Degustivina compie dieci anni, verrebbe spontaneo a chiunque fare un bilancio e dei confronti con le prime edizioni ma lascio ad altri più qualificati di me quest’onere e ne approfitto invece per fare un vero e proprio amarcord. Questa edizione mi ha riportato a ben 24 anni fa quando iniziai a lavorare al centro elaborazione dati della MID di Ignazio Miceli. In quel periodo nessuno poteva immaginare che il sig. Ignazio stesse costruendo gli argini di contenimento per il fiume di vino sfuso dell’epoca dirigendolo così oggi verso un vetro di qualità, c’era però in me la consapevolezza di far parte di un’azienda che comunque stava innovando e creando un nuovo mercato dalle grandi potenzialità grazie a lungimiranza e vero spirito imprenditoriale. La MID, tra l’altro, oltre che nell’azienda di distribuzione, investì molto in cantine e terreni in tempi non sospetti. Purtroppo i progetti dell’illuminato ed infaticabile titolare non lo hanno visto protagonista a causa della sua prematura scomparsa ma i suoi successori, però, ne hanno sicuramente goduto i frutti. Rivedendo il bresciano Astori, lo stesso Piero Buffa e ricordando anche Busalacchi padre e il figlio Marco, recentemente incontrato ad Avvinando, e Loventhal, che spero mi perdoni eventuali errori nella scrittura del suo cognome, mi è apparso chiaro come essi fossero delle vere colonne portanti della forza vendita della MID dell’epoca, sono tornato indietro esattamente al 1984 quando ancora il fascino del vino e dei cibi genuini non mi avevano catturato. Forse era il caso di dedicare questi 10 anni di Degustivina e questi ultimi 10 anni di evoluzione del vino siciliano a Ignazio Miceli, durante la manifestazione in molti lo hanno ricordato e hanno riconosciuto l’importanza della strada da lui tracciata: da Piero Buffa a Daniele Cernilli a Dario Cartabellotta, mi sembra un riconoscimento doveroso. Dopo aver trascinato nel passato chi mi sta leggendo è arrivato il momento di tornare al presente parlando dei tre seminari organizzati nell’ambito di Degustivina presso l’Hotel San Paolo.
Il primo seminario, dal titolo “Il rosato da Nero d'Avola - innovazione enologica a confronto” curato dall’Istituto Regionale Vite e Vino, si è aperto con un’introduzione di Piero Buffa il quale ci ha esposto come, secondo lui, la Sicilia deve affrancarsi dai vitigni alloctoni per puntare decisamente su quelli autoctoni e sfruttare le diversità del territorio. Concetti a me ben accetti anche se non bisogna mai dimenticare ciò che gli alloctoni hanno fatto per il vino siciliano, ci sono spesso serviti da traino, ci hanno fatto conoscere all’estero e ci hanno permesso di confrontarci a livello internazionale dimostrando cosa possiamo fare con la nostra terra, ma adesso, come espresso da Buffa, è arrivato il momento di imporci con i nostri vitigni e, aggiungo io, avendo il coraggio di investire oltre che sull’ormai noto Nero d’Avola anche sui bianchi e sulle bacche rosse meno conosciute oppure di evitare i blend con uve autoctone e alloctone prediligendo uve locali in purezza. Gli interventi sono poi passati al Presidente dell’Istituto Dott. Leonardo Agueci e al neo Direttore Dott. Dario Cartabellotta i quali hanno espresso la volontà delle istituzioni di riqualificare i disciplinari di produzione per dare nuova linfa e lustro in particolare al Nero d’Avola, tra l’altro protagonista del seminario con una sua micro vinificazione sperimentale in rosato condotta dall’Istituto stesso. Infine la parola è passata al Dott. Vincenzo Melia e all’enologo Giuseppe Genna che si è personalmente occupato della micro vinificazione in questione illustrandoci tecnicamente le soluzioni adottate e le scelte effettuate durante la sperimentazione. La degustazione si è svolta su quattro versioni dello stesso mosto vinificato con tecniche differenti, il primo rosato era stato vinificato in acciaio e senza permanenza sulle fecce fini, nel secondo erano state aggiunte delle mannoproteine, il terzo aveva subito una più lunga permanenza sulle fecce fini ed infine il quarto aveva visto fecce fini e affinamento in barrique. Quattro vini molto diversi tra loro che sicuramente aprono la strada a possibili interessanti combinazioni e nuovi utilizzi del Nero d’Avola.
