Lo Chef Vladimiro FarinaDurante la mia continua ricerca del "mangiare bene" e del "qualcosa di nuovo", sono approdato al Ristorante L'Ottava Nota di Palermo, un locale che ha aperto solo quattro anni fa, ma che ha già conquistato una clientela tra le più esigenti della città.
Titolare e chef de L'Ottava Nota è Vladimiro Farina, un palermitano appassionato di cucina che nel 1997 ha abbandonato lo stipendio di un ufficio pubblico per aprire un locale a Madrid insieme ad un amico ristoratore. Storia emblematica di passione e volontà, ma anche di forti tradizioni, perchè dietro Vladimiro c'è la cucina della mamma e della nonna, infatti, a Madrid i piatti che egli preparava sono proprio quelli casalinghi. Nonostante la sua mancanza di esperienza con la ristorazione professionale il locale andava molto bene e dopo due anni, insieme al suo socio, il nostro novello cuoco ha iniziato a perfezionare i piatti seguendo un percorso che qualche anno dopo lo vedrà a capo di un secondo locale a Sevilla, sempre in Spagna, ma molto più a sud di Madrid, con una cucina però completamente diversa da quella iniziale. In questa bella storia lavorativa di un italiano all'estero, si inserisce però un fattore imprevisto, da estimatore del romanzo "I Promessi Sposi", non posso certamente mancare di definire come "galeotto" quel viaggio di Vladimiro nella sua Palermo, durante il quale una donna è riuscita a riportarlo nella sua terra natìa. Dopo più di 10 anni di esperienza spagnola, Vladimiro ha quindi aperto L'Ottava Nota, come a simboleggiare qualcosa che non ci dovrebbe essere, ma che invece c'è, le note musicali sono sette, l'ottava sarà quindi quella del gusto, alla stessa maniera, la sua cucina c'è e si fa sentire, i suoi piatti sono carichi di contraddizioni, prevalentemente realizzate con il dualismo mare-terra, anche con accostamenti a volte azzardati, ma comunque sempre da provare.
Pietro Li Muli e Alessio Romano in cucinaCon questi presupposti la curiosità aumenta di livello, mi sembra quindi il caso di passare a raccontarvi i piatti che Vladimiro Farina mi ha preparato insieme al suo staff, composto da Pietro Li Muli ai primi e Alessio Romano ai secondi, in un crescendo di portate entusiasmante, un percorso non senza ostacoli gustativi, ma proprio da questi reso interessante e soprattutto diverso dai soliti menu. In sala, Carlo Luisi e Marco Messina mi hanno assistito a tavola con la cordialità e professionalità che ci si aspetta in un locale della classe de L'Ottava Nota.
Prima di passare alle degustazioni mi urge fare una premessa del tutto personale: di solito non apprezzo i titoli descrittivi, essi, mancando di personalità, rischiano di far cadere nel banale un piatto, almeno fino a quando non viene assaggiato, soprattutto se si espone il menu al di fuori del locale oppure su internet. Un nome azzeccato, che fa capire il contenuto di un piatto quanto basta, invece può essere un potente appiglio per incuriosire il cliente, per dare preziosa identità al lavoro della cucina nonchè un modo per far girare il piatto anche fuori dal locale, pertanto, Valdimiro sono certo che mi perdonerà, mi concederò qualche "licenza culinaria" e ribattezzerò alcuni suoi piatti.
Amuse-bouche
Finger tonno e ricottaTartare di tonno con crema di ricotta scorzetta di verdello al profumo di finocchietto (Finger tonno e ricotta)
Per amuse-bouche, come si può intuire dalla foto, si intende una sorta di finger food servito all'inizio del pasto e offerto dal ristorante a prescindere dall'ordinazione, infatti mi è venuto istintivo prenderlo con due dita e mordere la tartelletta che conteneva la ricotta con sopra la tartare. E' stato indubbiamente un modo gentile ed al contempo stimolante di accogliermi a tavola, un'abitudine molto poco diffusa nei ristoranti, ma che può essere utile per far sentire un po' più coccolato il cliente e dimostrare una maggiore attenzione nei confronti di chi poi dovrà mangiare, pagare il conto e magari anche recensirti su Tripadvisor, nonchè forse pure ritornare, pertanto non è affatto una perdita di tempo!
