E’ terminata due giorni fa a Trapani “Stragusto”, il festival che giunto alla sua settima edizione si propone di celebrare il cibo da strada italiano e straniero, soffermandosi in particolare sulle eccellenze regionali siciliane. Nascere in una famiglia del Sud è una condanna ma al contempo un privilegio, quando si parla di cibo. Una condanna, perché lo vivi quasi come un’ossessione, un pensiero cardine delle tue giornate, perché è a Sud che l’unità e l’equilibrio di una famiglia nasce e si sviluppa intorno alla tavola. Chiedere: ”Cosa mangiamo oggi?” è desiderio di protezione declinato attraverso una Norma o una sarduzza a beccafico. È il profumo di cipolla soffritta a gridare amore, un richiamo ancestrale dei propri cuccioli alla tana. Una madre terrona donerà al mondo una prole di rompiscatole che ovunque si troveranno, si ergeranno a paladini dell’unica gastronomia degna di chiamarsi tale, strenui difensori di parmigiane e cazzilli e che languiranno davanti a una foto postata su Facebook di stigghiole e sasizza alla brace. Dinanzi all’uomo venuto dal Nord, o al turista, ci metteremo in mostra come pavoni nel tentativo di contagiarli e cambiargli la vita per sempre. Forse un’arancina, col suo caldo cuore di ragout, non ha questo potere? Ho visto veneti ciondolare felici per i vicoli della Palermo vecchia, fra olive cunzate e ricotta salata, milanesi mollare le nebbie della valle per filari di vigne immersi in un sole cocente, americani dimenticare le vite frenetiche delle metropoli rapiti dall’immensa ricchezza del Mediterraneo. Mi piace pensare che il mare che ci circonda sia un immenso abbraccio da Gibilterra al Canale di Suez, un crogiolo di facce e di storie, di profumi e di suoni, musica e tradizioni. Nei millenni i popoli del Mediterraneo hanno accolto tutti, e fra loro si son fatti la guerra, divenendo a volte vincitori e altre vinti. Tuttavia, in questo intreccio di genti che andavano e venivano, ognuno ha lasciato un segno, un’impronta ben precisa, tanto che ancora oggi riusciamo a trovare quei dettagli che ci legano, siciliani e arabi, tunisini e calabresi, spagnoli e pugliesi, turchi e napoletani, greci e sardi. Può essere una spezia, una ricetta, un nome, spesso lo stesso piatto è preparato in più luoghi del Mediterraneo, come la ratatouille o il cous cous, oppure è un piccolo scrigno di pasta brik a racchiudere un ricco ripieno di carne, verdure e profumi della terra. Una zuppa di pesce può raccontare molte storie di uomini in viaggio per mare, e nulla sa essere più evocativo di un’alice marinata. Nell'abbraccio del colonnato del Mercato del Pesce, persone di diverse nazionalità, nel colorato e denso di odori e storia calderone della manifestazione, hanno messo da parte differenze e diffidenze per comunicare attraverso il linguaggio del cibo, senza però abbandonare quel pizzico di orgoglio di appartenenza alla propria Terra Madre, da bravi figli del Mediterraneo quali tutti siamo, o diventiamo. Foto di Annibale Cerrati
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