Il secondo seminario della giornata, dal titolo “I mille volti del Nero d’Avola”, ha visto ben nove degustazioni di etichette di livello medio elevato. Dei vini eccellenti come quelli degustati non potevano che avere una guida d’eccezione, infatti, i relatori intervenuti sono stati per Slow Food: Nino Aiello e Massimo Lanza, per il Gambero Rosso: Riccardo Viscardi, il tutto moderato da Piero Buffa di Enos. L’intervento di Viscardi è stato tutto un ricordare le origini della viticoltura siciliana moderna dagli anni ‘80 ad oggi partendo dai primi imbottigliamenti di qualità, come il Duca Enrico, per poi passare dai vini di Regalali e per approdare infine all’inscindibile binomio dei giorni nostri Nero d’Avola e Sicilia. Massimo Lanza invece ci ha raccontato, grazie alle sue ricerche storiche ed etimologiche a tratti ampelografiche, le origini del Nero d’Avola anticamente denominato “Calabrese”. Nino Aiello ha ripreso la storia vitivinicola siciliana chiudendo il suo intervento con un’importante considerazione sulla Sicilia vista come una vero e proprio “continente vitivinicolo” grazie alle profonde diversità di cloni, microclimi, cru e filosofie aziendali che ci differenziano rispetto ad altre regioni vitivinicole. Infine sono stati serviti i vini la cui degustazione è stata guidata da Viscardi, le etichette oggetto dell’approfondita analisi sono state le seguenti: Nerobaroni 2006 di Gulfi, Santa Cecilia 2007 di Planeta, Saia 2007 di Feudo Maccari, Cartagho Mandrarossa 2006 di Settesoli, Mille e una Notte 2006 di Donnafugata, Harmonium 2007 di Firriato, Lu Patri 2007 di Baglio del Cristo di Campobello, Sagana 2007 di Cusumano e dulcis in fundo Duca Enrico 2005 di Duca di Salaparuta.
Il secondo giorno di manifestazione ha visto la degustazione di altri 9 vini questa volta bianchi. Sono state scelte 3 etichette di catarratto, 3 di inzolia e 3 di grillo anche in questo caso tutte di livello medio alto. I relatori erano gli stessi del giorno prima con l’aggiunta del Direttore del Gambero Rosso, Daniele Cernilli, il quale ha guidato personalmente la degustazione dimostrando la sua elevata preparazione in campo vitivinicolo, enologico e sensoriale. Anche Cernilli si è abbandonato al solito amarcord sui primi passi compiuti dalla Sicilia nel mercato del vino ha poi paragonato il nostro clima a quello della Napa Valley californiana, descritto come è difficile fare un buon vino bianco a differenza dei buoni rossi facilmente realizzabili da molti ed infine si è trattenuto sulle elevate differenze ampelografiche dei cloni di uve autoctone siciliane. Non poteva mancare il prezioso commento di Massimo Lanza grazie alle sue immancabili ricerche sull’origine dei bianchi siciliani questa volta prematuramente stroncato da Cernilli che ha voluto passare subito alle degustazioni iniziando dai 3 catarratti: Shiarà 2008 di Castellucci Miano, Benedè 2008 di Alessandro di Camporeale, Saharay 2008 di Porta del Vento; poi continuando con l’inzolia: Cubìa 2008 di Cusumano, Dietro le case 2008 di Barbera, Chiaramonte Ansonica 2008 di Firriato; infine con il grillo: Timpa Giada 2008 di Terrediale, Grillo 2008 di Feudo Montoni, Grillo 2008 di Feudo Maccari.
Purtroppo, in quest’ultimo seminario, non sono mancati gli imprevisti, infatti, le quattro bottiglie fornite da Feudo Montoni per la degustazione presentavano un persistente odore di tappo; la cantina di Fabio Sireci è sopra ogni sospetto per quanto riguarda la qualità ma un intoppo può capitare a tutti ciò dimostra quanto sia difficile fare dei prodotti di qualità pur prestando la massima attenzione ai dettagli.