Antipasti
Battuto del contadino a mareBattuto di gambero rosso, favette e pecorino (Battuto del contadino a mare)
Il "contadino" è noto per le la bontà del cacio con le pere, ma in tanti non sanno che anche le fave, quelle piccoline e tenere, godono della stessa prerogativa che li abbina bene al formaggio. Ecco l'esempio di un "battuto" di gambero rosso assolutamente comune a tanti ristoranti, l'ultimo da me incontrato risale a poche settimane fa ad Agrigento, anche in quel caso ho assegnato un nome un po' più fantasioso al piatto. La particolarità dell'interpretazione di Vladimiro Farina sta nel numero e abbinamento degli ingredienti, che richiamano appunto il titolo da me pensato, ovviamente tutti crudi, come un buon battuto prevede. Il classico gambero rosso era stato profumato con del pecorino "invisibile" poichè abilmente inserito nella crema di favette, operazione difficile perchè come è facile immaginare il formaggio di pecora tenta sempre di travalicare i suoi vicini di piatto, in questo caso però si potrebbe parlare di "ode all'equilibrio", capacità di cui Vladimiro è in pieno possesso, come d'altronde vedremo più avanti.
Bruschetta viaggiatriceBruschetta foie gras (Bruschetta viaggiatrice)
Questo piatto mi è piaciuto molto per gli abbinamenti "viaggiatrici", nonchè per la solita precisa realizzazione. L'uso del foie gras e delle Acciughe del Mar Cantàbrico, collocano il piatto in un ambito internazionale ed al contempo in un giro dell'Europa immaginario che però, chiudendo gli occhi e assaporando un boccone, è facile che diventi più reale. Partendo dalla Madrid di Vladimiro e dirigendosi verso l'Oceano Atlantico, in direzione Francia, ci si imbatte nel Mar Cantàbrico, fornitore di acciughe particolarmente grasse, grazie a quei mari molto più freddi rispetto al Mediterraneo, poi lavorate in loco artigianalmente e abilmente a lungo maturate sotto sale. Poi dalla Francia del foie gras, con un volo diretto, si taglia tutta l'Europa e si arriva nel Trentino Alto Adige, regione italiana molto nota per le sue mele, richiamate dai cubetti sapientemente sparsi nel piatto, con l'evidente scopo di fornire alla bisogna un immediato sistema di pulizia del palato. Infine, ecco riapprodare la nostra nave culinaria in un porto della Sicilia del Sud, magari a Licata, a pochissimi chilometri da Campobello, patria della Capra Girgentana, con il cui latte, amorevolmente caseificato da Giacomo Gatì, era stata preparata una fonduta, ben abbinata con il grano antico siciliano Russello, impiegato per l'occasione nella preparazione del crostino che supportava tutto il piatto.
Per i curiosi dell'enogastronomia, tratto da Wikipedia: Il mar Cantabrico è un mare litorale dell'Oceano Atlantico che bagna la costa nord della Spagna e la costa sud-ovest della Francia, estendendosi dalla costa galiziana fino alla foce dell'Adour alle coste francesi.
