Giovanni Gambino tra i suoi fermentatoriLa scoperta di nuovi prodotti genuini è una di quelle attività che sta alla base dell'operato che svolgo dal 2002 in privato e dal 2009 fruibile per tutti su CucinArtusi.it, ma prima di assaggiare e valutarne uno è per me prassi consolidata e irrinunciabile conoscere e approfondire il relativo produttore. E' in questi casi che si incontrano storie di uomini, vite, sogni e desideri più o meno avverati, strade tracciate lungo il solco del duro lavoro che poi mi conducono dritto al cuore del prodotto che assaggerò. A volte, questo mio approfondimento, fa emergere uomini con la U maiuscola, degni di grande rispetto e testimoni di infinite avventure, insomma, personaggi straordinari, segreto ingrediente di un prodotto che oltre ad essere un alimento genuino si trasforma anche in una sorta di estensione della personalità ed esperienza del produttore/mastro birraio, solo così se ne può consapevolmente scrivere ed apprezzarlo.
Il registro di produzione del Birrificio Re di DenariLo scorso 29 Aprile 2016, con lo spirito appena descritto, ho conosciuto l'Ing. Giovanni Gambino, mastro birraio del Birrificio Re di Denari, uomo dalla vita ricca di avventure che come tutti noi ha vissuto per se, ma a differenza di tutti noi e molto più di tutti noi, parecchio anche per gli altri. La storia di Giovanni inizia a Palermo, sua città natale, ma a 18 anni subisce una svolta radicale grazie ad una borsa con quattro indumenti ed un viaggio in Madagascar, dove l'attendeva un'attività di missionario volontario. Solo qualche anno dopo Giovanni ha pensato di completare i suoi studi, riprendendo delle attività apparentemente più convenzionali per un ragazzo delle sua età, ma quegli otto mesi trascorsi nell'isola africana gli daranno comunque un'imprinting che si porterà appresso per tutta la vita. Ancora ventenne, tra lavoro e studio, il nostro birraio si è quindi laureato negli Stati Uniti in ingegneria delle tecnologie applicate, lavorando poi per diversi anni presso una multinazionale giapponese, ma il richiamo della foresta africana era troppo forte e appena è capitata l'occasione è subito entrato a far parte di una O.N.G. finanziata da O.N.U e O.M.S., svolgendo in essa l'attività di formatore in tecnologie agrarie. E' in questa fase della vita di Giovanni che si innestano la maggior parte delle sue esperienze e avventure, passando dal produrre la birra con il sorgo coltivato nel Lesotho, fino alla scarica di mitra di cui porta ancora il segno in un braccio, ma in questo caso è il bagaglio di umanità che alleggerisce il fardello dei rischi. Infine, chiuso il lungo capitolo O.N.G., Giovanni ritorna stabilmente a Palermo continuando la sua opera sociale con la costituzione nel 2003, insieme alla sua oggi ex compagna e ad altri 15 professionisti, dello I.E.R.S.A. Onlus, l'Istituto Europeo di Ricerca e Studi Antropologici ha come scopo lo studio delle abitudini e delle culture dei popoli che necessitano di aiuto, al fine di poter poi fornire know-how mirato e integrato con la realtà locale, ma che al contempo opera localmente anche per il reinserimento sociale degli individui disagiati. L'associazione, finanziata quasi totalmente da fondi propri o privati, si avvale della collaborazione volontaria di diversi soggetti, ma soprattutto dei 15 soci fondatori, ed opera tramite due consultori, uno nel difficile quartiere palermitano di Borgo Nuovo e l'altro nel paese di Corleone, infine è anche azienda agricola biologica con appezzamenti di terreno presso Campobello di Licata (AG), Caltanissetta e Partinico (PA), come vedremo più avanti attività importante per il birrificio. Questo ed altro lo si può ascoltare direttamente dalla voce di Giovanni Gambino nel seguente video che ho registrato presso il Birrificio Re di Denari durante la mia intervista e conseguente degustazione.
Alcune bottiglie di Re di DenariLa parte di storia che però più interessa gli estimatori dell'artigianale bevanda inizia nel 2010, anzi, in verità inizia 50 anni fa, quando Giovanni Gambino comincia a prodursi la birra per uso personale in giro per il mondo, accumulando un bagaglio di esperienza invidiabile, grazie anche all'amicizia che dall'infanzia lo lega ad un altro palermitano che per ragioni economiche da giovane è dovuto emigrare in Belgio, in cui poi praticherà la professione di mastro birraio. Tornando al 2010, in quell'anno quasi per gioco, Giovanni spedisce ad una amico del Nord Italia una sua birra con lo scopo di partecipare, senza tante velleità di primeggiare, ad uno dei tanti concorsi birrari per homebrewers e qui non solo vince il primo premio, ma viene anche notato dai rappresentanti di un grosso birrificio artigianale che in seguito, con un contratto quinquennale, gli commissioneranno la produzione della loro birra, un'ottima occasione per mettere su un proprio impianto. Ovviamente, l'anima dell'ingegnere in tecnologie ha preso in questo caso il sopravvento, infatti Giovanni ha progettato e costruito totalmente l'impianto di produzione realizzandone addirittura due, uno da 1.800 litri, da me visitato, ed un secondo situato in altra località, da ben 4.000 litri. Il Re di Denari, è ufficialmente attivo dal 2015 con la propria etichetta, cioè dopo la scadenza del contratto di produzione conto terzi, esso è il primo, e attualmente unico, birrificio palermitano che produce sul territorio comunale, a differenza di altri che attualmente sono delle beer firm, cioè ideatori di ricette di cui poi viene commissionata la realizzazione ad altri birrifici, fuori provincia o addirittura in continente.