Alla fine del seminario sui bianchi abbiamo ricevuto la visita non ufficiale del direttore dell’ IRVV Dott. Dario Cartabellotta che si è intrattenuto insieme a Cernilli, Sireci, un giornalista e me discutendo della vitivinicola siciliana. Ad un certo punto mi è venuto spontaneo accendere un petardo e lanciarlo tra i piedi dei partecipanti alla discussione con la speranza, poi tradotta in realtà, che esplodesse tra i piedi di Cernilli e Cartabellotta. Il mio petardo portava il nome di Doc Sicilia, recente escamotage della politica regionale per raggruppare sotto un’unica denominazione i vini imbottigliati in Sicilia. Inutile evidenziare le diatribe che si sono aperte nell’ambiente vitivinicolo da parte di esperti, produttori e operatori del settore in seguito a tale proposta ciò ha stimolato il mio interesse sulle opinioni di Cernilli e Cartabellotta in merito alla questione. È emerso che i pareri d’entrambe i Direttori si sovrappongono e si completano a vicenda: assolutamente contrario Cernilli che ha ripreso il senso espresso il giorno prima da Aiello di Sicilia come “continente vitivinicolo” con le sue diversità, aggiungo io da far addirittura tendere verso il concetto di cru tanto caro al grande Veronelli, e teso a far funzionare meglio le Doc esistenti, il direttore dell’IRVV, che ci ha poi illustrato la sua politica di semplificazione dei servizi resi ai produttori da parte dell’Istituto. Fortunatamente il petardo conteneva poca polvere da sparo ed il botto è stato attutito dalla stessa direzione di vedute !
Tra i produttori della galleria espositiva ho scoperto delle interessanti novità. Due vendemmie tardive di Maurigi, un “Dolcemente” Viognier veramente particolare con sentori di albicocca e miele al naso e con una sincera conferma in bocca, e un “Dolcemente” Petit Verdot non alla stessa altezza del Viognier ma comunque piacevole. Infine lo Scibà di Ottoventi, un Passito IGT di Zibibbo molto profumato, forse un po’ troppo sbilanciato su una prepotente mielosità, a tratti fresco peccato che in bocca non ha espresso la stessa forza che al naso. Tutti e tre i vini dolci non erano assolutamente stucchevoli nonostante il contenuto zuccherino si facesse sentire soprattutto nel passito.
Un bilancio positivo della manifestazione non è in dubbio, è anche d’obbligo un complimento alla perfetta organizzazione dell’Associazione Culturale Enos, non affatto scontato in altre manifestazione di pari importanza organizzate da altri, che ha saputo coniugare professionalità e precisione mista a “democraticità” e competenza nella scelta degli espositori infatti, accanto alle grandi, si potevano tranquillamente trovare piccole cantine che però, essendo state sapientemente scelte, hanno offerto in degustazione prodotti di ottima qualità.
Solo un appunto: forse era il caso di destinare maggiore spazio agli operatori del settore in cerca di contatti; con l’apertura alle 17 in entrambe i giorni della manifestazione e i seminari organizzati è stato difficile in serata, quando il popolo dei ragazzi ha invaso gli stand, degustare e discutere con i produttori nell’area espositiva, forse era il caso di riservare la mattinata del sabato ad appassionati ed operatori. Gironzolando tra le cantine espositrici in un momento serale di punta, dove gli under 25 erano in evidente maggioranza, ho avuto una gradita e imprevista sorpresa: molti giovani approcciavano la degustazione con le idee già chiare, facendo richieste specifiche su vini e uve, assaggiando con attenzione più che bevendo. Ho partecipato a decine di manifestazioni simili e a diverse altre Degustivina ma non avevo mai notato questa curiosità e intelligenza nel bere da parte dei giovani. Io non so se il pubblico di Degustivina è di maggior qualità rispetto ad altre manifestazioni ma è inutile dire che tutto ciò fa ben sperare sulla formazione di quelli che saranno i consumatori di domani.
Infine, da grande appassionato di Olio Extravergine d’Oliva siciliano quale sono, non posso che auspicare una vera e propria “Degustiolio” dedicata tutta a un altro prodotto di punta della nostra terra, un comparto, quello dell’olio di qualità, dove al contrario del vino non avremo mai concorrenza da altri grazie alle particolarissime cultivar autoctone e alle caratteristiche chimiche, organolettiche e proprietà benefiche per l’organismo umano conferite da esse all’olio durante la fase di una corretta molitura.
Meritoria la promozione da parte di Enos della Fondovalle 624, una delle più vocate zone vitivinicole siciliane, con un progetto di enoturismo via web e un premio giornalistico ad esso collegato. Peccato però che il sito www.degustivie.it, preposto ad assolvere ai compiti di catalizzatore di interesse sulla 624, non era ancora online durante lo svolgimento della manifestazione. Appuntamento quindi all’anno prossimo magari con un altro premio, questa volta intitolato a Ignazio Miceli, sul tema dell’imprenditoria vitivinicola.
