Enzo Di StefanoRaffadali, 6 Luglio 2011, l'aria calda e afosa opprimeva il viaggiatore, unico refrigerio la ghiacciatissima granita di limone di Enzo Di Stefano. Sin dal primo approccio, la granita, si è presentata molto invitante, grazie al suo profumo, in bocca presentava cristalli molto fini che facevano da struttura ad una vera e propria sinfonia di zucchero e limone, nessuno dei due prevaleva ed entrambe collaboravano a formare il gusto più classico che si possa immaginare, retrogusto dell'olio essenziale compreso. Buonissima, solo che... non era stata fatta coi limoni freschi, bensì con un preparato in polvere prodotto da Enzo! I limoni erano rigorosamente siciliani, ma il procedimento di essicazione era figlio di una tecnologia tedesca, infine la formula era... di Enzo Di Stefano. Non avrei mai immaginato di trovare così buono un prodotto non artigianale, in effetti, c'è il precedente di Fiasconaro, che produce degli ottimi panettoni, ma la granita di limone è stata per me una vera sorpresa. Evidentemente il segreto sta tutto nelle materie prime, locali e con additivi quanto più naturali possibile, ma anche nella cura che si utilizza nel procedimento di produzione, non ha caso, sul depliant aziendale dedicato ai semilavorati, campeggia uno slogan che nomina il "cuore". Enzo, produce semilavorati dolciari di qualità, circa 90 referenze, riuscendo comunque a rimanere abbastanza competitivo sul mercato, ciò lo ha fatto conoscere nell'ambiente professionale ma non in quello dei consumatori, dove è sicuramente più noto per i suoi panettoni. Si avete letto bene, a pochi chilometri dall'Africa, in un clima estivo torrido, nasce una delle migliori delizie dell'arte pasticciera milanese: il panettone, ma con un'interpretazione tipicamente siciliana: il pistacchio.
A questo punto è meglio andar per gradi e partire dall'origine di tutto. Paolo Di Stefano, papà di Enzo e di altri sette figli, nella sua Raffadali, tanti anni fa, gestiva una cava di pietra, ma negli anni 70, il duro lavoro e le poche soddisfazioni, lo convincono a cambiare attività allestendo un oleificio con estrazione a centrifuga, sistema all'avanguardia per quei tempi. Nello stesso periodo, per colmare la stagionalità della molitura delle olive, papà Paolo si dedica anche alle bevande, con una piccola industria di bibite. Purtroppo, i contributi pubblici che piovono su alcune aziende concorrenti, schiacciano economicamente l'azienda di famiglia e costringono Paolo a cercare nuovi sbocchi, che presto trova nel campo della pasticceria artigianale. Anche se manca il know-how, Paolo, con 4 dei suoi figli, fa passi da gigante ma sin da subito spiccano le potenzialità di Enzo, infatti, a fine anni 90, ecco sfornato il primo panettone con la crema di... pistacchio, sua personalissima reinvenzione del dolce milanese. Perchè al pistacchio è presto detto, Enzo è un "sicilianista" convinto, a volte quasi autarchico nelle scelte aziendali, e quindi, considerando che nelle zone limitrofe ad Agrigento, in particolare a Raffadali ed a Favara, viene coltivato un pregiatissimo pistacchio che possiede germoplasma e caratteristiche organolettiche del tutto simili al corrispondente di Bronte, il suo utilizzo nei dolci è stato quasi conseguenziale. Pertanto, ecco che il territorio si impossessa con decisione dei dolci Di Stefano, dando libero sfogo alla passione di Enzo per la sua terra e per i suoi frutti.
I panettoni Di Stefano in mostraPurtroppo però, come era stato anni prima per l'olio, il panettone è anch'esso un prodotto stagionale, lasciando vuoti gli altri mesi dell'anno, l'attività della pasticceria, ormai ben avviata, non è sufficiente a dare sfogo alla vulcanica creatività di Enzo. La richiestissima e ottima crema al pistacchio però sembra venire incontro alle esigenze di espansione della famiglia Di Stefano che inizia così la produzione in quantità maggiori. Alle creme presto si affiancano anche altri prodotti, tutti semilavorati di assoluta qualità preparati utilizzando, dove è possibile, prodotti siciliani come il pistacchio di Raffadali o Bronte e la mandorla di Agrigento o Avola. L'attivita dell'azienda semilavorati e panettoni Di Stefano è separata da quella della pasticceria artigianale, entrambe contano complessivamente circa 22 dipendenti, i semilavorati vantano una buona diffusione in Italia ed un inizio di presenza in alcuni stati europei con una crescita costante a due cifre in barba a qualunque pseudo-crisi. Alla mia richiesta sui sogni e il futuro dell'azienda, Enzo mi ha confidato che il sogno lo sta vivendo in questo momento, anche se il duro lavoro lo costringe a grandi rinunce personali, esso controlla personalmente tutti gli impasti dei numerosi panettoni prodotti con una meticolosità ossessiva, le mani infarinate di Enzo, infatti, sono in primo piano sul depliant aziendale che illustra i panettoni. Il dolce milanese oggi viene prodotto in diversi gusti: al pistacchio, alle mandorle, tradizionale, alle mele e, speriamo per il prossimo Natale, anche ai fichi. Sul fronte delle creme, invece, la produzione segue due linee ben distinte, una per la GDO: Pistacchì e Mandorlì, al 13%, e quella per i negozi specializzati: Pistacchiosa, Mandorlosa e Nocciogolosa, al 20%, ed infine un insolito pesto di pistacchio al 40% con il 29% di olio extravergine d'oliva. A tutto ciò si affiancano, come già detto, le circa 90 referenze, tra creme, paste e basi per gelato, adatte all'uso in pasticceria ma anche, perchè no, casalingo.