Orzo distico siciliano, ideale per la maltazioneL'azienda agricola dello IERSA produce arance amare, lenticchia di Ustica, ceci e orzo distico, cioè di una varietà meno proteica più adatto ad essere maltato, tutti questi prodotti vengono in parte venduti per finanziare le attività dell'associazione, ma una parte finisce anche dentro i fermentatori del birrificio Re di Denari, caratterizzando fortemente il prodotto, strada di cui ho già parlato in passato definendola come importante via di promozione e carattere distintivo di successo per le birre siciliane sul mercato locale ed estero. Quindi, attualmente, le birre Re di Denari, non solo sono palermitane fino all'osso, l'impianto da me visitato è situato a due passi da Via dei Cantieri, ma tranne il luppolo contengono ingredienti tutti siciliani, primo passo di una birra totalmente autoctona. Cosa manca? Il già citato luppolo sembra che non sia particolarmente problematico da coltivare alle nostre latitudini, infatti nei terreni di Campobello di Licata lo IERSA sta per iniziare una coltivazione sperimentale, cosa ben diversa è invece riuscire a realizzare il processo di maltazione dei cereali. I mastri birrai italiani attualmente hanno a disposizione solo due malterie, una a Nord ed l'altra in Centro Sud, limitazione che impedisce a molti creativi del ramo brassicolo di caratterizzare con il territorio i propri prodotti, birrifici siciliani compresi, ma qui si innesta il progetto dello IERSA riguardante la realizzazione in Sicilia di ben due malterie, una nella provincia di Palermo e l'altra in quella di Caltanissetta, sogno oggi in avanzato stato di realizzazione. Queste attività, una volta completate, consentiranno sia al Birrificio Re di Denari, sia ad altri, di produrre birre totalmente siciliane, obiettivo oggi realizzato solo da Teo Musso di "Baladin" con la sua etichetta "Nazionale", 100% Made in Italy, come mi ha raccontato Teo stesso nelle seguente mia video intervista risalente al Novembre 2014.
Arrivati qui però si potrebbe trattare solo di una bella storia animata da bravi uomini, nonchè della trasposizione di Giovanni Gambino in Teo Musso siciliano, ma alla fine, la birra di Re di Denari com'è? I 50 e passa anni di esperienza di Giovanni si notano o non si notano? La risposta l'ho avuta subito dalla Lucifer, etichetta che secondo me più rappresenta la personalità del nostro mastro birraio.
La Lucifer, "vulcano mediterraneo"
La Lucifer, sottotitolo "vulcano mediterraneo", in etichetta porta anche la dicitura Fellahs, dal nome dei contadini egiziani che anticamente, mutuando dai Sumeri l'arte della preparazione della birra, coltivavano gli ingredienti necessari e poi producevano la bevanda: Essa ricalca a grandi linee una Triple di origini trappiste, quindi una birra particolarmente potente dal punto di vista alcolico grazie ai suoi 9 e passa gradi, anche se durante la bevuta non si nota per niente. Al naso la Lucifer non è per niente ruffiana, anzi, si presenta molto seria, senza particolari profumi sparati, ma con grazia esprime note agrumate leggermente vinose e resinose. Al palato, durante la presa di temperatura, è una continua scoperta, oltre agli agrumi derivanti dall'aggiunta delle scorze di arancia amara disidratate, compaiono anche sapori più morbidi, sicuramente indotti dall'aggiunta di zucchero di canna, dal miele di acacia e dalla carruba tostata. Infine, una volta raggiunta la temperatura ambiente di circa 18-20 gradi, arrivano le ultime impressioni che ricordano quasi uno chardonnay barricato, con sentori di mela verde, pera e un filo di vaniglia: straordinario!