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DEGUSTIVINA 2009: DECIMO ANNO, UN AMARCORD
Degustivina compie dieci anni, verrebbe spontaneo a chiunque fare un bilancio e dei confronti con le prime edizioni ma lascio ad altri più qualificati di me quest’onere e ne approfitto invece per fare un vero e proprio amarcord. Questa edizione mi ha riportato a ben 24 anni fa quando iniziai a lavorare al centro elaborazione dati della MID di Ignazio Miceli. In quel periodo nessuno poteva immaginare che il sig. Ignazio stesse costruendo gli argini di contenimento per il fiume di vino sfuso dell’epoca dirigendolo così oggi verso un vetro di qualità, c’era però in me la consapevolezza di far parte di un’azienda che comunque stava innovando e creando un nuovo mercato dalle grandi potenzialità grazie a lungimiranza e vero spirito imprenditoriale. La MID, tra l’altro, oltre che nell’azienda di distribuzione, investì molto in cantine e terreni in tempi non sospetti. Purtroppo i progetti dell’illuminato ed infaticabile titolare non lo hanno visto protagonista a causa della sua prematura scomparsa ma i suoi successori, però, ne hanno sicuramente goduto i frutti. Rivedendo il bresciano Astori, lo stesso Piero Buffa e ricordando anche Busalacchi padre e il figlio Marco, recentemente incontrato ad Avvinando, e Loventhal, che spero mi perdoni eventuali errori nella scrittura del suo cognome, mi è apparso chiaro come essi fossero delle vere colonne portanti della forza vendita della MID dell’epoca, sono tornato indietro esattamente al 1984 quando ancora il fascino del vino e dei cibi genuini non mi avevano catturato. Forse era il caso di dedicare questi 10 anni di Degustivina e questi ultimi 10 anni di evoluzione del vino siciliano a Ignazio Miceli, durante la manifestazione in molti lo hanno ricordato e hanno riconosciuto l’importanza della strada da lui tracciata: da Piero Buffa a Daniele Cernilli a Dario Cartabellotta, mi sembra un riconoscimento doveroso. Dopo aver trascinato nel passato chi mi sta leggendo è arrivato il momento di tornare al presente parlando dei tre seminari organizzati nell’ambito di Degustivina presso l’Hotel San Paolo.
Il primo seminario, dal titolo “Il rosato da Nero d'Avola - innovazione enologica a confronto” curato dall’Istituto Regionale Vite e Vino, si è aperto con un’introduzione di Piero Buffa il quale ci ha esposto come, secondo lui, la Sicilia deve affrancarsi dai vitigni alloctoni per puntare decisamente su quelli autoctoni e sfruttare le diversità del territorio. Concetti a me ben accetti anche se non bisogna mai dimenticare ciò che gli alloctoni hanno fatto per il vino siciliano, ci sono spesso serviti da traino, ci hanno fatto conoscere all’estero e ci hanno permesso di confrontarci a livello internazionale dimostrando cosa possiamo fare con la nostra terra, ma adesso, come espresso da Buffa, è arrivato il momento di imporci con i nostri vitigni e, aggiungo io, avendo il coraggio di investire oltre che sull’ormai noto Nero d’Avola anche sui bianchi e sulle bacche rosse meno conosciute oppure di evitare i blend con uve autoctone e alloctone prediligendo uve locali in purezza. Gli interventi sono poi passati al Presidente dell’Istituto Dott. Leonardo Agueci e al neo Direttore Dott. Dario Cartabellotta i quali hanno espresso la volontà delle istituzioni di riqualificare i disciplinari di produzione per dare nuova linfa e lustro in particolare al Nero d’Avola, tra l’altro protagonista del seminario con una sua micro vinificazione sperimentale in rosato condotta dall’Istituto stesso. Infine la parola è passata al Dott. Vincenzo Melia e all’enologo Giuseppe Genna che si è personalmente occupato della micro vinificazione in questione illustrandoci tecnicamente le soluzioni adottate e le scelte effettuate durante la sperimentazione. La degustazione si è svolta su quattro versioni dello stesso mosto vinificato con tecniche differenti, il primo rosato era stato vinificato in acciaio e senza permanenza sulle fecce fini, nel secondo erano state aggiunte delle mannoproteine, il terzo aveva subito una più lunga permanenza sulle fecce fini ed infine il quarto aveva visto fecce fini e affinamento in barrique. Quattro vini molto diversi tra loro che sicuramente aprono la strada a possibili interessanti combinazioni e nuovi utilizzi del Nero d’Avola.
