Le ultime tre generazioni dei CappelloIntroduzione
Parte della notorietà della Pasticceria Cappello è sicuramente proveniente dalla mousse al cioccolato chiamata Settestrati, nonchè dall'aver fatto conoscere ai siciliani, tramite la grande diffusione della stessa, le cosiddette torte moderne. La Settestrati è direttamente derivata da quella Setteveli con cui Luigi Biasetto, Christian Beduschi e Luca Mannori nel 1997 vinsero la Coppa del Mondo di Pasticceria in Francia, pero', a pensarci bene, essa non ha nessuna correlazione con la vera storia della famiglia Cappello e con il territorio in cui comunque si è diffusa, imitata da tantissimi altri pasticceri, pertanto secondo me bisognerebbe tornare indietro, ad un bel po' di anni fa, quando Cappello non voleva dire pasticceria, ma latteria e poi bar e gelateria, all'interno della quale la Signora Assunta, mamma del Maestro Salvatore, era impegnata in prima persona nella gestione, dando così al piccolo futuro maestro pasticcere gli spunti che lo hanno portato a ideare l'Arabica, l'unico prodotto che oggi rappresenta le vere radici della Pasticceria Cappello. qui di seguito raccontato da Federica Torregrossa, stagista e poi dipendente dell'azienda stessa.
Maurizio Artusi
L'Arabica
L'ArabicaL'Arabica ha una storia, molto legata all'infanzia di Salvatore Cappello il quale dice sempre che un dolce non va solo assaporato ma anche raccontato. E' un dolce che rappresenta davvero la mia Palermo, che ne rispecchia l'animo multietnico e multiculturale, nonchè la famiglia Cappello, essa nasce da un ricordo del Maestro Salvatore, quando ancora bambino la sera, facendo compagnia alla madre che si dedicava al bar di famiglia, assisteva ai momenti in cui si presentavano persone in pesante stato di ubriachezza e ordinavano alla Signora Assunta "un caffè alla turca". Ben si sa quanto a Palermo sia evidente l'influenza della cultura araba, basti fare una passeggiata in centro storico, tra le nostre strade, i nostri monumenti, ascoltando con attenzione il nostro dialetto nonchè gustando il nostro stesso cibo tradizionale. Il caffè alla turca altro non è che il Qahwa arabo, infuso di caffè e cardamomo con essenze di agrumi, molto usato come disintossicante o digestivo, in altri contesti più nostrani, il caffè turco è un caffè che contiene polvere di chicchi macinati e gocce di succo di limone e serve per superare i postumi degli eccessi di ubriachezza. Da qui nasce l'idea dell'accostamento caffè, cardamomo e limone, fra tradizione, crescita e innovazione, ma è la complessità e combinazione di questo dolce che fa esplodere l'interesse del professionista.
Ogni elemento che si scopre durante l'assaggio è un'esplosione di sapori, assolutamente legati tra di loro, malgrado si possa pensare il contrario. E' un percorso di sapori, partendo dalla mousse di caffè combinato col cardamomo, una nota fresca, dolce e pungente al palato, tagliato di netto dal cremoso al cioccolato fondente, e infine la composta di limone e limoncello, ultima nota di gusto che persiste e pulisce la bocca.
Primo step: la glassa A livello tecnico, ogni elemento ha la sua complessità, in primo luogo troviamo la glassa a specchio con cui ricoprire la superficie della mousse, essa necessita di almeno dodici ore di riposo per cui la sua lavorazione deve essere fatta per prima ed è basata sulla cottura di uno sciroppo di acqua e zucchero che viene poi miscelato a cioccolato al latte e ad altri gelificanti e addensanti, con lo scopo di dargli lucidità e compattezza. Fondamentale in questa preparazione è la precisione nella curva di cottura dello zucchero senza la quale l'emulsione della glassa non avverrebbe in maniera limpida, potrebbe essere utile, oltre che usare un semplice termometro per misurarne la temperatura, agevolarsi il lavoro utilizzando apparecchi specifici come il refrattometro, che misura la densità dello sciroppo nelle varie fasi di cottura, durante l'ebollizione e l'evaporazione dell'acqua e di conseguenza all'accrescimento della concentrazione dello zucchero.
