Stefania Milano con Franco VirgaNel campo lavorativo di un individuo a volte bisogna scegliere se progredire o accontentarsi, rimanendo ancorati alla tranquilla e sicura routine che non riserva quasi mai sorprese. I problemi arrivano quando invece, adagiati nella "sicurezza", qualcosa va storto, in questi casi quasi sempre vince il panico. Il motivo è da ricondursi ad una scarsa conoscenza degli strumenti giornalieri di lavoro, si sa come fare una cosa, ma non si sa perchè si fa in quel modo. Nel caso di un addetto alla ristorazione, conoscere tecniche e materie prime permette allo chef o al pasticcere di svincolarsi dalla ricette e dalle tradizionali abitudini, permettendogli di condurre la propria professione con originalità e nel contempo di poter plasmare le risposte agli inconvenienti in modo da minimizzarne gli effetti negativi. E solo in questo caso che si è veramente liberi di fare e disfare, ma anche di affrontare con successo una carriera che darà sicuramente più soddisfazioni, professionali e spesso anche economiche. Questo spirito l'ho incontrato purtroppo raramente nelle cucine siciliane, ma quando esso è presente, ecco che si esce fuori dalla banalità e si comunica "piacere" anche al cliente, perchè mangiare non è solo alimentarsi per vivere, ma anche far godere occhi e palato, non è forse questa una delle cose che ci differenzia dagli animali?
Questa premessa mi è sembrata doverosa per poter far meglio comprendere il percorso compiuto dal nuovo chef del Gagini Restaurant di Palermo, presentato lo scorso 13 Novembre 2014 a stampa e addetti ai lavori. Gioacchino Gaglio, originario di Montelepre (PA), dopo un passato da cuoco ha scelto di investire su se stesso frequentando un corso presso l'Alma, la famosa scuola creata da Gualtiero Marchesi. Dopo aver frequentato alcune tra le migliori cucine stellate italiane ed estere: Uliassi, L'Enoteca Le Case, La Locanda delle Tamerici, Pino Lavarra ed anche un po' di Svizzera e Londra, è poi tornato nella sua palermitana terra natìa, prima con la breve esperienza di un suo locale chiamato Sikilia, ed oggi, a soli 31 anni, con l'ingaggio presso il Gagini. Uno dei motivi che hanno portato Franco Virga e la moglie Stefania Milano, ideatori e titolari del Gagini, a scegliere Gioacchino come chef, secondo me è stata proprio la sua volontà di crescere e come vedremo più avanti l'originalità dei suoi piatti.
Uno scorcio del Gagini Social RestaurantHo definito "ideatori" i due conduttori del Gagini poichè dietro di esso c'è un completo progetto di "benessere" enogastronomico, il nome completo del locale è infatti Gagini Social Restaurant (Vucciria), è nato esattamente 3 anni fa e la sua offerta si differenzia per diversi motivi. La prima caratteristica che salta all'occhio è l'ambiente, particolarmente confortevole ed anche pregiatamente storico, essendo stato agli inizi del 1500 uno dei due laboratori palermitani dello scultore Antonello Gagini. Inoltre, frequentando il ristorante, si può facilmente riscontrare come ogni dettaglio sia curato, toilette compresa, ogni scelta in tal senso è stata infatti lungamente discussa dalla coppia di titolari. La parola "social", infine, deriva dalla metamorfosi che il locale assume a fine pasto, una sorta di salotto dove è possibile degustare buoni sigari cubani insieme a distillati di qualità e vini da meditazione. A proposito dei vini, un'altro "dettaglio", raro nel panorama ristorativo palermitano, è sicuramente la fornitissima cantina del locale, essa annovera non solo le migliori aziende siciliane e italiane, ma anche molte piccole realtà che producano indiscutibile qualità, nonchè diverse etichette straniere, francesi in primis, questo notevole investimento, finalmente giustifica pienamente il ricarico, tanto discusso, che il ristoratore di solito applica alle bottiglie, ovviamente c'è sempre la possibilità di scegliere il calice, al posto della bottiglia intera.