Animelle rosseAnimelle di vitello con gambero rosso su crema di prezzemolo (Animelle rosse)
Alzi la mano chi conosce l'origine delle "animelle", illustri esponenti del quinto quarto esse sono costituite da alcune piccole frattaglie del vitello, del vitellone o dell'agnello, come ad esempio il pancreas e le ghiandole salivari, in questo caso si trattava delle ghiandole presenti nel collo dei giovani bovini che progressivamente scompaiono in età adulta. L'abbinamento stavolta era veramente azzardato, secondo me il più ardito della mia cena degustazione, poichè accanto alle animelle c'erano anche un paio di gamberi rossi, il tutto era unito solo da una pennellata di crema di prezzemolo. Confesso che stavolta, dopo aver assaggiato singolarmente gli ingredienti, come faccio di solito, non ho avuto quell'impulso che mi spinge ad assaggiare tutto in un'unico boccone. Comunque anche in questo caso, l'esecuzione era perfetta, forse il gambero era leggermente avanti di cottura, ma per il resto un'esperienza sicuramente da fare perchè l'obiettivo di una cena all'Ottava Nota non è solo quello di mangiare, ma anche di scoprire sapori, abbinamenti e ingredienti nuovi, unico modo per crescere gastronomicamente.
Primi
CalamaccoMacco di fave con calamaretti fritti (Calamacco)
Con il macco si sono cimentati in tanti, per rimanere nel palermitano ricordo il "Macco di fave al finocchietto" di Nino Graziano, pertanto, questo è uno di quei piatti in cui bisogna metterci del proprio ed eseguirlo alla perfezione, altrimenti, come già detto, si scade nel banale. Il mio Calamacco era stato preparato con un passato di fave sul quale erano stati adagiati alcuni calamaretti fritti, il tutto poi era stato profumato con l'onnipresente finocchietto. Quello delle fritture, soprattutto se a contatto di un ingrediente umido come il macco, è un'impresa molto pericolosa, ma che è stata superata alla grande da Vladimiro, inoltre, la sua esecuzione era perfetta, mentre l'interno del calamaretto ancora di più! Considerando l'esiguità della massa del piccolo mollusco, preservarne la croccantezza senza bruciarlo esteriormente, ed al contempo ottenere un effetto morbido e succoso al suo interno, posso garantire che non è facile, ma all'Ottava Nota ci sono riusciti.
Corde colate con broccolettiCorde di chitarra con broccoletti, calamaro e ricci (Corde colate con broccoletti)
Questo è un piatto che mi ha fatto letteralmente impazzire di piacere, ma non perchè sono un grande amante dei ricci, o almeno non solo! La verità è che i sapori tendenti al dolce sono particolarmente ruffiani, soprattutto in un primo, in questo caso tutto si fondeva mantenendo la propria identità: i broccoletti, il calamaro e la colata di polpa di ricci rigorosamente cruda. Una gran menzione va ai cubetti di calamaro morbidi e succosi che come piccole perle, grazie alla loro croccantezza, esplodevano in bocca con il loro sapore di mare, ben inserito tra i broccoletti, esattamente dove i ricci venivano a mancare.
Ficodindia di mare all'aranciaRisottino al fichidindia con tartare di tonno alla scorza d'arancia profumata al finocchietto (Ficodindia di mare all'arancia)
Dopo tanti anni trascorsi tra l'Opuntia Fest di Roccapalumba (PA) e il Ficodindia Fest di Santa Margherita Belice (AG) trovare in un ristorante palermitano un piatto salato a base di ficodindia è stato piacevole ma anche insolito. Il ficodindia inserito in un primo, ed io ne so qualche cosa, è veramente una brutta bestia, il suo più grande "difetto" è infatti l'elevato contenuto zuccherino. Il risotto, tra l'altro, era stato generosamente mantecato con del burro che nonostante fosse molto intenso come profumo, almeno si legava con la dolcezza del ficodindia. Per fortuna, al centro del risotto era stata deposta una tartare di tonno all'arancia che opportunamente distribuita sul riso riusciva ad equilibrare totalmente la dolcezza del burro, ma soprattutto quella del ficodindia, creando così una vera magia! Complimenti a Vladimiro per aver saputo addomesticare un frutto così salutare, grazie ai suo antiossidanti ad alta biodisponibilità, introducendolo peraltro in un difficilissimo contesto salato.