Il secondo seminario della giornata, dal titolo “I mille volti del Nero d’Avola”, ha visto ben nove degustazioni di etichette di livello medio elevato. Dei vini eccellenti come quelli degustati non potevano che avere una guida d’eccezione, infatti, i relatori intervenuti sono stati per Slow Food: Nino Aiello e Massimo Lanza, per il Gambero Rosso: Riccardo Viscardi, il tutto moderato da Piero Buffa di Enos. L’intervento di Viscardi è stato tutto un ricordare le origini della viticoltura siciliana moderna dagli anni ‘80 ad oggi partendo dai primi imbottigliamenti di qualità, come il Duca Enrico, per poi passare dai vini di Regalali e per approdare infine all’inscindibile binomio dei giorni nostri Nero d’Avola e Sicilia. Massimo Lanza invece ci ha raccontato, grazie alle sue ricerche storiche ed etimologiche a tratti ampelografiche, le origini del Nero d’Avola anticamente denominato “Calabrese”. Nino Aiello ha ripreso la storia vitivinicola siciliana chiudendo il suo intervento con un’importante considerazione sulla Sicilia vista come una vero e proprio “continente vitivinicolo” grazie alle profonde diversità di cloni, microclimi, cru e filosofie aziendali che ci differenziano rispetto ad altre regioni vitivinicole. Infine sono stati serviti i vini la cui degustazione è stata guidata da Viscardi, le etichette oggetto dell’approfondita analisi sono state le seguenti: Nerobaroni 2006 di Gulfi, Santa Cecilia 2007 di Planeta, Saia 2007 di Feudo Maccari, Cartagho Mandrarossa 2006 di Settesoli, Mille e una Notte 2006 di Donnafugata, Harmonium 2007 di Firriato, Lu Patri 2007 di Baglio del Cristo di Campobello, Sagana 2007 di Cusumano e dulcis in fundo Duca Enrico 2005 di Duca di Salaparuta.
Il secondo giorno di manifestazione ha visto la degustazione di altri 9 vini questa volta bianchi. Sono state scelte 3 etichette di catarratto, 3 di inzolia e 3 di grillo anche in questo caso tutte di livello medio alto. I relatori erano gli stessi del giorno prima con l’aggiunta del Direttore del Gambero Rosso, Daniele Cernilli, il quale ha guidato personalmente la degustazione dimostrando la sua elevata preparazione in campo vitivinicolo, enologico e sensoriale. Anche Cernilli si è abbandonato al solito amarcord sui primi passi compiuti dalla Sicilia nel mercato del vino ha poi paragonato il nostro clima a quello della Napa Valley californiana, descritto come è difficile fare un buon vino bianco a differenza dei buoni rossi facilmente realizzabili da molti ed infine si è trattenuto sulle elevate differenze ampelografiche dei cloni di uve autoctone siciliane. Non poteva mancare il prezioso commento di Massimo Lanza grazie alle sue immancabili ricerche sull’origine dei bianchi siciliani questa volta prematuramente stroncato da Cernilli che ha voluto passare subito alle degustazioni iniziando dai 3 catarratti: Shiarà 2008 di Castellucci Miano, Benedè 2008 di Alessandro di Camporeale, Saharay 2008 di Porta del Vento; poi continuando con l’inzolia: Cubìa 2008 di Cusumano, Dietro le case 2008 di Barbera, Chiaramonte Ansonica 2008 di Firriato; infine con il grillo: Timpa Giada 2008 di Terrediale, Grillo 2008 di Feudo Montoni, Grillo 2008 di Feudo Maccari.
Purtroppo, in quest’ultimo seminario, non sono mancati gli imprevisti, infatti, le quattro bottiglie fornite da Feudo Montoni per la degustazione presentavano un persistente odore di tappo; la cantina di Fabio Sireci è sopra ogni sospetto per quanto riguarda la qualità ma un intoppo può capitare a tutti ciò dimostra quanto sia difficile fare dei prodotti di qualità pur prestando la massima attenzione ai dettagli.