Secondo step: i bisquit Le basi da forno, cioè i due biscuit al cacao, costituiscono il secondo step, per quanto molto simili tra di loro per grammatura e ingredientistica, il procedimento della lavorazione è inverso e la complessità sta nel dare ad ognuno il giusto spessore, uno il doppio dell'altro ed entrambi ben proporzionati al taglio, una delle difficoltà di preparazione sta nella fase finale della cottura, durante la quale il saper riconoscere lo stato del prodotto, che deve essere asciutto ma molto morbido al punto di essere flessibile anche da freddo, scaturisce dalla bravura del professionista, a prescindere dalle sue competenze sugli strumenti utilizzati.
Terzo step: la mousse si arriva alla protagonista indiscussa del dolce: la mousse caffè e cardamomo, ma in questo caso dire mousse è un termine troppo generico, nello specifico, si tratta infatti di una ganache molto particolare. La ganache è un'emulsione, cioè un legame che si crea tra un elemento acquoso e uno grasso, si forza per realizzarlo perchè questi due elementi tendono a volere restare separati, in questo caso l'emulsione avviene tra il cioccolato bianco e il latte, indiscutibilmente a lunga conservazione per preservarne l'integrità, dovendo stare in infusione con i chicchi di caffè e le capsule di cardamomo pestate per almeno 24 ore.Creata l'emulsione la si alleggerisce con panna semi-montata, utilizando la massima cura nell'amalgamare i due composti rispettando le opportune temperature per non rischiare che le molecole di grasso si separino e che la ganache si "arricci", e qui sta la particolarità di questo eccezionale elemento, sentire la corposità della ganache e l'aerosità data dalla montatura della panna, rende questo strato leggero e impalpabile lasciando il palato pulito da grassi, ma ricco di note gustative.
Quarto step: il cremoso Dopo l'abbattimento in negativo, all'interno della mousse al caffè e cardamomo, viene inserito un cremoso al cioccolato fondente al 64% di massa di cacao realizzata con una base di crema inglese emulsionata al cioccolato.
Un fiore di anice stellato decora l'ArabicaQuinto step: la composta di limone La composta di limone e limoncello è la chiccha finale, secondo la storia di questo dolce, questo è il terzo elemento caratteristico di Arabica. In realtà se si riflette bene si comprende l'importanza data da quest'ultimo. Il limoncello è un alcolato che aiuta a sgrassare la bocca che viene combinato al limone, cioè un alimento acido che in bocca dà la pungente sensazione di astringenza alle papille gustative. Questo produce una forte salivazione che provoca nel nostro cervello la immediata sensazione di appetito e quindi di riprendere a gustare il dolce. In questa composta il limone è candito per cui questa sensazione è presente, ma non troppo fastidiosa, grazie allo zucchero della canditura. Letteralmente "l'acquolina in bocca".
La pasticceria è un infinito mondo dove perdersi tra accostamenti e nuove scoperte. Il sapere e lo studio dietro ogni cosa rende i propri orizzonti aperti a infinite possibilità di creare, in questo dolce è racchiuso tutto il genio, l'artista e il maestro che per me è stato e continua a essere Salvatore Cappello.
Federica Torregrossa
Federica Torregrossa con il Maestro Salvatore CappelloBiografia dell'autrice
Nonostante gli ottimi risultati conseguiti nel corso di laurea di Ingegneria Edile-Architettura, Federica Torregrossa ben presto capisce che la sua strada porta in cucina e per la precisione in pasticceria e non in cantiere, complice il marito cuoco di professione e l'azienda di famiglia che gestisce un hotel con annesso ristorante. Dopo diversi corsi Federica sbarca alla CastAlimenti, dove frequenta la scuola di Alta Formazione per Pasticcere e quindi completa gli studi con uno stage presso la Pasticceria Cappello di Palermo. Il mondo lavorativo la vede subito impegnata a Palermo presso il Gagini Restaurant, poi al Bocum e infine in pianta stabile al Buatta. Oggi i dessert preferiti da Federica sono quelli al piatto e suo marito non fa più il... cuoco!
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