Secondi
Baccalà giallo con Badda arancioneFiletto di baccalà al vapore su letto di crema di Fagioli Badda con carciofi, zafferano e scorza d'arancia (Baccalà giallo con Badda arancione)
Il baccalà, come lo stoccafisso, sono due ingredienti che tecnicamente non dovrebbero appartenere alla nostra cultura alimentare, ma sono comunque molto diffusi in Sicilia, ormai da tutti noi adottati da tempo. Entrambi però, per offrire il meglio di se, devono essere di alta qualità e soprattutto cotti bene. In questo caso, la cottura a vapore ha lasciato integra la succosità del filetto, la cui struttura consentiva una piacevole masticazione, lo zafferano sulla sua sommità creava un buon abbinamento con la residua salinità del pesce, in netto contrasto con la crema di Fagiolo Badda, il tutto era però mediato dall'onnipresente arancia. A volte mi sono chiesto: ma come saranno i piatti di Vladimiro senza finocchietto e senza arance? Prima o poi dovranno passare di stagione, pertanto ci dovrò tornare per poi raccontarvelo!
Rotelline di Nero su castagne seccheSalsiccia di Maialino Nero dei Nebrodi su macco di castagne secche (Rotelline di Nero su castagne secche)
Mancava proprio un piatto "strong" come questo, ma assaggiarlo a fine pasto, dopo 7 piatti e un amuse-bouche, è stata un'impresa immane! un vero peccato perchè al solo pensarlo, adesso mentre scrivo, l'acquolina fa immancabile capolino nella mia bocca. Il piatto era percorso da una importante vena affumicata proveniente dalle castagne secche, in Sicilia chiamate "cruzzitelle", impiegate per la preparazione del macco posto al di sotto delle rondelle di salsiccia. Quest'ultima era turgida e gustosa, con il tipico sapore di griglia. A completare un piatto che richiamava una grigliata, non potevano mancare i carciofi, anch'essi dall'aspetto e dal gusto rustico.
Dessert
Uovo di gallina di campoUovo di gallina di campo
L'ho scritto e detto un'infinità di volte, tranne che in alcuni rari casi, un pasticcere può fare lo chef, ma uno chef non può fare il pasticcere, sono due lavori troppo diversi tra loro, pertanto arrivato al dessert, devo essere sincero, non mi aspettavo molto perchè sapevo bene che in cucina c'erano solo... tre cuochi! Invece ho trovato complessità e tecnica, nonostante le apparenti semplicità. Il piatto che mi ha più sorpreso trovare in un ristorante è stato l' "Uovo di gallina di campo" e qui qualcuno penserà subito all' "Uovo di Seppia" di Pino Cuttaia, ma in questo caso si trattava di tutt'altra cosa. Il dessert simulava un uovo ad occhio di bue, in cui l'albume era stato realizzato con del bianco d'uovo montato a neve e probabilmente leggermente dolcificato e profumato con vaniglia e con una consistenza da meringa, mentre il tuorlo era costituito da una gelatina di arancia solida fuori e liquida dentro, realizzata con la tecnica della sferificazione inversa. Avete proprio letto bene, in un ristorante ho trovato l'applicazione in un dessert di una tecnica che è già rarissima nelle pasticcerie, traete voi le conclusioni. Tocco finale, il pepe era stato simulato da una sbriciolatina di Cioccolato di Modica. Chi volesse approfondire i segreti e le tecniche di gelificazione e di sferificazione può leggere l'esauriente articolo di Giorgio Nasillo, chimico e collaboratore di CucinArtusi.it, arricchito da un esplicativo video della Decorfood Italy con lo Chef Fabio Tacchella.