Alla fine del seminario sui bianchi abbiamo ricevuto la visita non ufficiale del direttore dell’IRVV Dott. Dario Cartabellotta che si è intrattenuto insieme a Cernilli, Sireci, un giornalista e me discutendo della vitivinicola siciliana. Ad un certo punto mi è venuto spontaneo accendere un petardo e lanciarlo tra i piedi dei partecipanti alla discussione con la speranza, poi tradotta in realtà, che esplodesse tra i piedi di Cernilli e Cartabellotta. Il mio petardo portava il nome di Doc Sicilia, recente escamotage della politica regionale per raggruppare sotto un’unica denominazione i vini imbottigliati in Sicilia. Inutile evidenziare le diatribe che si sono aperte nell’ambiente vitivinicolo da parte di esperti, produttori e operatori del settore in seguito a tale proposta ciò ha stimolato il mio interesse sulle opinioni di Cernilli e Cartabellotta in merito alla questione. È emerso che i pareri d’entrambe i Direttori si sovrappongono e si completano a vicenda: assolutamente contrario Cernilli che ha ripreso il senso espresso il giorno prima da Aiello di Sicilia come “continente vitivinicolo” con le sue diversità, aggiungo io da far addirittura tendere verso il concetto di cru tanto caro al grande Veronelli, e teso a far funzionare meglio le Doc esistenti, il direttore dell’IRVV, che ci ha poi illustrato la sua politica di semplificazione dei servizi resi ai produttori da parte dell’Istituto. Fortunatamente il petardo conteneva poca polvere da sparo ed il botto è stato attutito dalla stessa direzione di vedute !
Tra i produttori della galleria espositiva ho scoperto delle interessanti novità. Due vendemmie tardive di Maurigi, un “Dolcemente” Viognier veramente particolare con sentori di albicocca e miele al naso e con una sincera conferma in bocca, e un “Dolcemente” Petit Verdot non alla stessa altezza del Viognier ma comunque piacevole. Infine lo Scibà di Ottoventi, un Passito IGT di Zibibbo molto profumato, forse un po’ troppo sbilanciato su una prepotente mielosità, a tratti fresco peccato che in bocca non ha espresso la stessa forza che al naso. Tutti e tre i vini dolci non erano assolutamente stucchevoli nonostante il contenuto zuccherino si facesse sentire soprattutto nel passito.
Un bilancio positivo della manifestazione non è in dubbio, è anche d’obbligo un complimento alla perfetta organizzazione dell’Associazione Culturale Enos, non affatto scontato in altre manifestazione di pari importanza organizzate da altri, che ha saputo coniugare professionalità e precisione mista a “democraticità” e competenza nella scelta degli espositori infatti, accanto alle grandi, si potevano tranquillamente trovare piccole cantine che però, essendo state sapientemente scelte, hanno offerto in degustazione prodotti di ottima qualità.
Solo un appunto: forse era il caso di destinare maggiore spazio agli operatori del settore in cerca di contatti; con l’apertura alle 17 in entrambe i giorni della manifestazione e i seminari organizzati è stato difficile in serata, quando il popolo dei ragazzi ha invaso gli stand, degustare e discutere con i produttori nell’area espositiva, forse era il caso di riservare la mattinata del sabato ad appassionati ed operatori. Gironzolando tra le cantine espositrici in un momento serale di punta, dove gli under 25 erano in evidente maggioranza, ho avuto una gradita e imprevista sorpresa: molti giovani approcciavano la degustazione con le idee già chiare, facendo richieste specifiche su vini e uve, assaggiando con attenzione più che bevendo. Ho partecipato a decine di manifestazioni simili e a diverse altre Degustivina ma non avevo mai notato questa curiosità e intelligenza nel bere da parte dei giovani. Io non so se il pubblico di Degustivina è di maggior qualità rispetto ad altre manifestazioni ma è inutile dire che tutto ciò fa ben sperare sulla formazione di quelli che saranno i consumatori di domani.
Infine, da grande appassionato di Olio Extravergine d’Oliva siciliano quale sono, non posso che auspicare una vera e propria “Degustiolio” dedicata tutta a un altro prodotto di punta della nostra terra, un comparto, quello dell’olio di qualità, dove al contrario del vino non avremo mai concorrenza da altri grazie alle particolarissime cultivar autoctone e alle caratteristiche chimiche, organolettiche e proprietà benefiche per l’organismo umano conferite da esse all’olio durante la fase di una corretta molitura.
Meritoria la promozione da parte di Enos della Fondovalle 624, una delle più vocate zone vitivinicole siciliane, con un progetto di enoturismo via web e un premio giornalistico ad esso collegato. Peccato però che il sito www.degustivie.it, preposto ad assolvere ai compiti di catalizzatore di interesse sulla 624, non era ancora online durante lo svolgimento della manifestazione. Appuntamento quindi all’anno prossimo magari con un altro premio, questa volta intitolato a Ignazio Miceli, sul tema dell’imprenditoria vitivinicola.
M.A.
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