La Winter mediterranea
La Winter mediterranea, come annuncia il suo nome inglese, ci porta verso l'inverno aiutata dallo stile Pilsener, tipico dei paesi nordici come la Boemia, anche in questo caso però piacevolmente contaminato dalle carrube tostate, dal miele di acacia, dal Cioccolato di Modica e la scorza d'arancia disidratata. Le impressioni al naso sono immediatamente quelle del caramello, del sottobosco e del cacao, al palato viene riconfermato il il cacao con luppoli moderati, mai aggressivi. Giovanni ha seguito uno stile a cui si attribuiscono colori chiari, ma in quella regione vengono anche usate gradazioni più scure ed il nostro mastro birraio lo sa bene, grazie alle vicende che lo hanno portato a vivere anche in quelle zone del mondo.
La Nerella mediterranea
La Nerella mediterranea è una Stout, ma neanche a dirlo, opportunamente sicilianizzata grazie all'inserimento della solita accoppiata carrube tostate e miele di acacia, i cui profumi mi hanno portato subito in riva al mare, con la classica brezza salmastra, per poi espandersi verso la carruba, il cacao ed infine una sottilissima vena di caffè. Il naso è stato poi confermato al palato, con una gradazione alcolica di 5,6 gradi la Nerella ha dimostrato un buon corpo senza strafare. L'amaro del luppolo era presente, ma con equilibrio, senza una particolare invadenza, rendendo così la Nerella più beverina. L'unica nota negativa dell'etichetta è stata la schiuma, poco persistente, considerando la tipologia di birra, caratteristica che però non toglie nulla alla piacevolezza della bevuta.
La Bionda scura mediterranea
Nella Bionda mediterranea, una ALE un po' americana senza però le forti luppolature che gli States ci hanno abituato ad assaporare, oltre al solito miele d'acacia, sono stati utilizzati anche le Lenticchie di Ustica e i ceci tostati. Nonostante i suoi 5,6 gradi, relativamente basso come contenuto alcolico, la bionda si è mostrata con un buon corpo su cui spiccava una bella vena acidula, molto utile negli abbinamenti con cibi grassi o meglio fritti, sto pensando ad esempio alle arancine al burro. Su questa birra purtroppo però la lenticchia si è totalmente fusa con i ceci, che in questo caso però stranamente ricordavano sentori di carruba, scomparendo miseramente, fatto già valutato da Giovanni che sta infatti sperimentando nuove versioni in cui quest'ultima verrà diminuito o eliminato del tutto la presenza dei ceci o ne verrà variata la tostatura
Capriccio siculo
Con la Bionda capriccio siculo, una sicilian special premium Lager, si scende ancora di gradazione alcolica arrivando fino a 5,2, senza però minimamente inficiare corpo e personalità, carrube tostate, miele d'acacia e scorza d'arancia hanno ancora una volta fatto il loro lavoro iniziando a coinvolgere il mio naso con un profumo di caramella all'ananas che ha poi dato spazio alla scorza d'arancia disidratata, al palato infine tutto si è chiuso con un fresco accenno acidulo, molto meno della Bionda mediterranea, ma sufficiente a farmi pensare agli stessi abbinamenti.
I ceci tostati impiegati nelle birre Re di DenariUna caratteristica comune a tutte le birre è quindi l'aggiunta di carrube tostate, il cui profumo e sapore, durante le mie degustazioni, è sempre stato molto equilibrato, caratteristica che Giovanni Gambino mi ha fatto notare con orgoglio. In effetti, dosare quella brutta bestia della carruba, in più anche tostata, è una bella impresa che però, devo riconoscere, perfettamente riuscita nelle bottiglie di Re di Denari. Gli altri ingredienti "agricoli" fanno il loro lavoro di caratterizzazione, ma sicuramente in modo più defilato, fatta eccezione per il miele e la profumatissima scorza d'arancia, prodotti che ho avuto il piacere di odorare e fotografare durante la mia visita al birrificio. L'equilibrio è stato impiegato anche nel dosaggio dei luppoli, saranno così felici gli amanti delle birre non troppo amare, infine in tutte le ricette figura lo zucchero di canna, grande "ammorbiditore" aromatico.
Sembra che i birrifici siciliani stiano inseguendo i gusti del pubblico, anche in materia di gradazione alcolica, Re di Denari è attualmente lontano da queste logiche, coniugando alte e basse gradazioni senza mai rinunciare al corpo in queste ultime, in esso la birra viene prodotta onorando in pieno il motto di Lorenzo Da Bove, in arte Kuaska, quando afferma che la birra non esiste, bensì esistono le birre, cioè un'ampia varietà che immancabilmente raggiunge il gusto del cliente giusto, la scelta di produrre una Triple con i suoi annessi e connessi è emblematica di ciò, inoltre non ho notato luppolature particolarmente esagerate, altra tendenza oggi inseguita da molti, mutuata dalle etichette d'oltre oceano. In conclusione, quelle di Re di Denari, sono delle birre che cercano di distinguersi dalle logiche di un certo mercato che, purtroppo, dopo aver dominato il comparto vitivinicolo, stanno inesorabilmente cercando di minare anche quello delle birre artigianali.
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