Purtroppo, a Luglio, la produzione di panettoni di Enzo non era ovviamente ancora iniziata per cui non potrò parlarvi dettagliatamente di essi, ma una cosa ricordo ancora di una degustazione del suo "Smeraldo" di un paio di anni fa: la morbidezza della pasta, molto ben idratata, e l'abbondante e gustosa crema al pistacchio. Ho invece degustato il pesto di pistacchio al 40% e le creme al 20%, che ho avuto modo di confrontare ed assaggiare con attenzione.
Pesto e creme Di StefanoInnanzi tutto, l'etichetta del pesto ha rivelato un alto contenuto del prezioso frutto, ma anche di olio extravergine di oliva, altra importante risorsa del territorio, rispettivamente al 40 e 29 percento. Ben il 69 percento di materia prima di qualità in un vasetto di pesto non è facile trovarla, anzi, forse è impossibile, vi sfido in tal senso. All'assaggio a temperatura di circa 22 gradi, però, il gusto si è rivelato insolitamente tenue, poco pistacchio e poco olio risaltavano in bocca, urgeva un test con lo spaghetto. Anche con la pasta, 150 grammi conditi a freddo con circa un terzo del vasetto, circa 60 grammi, il risultato è stato inizialmente deludente, poi, dopo averla fatta raffreddare e averla successivamente riscaldata, al riassaggio, ecco che i sapori cominciano a crescere, mai con prepotenza ma con una discreta decisione, era arrivato, infatti, l'inconfondibile aroma del pistacchio, accompagnato all'unisono da quello dell'olio d'oliva: le due drupe, abbinate, hanno lavorato molto bene sul mio palato, ma anche sulla mia vista, infatti, il verde del pistacchio si è trasferito anche alla pasta penetrandola i superficie, quasi macchiandola, appagando così entrambe i sensi. Successivamente ho riprovato riscaldando leggermente il pesto, ed il risultato è stato nettamente migliore ed in linea con le aspettative, evidentemente, pistacchio e olio, essendo due elementi grassi, necessitano di un riscaldamento per emanare il meglio di se. E' infatti risaputo che le molecole dei grassi, ottimi veicoli di profumi e sapori, abbiano bisogno di essere riscaldate, affinchè riescano a sviluppare al meglio le loro potenzialità come veicoli di profumi e sapori. Il mio parere ? Io preferisco sempre far insaporire le mie paste, prolungando la mantecatura con un bel riposino in padella che, mentre per altri condimenti potrebbe essere facoltativo, per il pesto di Enzo lo definirei obbligatorio, se si vuole godere appieno dei profumi, sapori e colori del suo territorio.
Dopo il salato, ci vuole il dolce, ed infatti eccomi alle prese con uno dei prodotti di punta Di Stefano: la Pistacchiosa. Questa è una crema al 20% di pistacchio molto profumata, ma ciò che lascia attoniti è il fortissimo sapore del nobile frutto che rimane in bocca, come se fosse un concentrato cremoso. Il sapore, al palato, è quindi molto intenso, si avverte una leggerissima tostatura ed una distinta nota sapida che bilancia la parte dolce della crema esaltando ulteriormente il sapore della drupa, fortemente caratterizzante il prodotto.
Poi è stata la volta della Mandorlosa, anch'essa dal gusto molto pieno e dal caratteristico odore e sapore di mandorla, secondo me sapientemente aiutato con delle mandorle amare.
Infine, ecco la Nocciogolosa, un'apoteosi di tostatura e morbidezza piemontese, si, perchè le nocciole, in questo caso, sono le migliori, sono quelle delle Langhe. Il finale è effettivamente goloso, poichè richiama la caramella mou senza scadere mai nella stucchevolezza.
Arrivati a questo punto c'è da solo da trarre delle ovvie conclusioni, l'azienda Produzione Di Stefano, come anche Fiasconaro, giusto per citarne un'altro, anche se piccole industrie, con solo alcune parti del processo produttivo artigianale, riescono ad ottenere prodotti di qualità, salubri e organoletticamente soddisfacenti grazie alla forza dell'ottima materia prima e dell'attenzione in produzione, mantenendo comunque un onesto rapporto qualità/prezzo, formula vincente se ci si vuole distinguere sul mercato massificato dei sapori e profumi creati in laboratorio.
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