Torta al cioccolato 70%Torta al cioccolato 70%
Alzi la mano chi non gradisce il cioccolato, praticamente piace a tutti, da ciò evidentemente deriva il gradimento dei dolci con esso preparati, se poi si parla di un Valrhona 70%, si vede proprio che non ci si è risparmiati in qualità e, dopo aver assaggiato la fetta di torta, anche in esecuzione. L'effetto scioglievole al palato e la morbidezza, mi hanno ricordato il famoso tortino al cioccolato con il cuore liquido, in questo caso invece lasciato morbido, insomma una sorta di flan. Apparentemente sembrava una comune fetta di torta, ma sotto la superficie c'erano un cioccolato da alta pasticceria e grande conoscenza di pasticceria.
Arrivati a questo punto, chi ha letto con attenzione le descrizioni dei piatti, avrà capito che per Vladimiro il confronto mare-terra è un'ossessione! Lo chef osa con gusto negli abbinamenti, con la sicurezza di chi sa che può farlo, ma soprattutto non si appiattisce sui gusti banali, proponendo la sua via che in quasi tutti i suoi piatti gode di una bella vista sul mare e sui monti. L'approccio che bisogna avere entrando nel suo ristorante è quello dell'apertura mentale e dell'esperienza gustativa, solo così si può apprezzare la sua cucina.
Qualcuno però si starà chiedendo, ma i più di 10 anni trascorsi in Spagna? Possibile che ci sia solo il segno lasciato dalle Acciughe del Cantabrico? In verità, Vladimiro mi ha vantato la sua Paella e il suo Gaspacho, ma secondo me qualche piatto spagnolo inserito qua e là non sono sufficienti a caratterizzare in qualche modo il locale, ergo la sua cucina è più che altro definibile come mediterranea/internazionale, o per meglio dire "vladimiriana", se consideriamo anche gli insoliti abbinamenti.
Il pane offerto dal locale è preparato da Pietro Li Muli utilizzando grani antichi come la Tumminia, il Perciasacchi ed il Russello, ma abburattati, a volte anche aromatizzati con pomodoro secco o olive nere. L'abburattamento è una fase della molitura dei cereali che prevede il setacciamento in modo da ottenere farine di finezza differente, ovviamente la parte del chicco più soggetta ad essere sacrificata è la crusca. Questa tipologia di raffinazione, però, consente una migliore gestione dell'impasto, mancando una certa percentuale di fibra la lievitazione avviene meglio, infatti ho consigliato a Vladimiro e Pietro di fare degli esperimenti inserendo negli impasti un po' di integrale molita a pietra, giusto per dare ulteriore colore e profumi al prodotto finale.
Il menu cambia ogni due mesi, come la stagionalità dei prodotti impone, e Vladimiro non si tira certamente indietro davanti a questa regola, per quanto riguarda la carta dei vini ho notato una buon assortimento, anche con piccole cantine non famosissime.
Uno scorcio del suggestivo tettoGli ambienti sono orientati su un minimal moderno e pulito, senza fronzoli, in più Cinzia Farina, architetto e sorella di Vladimiro, ha pensato di inserire delle piacevoli variazioni costituite da giochi di luce piuttosto che da inserti e separatori di forma astratta.
Sul fronte dei prezzi L'Ottava Nota è perfettamente allineato, ma verso il basso, con altri locali che prevedono un'offerta di alta cucina, infatti un pasto completo senza vino parte da circa 35 Euro per arrivare fino a 50, bisogna comunque considerare che le quantità raffigurate nelle mie foto sono quasi tutte appositamente dimezzate in occasione della mia la degustazione, pertanto, normalmente la grammatura dei piatti è abbastanza soddisfacente. Il locale non ha menu degustazione, ma su richiesta Vladimiro lo può pensare al momento, più o meno come ha fatto durante la mia recensione.
In conclusione, per me il Ristorante L'Ottava Nota è stata una grande rivelazione, questa esperienza mi ha permesso di scoprire un talentuoso chef che si è fatto letteralmente da se, coraggioso per aver voluto far ristorazione nella sua città in un momento non proprio propizio per essa, ma soprattutto per i piatti a volte arditi che propone, formando il cliente e non inseguendone i gusti come quasi sempre purtroppo capita.
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