Lo Chef Gioacchino Gaglio in azioneIl menu che ha presentato il nuovo chef è stato da lui interamente pensato ed eseguito insieme ad una allegra, è proprio il caso di dirlo, brigata di cucina. Questo è uno dei segreti del Gagini, in cucina regna un'armonia non comune nonostante il buon numero di addetti. E' risaputo che quando non si litiga si "produce" meglio e di più, pertanto c'è da elogiare tutti i componenti, ma uno in particolare mi preme segnalarlo, si tratta di Francesco Mango, assegnato al pane ed alla pasticceria, mettendo da parte quest'ultima, nella quale il giovane cuoco sta muovendo i primi passi ancora guidati da Gioacchino, nel campo della panificazione egli se la cava molto bene ed è anche un appassionato "allevatore" di lievito madre. Tutti i prodotti da forno del ristorante vengono preparati da Francesco, il quale nonostante la sua brevissima esperienza in merito, si diverte aromatizzando il pane in mille maniere, con i grani antichi siciliani, semi di cereali, al pomodoro e formaggio fino alla frutta secca, impossibile resistere, ci si dovrebbe recare al Gagini già solo per quello! Unico appunto che mi sento di fare sui piccoli panini è quello di aver trovato una crosta un po' più dura di quanto dovrebbe essere, ma a ciò si può facilmente rimediare. Un consiglio che mi sento di dare a Francesco Mango è quello di studiare per approfondire i segreti della panificazione, in sostanza di seguire la strada del suo chef.
L'ostrica al latte e caffè
Nessuno crederebbe che il profumo del caffellatte si possa mai abbinare ad un prodotto del mare così diverso quale è l'ostrica, invece il mio scetticismo iniziale è stato spazzato via da una piacevole sorpresa. I sentori morbidi e afrodisiaci dell'ostrica si sono amalgamati benissimo con il profumo del caffè e della leggera lattosità che lo accompagnava. Chi consumerà questo piatto, dovrà però stare attendo alla base di appoggio dell'ostrica. La regola è nota, in un piatto di alta cucina non si possono inserire elementi non commestibili, ovviamente con le dovute deroghe, in questo caso riferite al guscio del mollusco. Chi mi segue sa che sono un inguaribile curioso e quindi ho approcciato il disco di appoggio dell'ostrica prima col naso e poi, dopo averne verificato la compattezza al tatto ed il piacevole profumo, anche con la bocca morsicandolo! Purtroppo era sabbia, sabbia DOC poichè proveniva dalla splendida spiaggia della vicina Mondello! Pino Cuttaia ha realizzato l'ormai famoso "Polpo nella roccia", in cui la roccia è commestibile, Gioacchino Gaglio, parafrasandolo, potrebbe realizzare l "Ostrica nella sabbia", prima però dovrà rendere commestibile la... sabbia.
Le rocce dell'Etna e i germogli
Sfido chiunque a considerare sin da subito la natura di questo piatto, più che un antipasto sembra un pezzetto decorativo di un presepe! Gli elementi principali erano costituita da ricotta, erbette aromatiche e funghetti. In primo piano c'era l'affumicatura, secondo me un po' troppo forte, ma che comunque, durante la masticazione delle erbette, veniva a volte sorpassata da queste ultime. C'era timo, melissa, menta, finocchietto e tante altre, mai viste tante erbe aromatiche in un piatto solo, ma essendo distanziate, ogni volta davano il massimo di se senza soffrire dell'influenza degli altri aromi.
Pacchero alla lavanda
In verità non ho sentito molto la lavanda, ma ho riscontrato una cottura perfetta del pacchero ed un ragù di polpo dalla consistenza e sapore straordinario. I meriti del ragù scaturiscono dalla tipologia di cottura, effettuata prima con una leggera arrostitura, con lo scopo di conferire il tipico gusto, e poi in forno, sottovuoto a bassa temperatura, per ammorbidirlo senza distruggere il lavoro della grigliatura. Il piatto era stato infine abbellito da alcuni sbuffi di "aria di soia". Consiglio di consumare il piatto chiedendo un cucchiaio, poichè il coltello e la forchetta che mi avevano portato impedivano il godimento della crema di fagioli Tabaccaro che impreziosiva il fondo.
La triglia street food
Anche in questo caso riecco i sapori forti, ma soprattutto i contrasti, che si è capito caratterizzano lo Chef Gaglio. Inoltre, la "Triglia street food" necessita assolutamente di istruzioni per il consumo. Io mi sono adattato subito utilizzando il crostino di pane come supporto tartina per il patè di milza, per fortuna preparato con abbondanti fegatini di pollo, e per la crema di cotogne, il tutto da utilizzare come accompagnamento alla freschissima e gustosa triglia, peraltro magistralmente sfilettata e cotta alla perfezione, stavolta senza nessuna tecnica particolare, solo 6 minuti a 180 gradi in forno, ciò gli ha consentito di rimanere succosa e croccante. Quindi, altro accostamento di sapori temerario, ma che è riuscito, almeno con le modalità di consumo che ho adottato io e per il mio palato. Unico dubbio: le temperature differenti tra la triglia, calda, e tutto il resto del piatto, freddo, un altro contrasto?
