trasforma in una crema soffice e gustosa che ricorda il macco di fave fresche, è meglio ancora. Alla mouse facevano pendant due quenelle di ricotta profumate al pepe rosa, chiamato anche falso pepe per la somiglianza delle sue bacche a quelle del pepe nero, del quale però non ha la piccantezza, ma solo una spiccata aromaticità.
Trofie al ragù di spigola, zucchina e pangrattato.
La caratteristica aromaticità della spigola in questo piatto era rimasta intatta, mi ricordava esattamente la versione di pasta alla spigola che prepara a casa mia, solo che questa era stata arricchita con delle zucchine e decorata con una spolverata d sicilianissimo pangrattato tostato, che aggiungeva al piatto anche una certa croccantezza.
Involtini di pesce spada alla siciliana.
Con questo piatto, secondo me, si è raggiunto il massimo dei risultati. Di involtini di pesce spada ne ho mangiati diversi e devo dire che tutto sommato non costituiscono una ricetta critica, ma in questo casso penso che si è arrivati alla perfezione. Realizzati senza nessuna rivisitazione di sorta, mi hanno veramente sorpreso, la farcia era stata preparata con del pane bianco e poi arricchita con passoline e pinoli, ma credo anche con qualche altra erbetta. Il pesce era stato affettato molto sottile e formava un debole guscio che racchiudeva il gusto del ripieno, apportando solo il suo sentore di mare. Gli involtini erano completati da un congruo contorno di verdurine varie, sempre comprese nei secondi piatti, com'è d'uso nel locale.
Sfera di cassata.
Nel dessert si vede la completezza dello chef perchè, secondo me, un pasticcere può fare lo chef ma uno chef non può fare il pasticcere! In questo caso però, Diego Ganci, ha avuto due insegnanti eccezionali: i già citati Giuseppe Giuliano, pasticcere e coach del Culinary Team Palermo, e Pietro Pupillo, chef ma grande appassionato di pasticceria nonchè membro dello stesso Culinary Team, ma come se non bastassero questi due insegnanti, il nostro chef si è regalato anche una stage presso il laboratorio di Salvatore Cappello. Diego certamente non poteva "cadermi" sul dolce, infatti, già nella presentazione e nelle soluzioni adottate ho intravisto una certa classe. Sotto l'ottima pasta reale, sapientemente aromatizzata con essenza di mandorle amare, senza la solita esagerazione, si celava una spumosa crema di ricotta lungamente montata e dolcificata solo con 200 grammi di zucchero per chilo, in luogo degli almeno 450, a volte anche 700 e più, del malato standard delle pasticceria palermitane.
Diego non usa materie prime con certificazioni super blasonate o dai costi esagerati, bensì opera un'accurata scelta dei suoi fornitori, riuscendo a coniugare qualità e prezzo, ribaltando la convenienza ottenuta nella gestione del ristorante e quindi di conseguenza nei prezzi al cliente. In sostanza, nella cucina del Ristorante Al Fondaco del Conte, si producono tutti i semilavorati che serviranno poi ad assemblare i piatti: liquori, brodi, passata di pomodoro, tutto viene poi abbattuto e stoccato in cella, garantendo così sanificazione, proprietà nutrizionali, caratteristiche organolettiche e grande praticità di utilizzo. Anche la pasta ripiena viene prodotta da Diego, a differenza della quasi totalità degli altri ristoranti che si approvvigionano di prodotti industriali surgelati.
Cosa cambierei nei piatti? Secondo me si potrebbe curare un po' di più la presentazione di alcuni di essi, anche se non è strettamente indispensabile parlando di buona cucina, poi ridurrei un po' le quantità di olio utilizzato durante le cotture, spostandolo sul crudo, e l'aglio, a me piace, ma a qualcuno potrebbe disturbare. Infine, considerando che la mamma dei fratelli Ganci ha origini svizzere, non ho però visto particolari sue influenze in cucina, se non una certa ben organizzazione del lavoro!
In conclusione, Al Fondaco si mangia bene e soprattutto si paga in modo onesto, un pasto completo senza vino arriva a circa 30-35 Euro, ma vi sfido a mangiarlo tutto! Curato ed accogliente anche l'ambiente, moderno, sobrio, minimalista, un arredamento pratico e non invadente, presente quanto basta per lasciare il giusto spazio allo chef ed ai suoi piatti.
Il Ristorante Al Fondaco del Conte, secondo me, è un vero punto di riferimento per il turista che vuole conoscere la ristorazione locale senza traumi dovuti al palato ed al conto, ma anche per il palermitano che vuole gustare la cucina della sua terra senza avere sorprese a tavola e... sullo stomaco.
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