Il dolce autunno
Lo chef di solito, mi cade sul... dessert. Gioacchino lo ha affrontato con leggerezza preparando un "non dessert", dolce, ma senza particolari complicazioni, tranne che per il profumo di... porcino!. In una cena d'esordio mi sarei aspettato un dolce più strutturato e soprattutto cotto al forno, ma devo ammettere che il risultato finale è stato molto interessante. Quindi riecco di nuovo contrasti e azzardi, tra l'anice del biscotto che era stato sbriciolato alla base del piatto, e la crema di loti che tecnicamente non ci avrei abbinato mai, il tutto incredibilmente legato da una grattatina di fungo porcino! Anche questa volta, bilanciando perfettamente i sapori, l'anice ed il porcino vanno dosati in modo veramente millimetrico, il risultato è stato piacevole, nel piatto si è formato un percorso odoroso che ha collegato e poi fuso tutti gli ingredienti.
L'Ing.Nino Bevilacqua con Franco VirgaL'occhio del lettore più attento avrà notato come la cena fosse stata incentrata su un territorio montano, sull'Etna in particolare, guarda caso, tutti i vini abbinati erano stati offerti dalla Cantina Terrazze dell'Etna, presentati durante l'evento dall'ingegnere palermitano Nino Bevilacqua, titolare dell'azienda. Una piccola realtà che dal vulcano ha prelevato le caratteristiche più interessanti, come la leggera sapidità di alcuni bianchi e la struttura dei rossi. Chi mi segue sa che non credo in modo particolare alla tipicità dei vini dell'Etna, soprattutto perchè sempre più spesso non viene esaltata, sacrificandola con la quantità, Le Terrazze dell'Etna riescono a invertire questa tendenza realizzando prodotti piacevoli con un quid in più difficile da trovare in quel territorio. In ordine di uscita, ho assaggiato le seguenti etichette in accompagnamento, piatto per piatto, dall'aperitivo fino al dessert.
Cuvée Brut - Uno Chardonnay dal gusto molto bilanciato tra acidità e morbidezza. Rosè Brut - La leggera permanenza sulle bucce ha donato a questo vino delle interessanti fragranze fragolate. Ciuri - Un Nerello Mascalese dal gusto deciso con tannini presenti, ma non esagerati. Cirneco - Un Etna rosso dall'indubbio valore, con polpa di ciliege, fragola e altra frutta rossa. Infine, con il dolce, è stato abbinato un Tardivo di Merlot dell'azienda Foderà, una vendemmia tardiva che in prima battuta potrebbe ricordare il Kayd tardivo di Syrah di Alessandro di Camporeale, anch'esso marascato e leggermente abboccato.
Uno scorcio della fornitissima cantinaIn conclusione, cotture perfette e tanta voglia di stupire hanno caratterizzato i piatti e la filosofia di Gioacchino Gaglio, espressa durante la serata. Questa sua voglia di abbinare profumi e sapori, apparentemente inconciliabili, è sicuramente d'effetto, per la sua "prima" è riuscita, ma bisogna considerare che quello da lui scelto è un vero campo minato della cucina, ogni passo dovrà essere ponderato ed i clienti che assaggeranno i suoi pindarici voli del gusto dovranno essere opportunamente istruiti prima di consumarli, solo così un probabile handycapp si potrà trasformare in un plus originale ed esclusivo. I prezzi del ristorante sono quelli ai quali ci ha abituato l'alta cucina con l'uso di ingredienti di qualità, Bio, DOP, DOC e Slow Food, un menu completo alla carte senza vino si aggira intorno ai 60 Euro, ma si possono scegliere anche i menu degustazione da 55 Euro, con 6 portate, o da 80 Euro, con ben 9 piatti, ai quali si possono abbinare rispettivamente 3 calici di vini del territorio a 15 euro e 3 del territorio + 2 francesi a 30 Euro, usufruendo per gli abbinamenti dell'esperienza del sommelier Davide Milazzo.
Di recente, a Palermo e provincia, sono cadute una serie di stelle Michelin, alcune da me condivise, altre no, ma per citare una risposta che in merito mi diede il caro Nino Graziano, devo anche io ripetere "l'importante è che siano cadute", è inequivocabile che il Gagini aspira a riceverne almeno una, ha le carte in regola per farlo e per chiederla ad alta voce, magari tra qualche mese, quando il nuovo chef avrà sintonizzato i suoi piatti con la clientela del locale e messo a punto ogni dettaglio, in questo caso sarebbe sicuramente una buona "stella"!
Video della serata, gentilmente concesso dal Gagini Restaurant
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