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Manuela Barone
Antica Pasticceria Gelateria da JosèPDFStampaE-mail
Martedì 15 Novembre 2016 20:14
Scritto da Manuela Barone


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Josè2016 01Pietro D'Amico con la moglie e i figli Giuseppe e GabrieleOgni qual volta mi trovo a visitare un'azienda, non posso fare a meno di cercare di conoscerne e comprenderne la storia e il contesto urbano, sociale e culturale in cui una certa realtà nasce e si sviluppa. Se ogni azienda è fatta di persone e storie, nessuno meglio di Pietro D'Amico può raccontare come la sua pasticceria si sia evoluta insieme al litorale di Romagnolo nel quartiere di Acqua dei Corsari a Palermo e sia stata testimone degli anni d'oro e in quelli del declino. La spiaggia di Romagnolo vede i suoi fasti già a partire dal 1800. Grazie alla sua bellezza e alla salubrità delle acque che la lambivano, divenne meta dell'aristocrazia palermitana che qui iniziò a costruire le sue ville e gli stabilimenti balneari per trascorrere la stagione estiva. Una linea tranviaria e una ferroviaria facilitavano il raggiungimento dell'area che presto divenne frequentatissima e raggiunse il massimo splendore con gli stabilimenti Trieste-Virzì e Delizia-Petrucci. Nel corso dei decenni, specie dopo la metà degli anni cinquanta del secolo scorso, Romagnolo conobbe un inesorabile declino, sia per la progressiva espansione della città, ma anche per una cattiva gestione comunale che ha permesso che il degrado, complice il convogliamento degli scarichi fognari, si abbattesse su tutta la zona, lasciando di quello splendore solo un ricordo lontano nella memoria dei palermitani nostalgici.

Josè2016 02Il "pezzo duro" di Pietro D'AmicoNel 1960, proprio nel fiore di quegli anni fortunati per la spiaggia di Romagnolo, Giuseppe D'Amico, ribattezzato "Josè" da un suo maestro che aveva servito in case nobiliari, dopo essere cresciuto professionalmente nei laboratori di Ilardo, altro storico simbolo del litorale palermitano, decide di aprire la sua gelateria, offrendo ristoro dalla calura estiva ai tanti bagnanti che affollavano la spiaggia. Nel suo laboratorio Josè manteneva alta e viva la tradizione del gelato artigianale producendo i pezzi duri, soluzione ingegnosa per trasformare in versione estiva dolci come la cassata, dato che in estate la ricotta non veniva prodotta per inadeguatezza dei pascoli. Il pezzo duro convertì la cassata in bomba gelato, fatta di strati di gelato crema, fragola e pistacchio, pan di spagna imbevuto di rhum, gocce di cioccolato e canditi. C'era anche il "giardinetto", un omaggio al tricolore, con gelato al limone, pistacchio e fragola. Inutile a dirlo, gli ingredienti erano rigorosamente locali. Altri gusti erano "scorzonera e cannella", "caffè parfait", "riso del paradiso con chantilly al cioccolato". Il pezzo duro era ed è uno dei caposaldi della gelateria siciliana che la famiglia D'Amico non ha mai smesso di produrre, nella ferma convinzione che la memoria va difesa e custodita, tanto da convincersi a presentarlo all'ultima edizione dello Sherbeth 2016 lo scorso Settembre. Dopo Josè è stato il figlio Pietro a raccogliere l'eredità paterna, oggi insieme ai di lui figli Giuseppe e Gabriele continua a portare avanti la storia della famiglia D'Amico e della sua pasticceria.

Josè2016 03Una castagna appena nata dalle mani di Giuseppe D'AmicoHo visitato l'Antica Pasticceria Gelateria Da Josè il 24 Ottobre 2016, circa una settimana prima della Festa di Ognissanti. Avevo già assaggiato il pezzo duro di cassata proprio allo Sherbeth, purtroppo non ho potuto replicare in quanto la pasticceria nei mesi autunnali interrompe la produzione del gelato, pertanto bisognerà tornarci in primavera per parlare solo dell'antico mondo dei gelati di Josè. Ad ogni modo, complice la festività incombente, il laboratorio era in fermento per la produzione della frutta di martorana. Pietro D'Amico ha raggiunto un compromesso con la ricetta del padre sostituendo lo zucchero semolato con una parte di miele ed una di glucosio. Ciò ha aumentato l'aromaticità del prodotto finale, nonché la sua plasticità e conservabilità. La mandorla siciliana è selezionata in base al calibro, e una volta macinata è mescolata con gli zuccheri portati a sciroppo. La massa viene fatta riposare 24 ore e infine raffinata. Il bilanciamento degli ingredienti varia anche in base alle temperature. Il nostro autunno registra sempre giornate molto calde, quasi estive e mantenere costanti le quantità, in caso di caldo eccessivo, renderebbe l'impasto troppo secco. Il risultato è una pasta di mandorle profumata e setosa al palato, con una grana percepibile ma equilibrata, né troppo grande né troppo fine. Nemmeno l'impatto con il colore ha alterato il sapore, essendo i coloranti diluiti in alcool in misura non eccessiva, una volta si utilizzava il "benzoino", una resina estratta da un arbusto, che ha funzione conservante e fissativa perché limita la dispersione degli aromi di mandorla e preserva la fragranza della pasta martorana, esso non è più utilizzato dal 1993 perché si è visto essere in grado di dare reazioni allergiche. Nella pasticceria "Da Jose" plasmano la frutta martorana sia con le forme in gesso che con le mani, ed è piacevole vedere dei ragazzi giovani come Giuseppe e Gabriele lavorare con molta maestria e abilità, creare le forme e dargli colore, sia con il pennello che con l'aerografo. Giuseppe, inoltre, si è specializzato nella decorazione a mano delle uova di cioccolato, disponibili con diversi soggetti ovviamente solo nel periodo pasquale.

Josè2016 04La vetrina dei dolci antichiHo assaggiato i "catanesi", biscotti in pasta di mandorla con la forma di una esse e ricoperti di zucchero a velo. I "bianchi e neri", morbidi e friabili, con il chiodo di garofano e la cannella a farla da padroni. Le "taralle" ricoperte di glassa. I "biscotti di San Martino" con le sue tre varianti: rasco con ricotta, tricotto con i semi di anice, da pucciare nel marsala come se non ci fosse un domani, decorato con glassa di zucchero e ripieno di composta di cedro. I D'Amico realizzano anche una versione ripiena di composta di zucca e mandarino da loro prodotta. Gli "Excelsior" per me sono la prova del nove per la valutazione di una pasticceria, quelli che ho assaggiato sono morbidi e burrosi, grazie alla predilezione di Giuseppe per il burro, che generalmente non viene utilizzato, in quanto considerato invadente nel sapore e più costoso, spesso infatti si preferisce la margarina o il melange, un misto di margarina e burro a percentuali variabili. La cassata al forno che troviamo "Da Josè" con molta probabilità è la sola degna erede a Palermo della quasat di araba origine, la grande scodella rotonda. Si, perché Pietro non inforna la sua cassata nella teglia ovale regolare, come la vediamo praticamente ovunque, ma modella gentilmente la pasta frolla con le mani per fargli assumere la forma rotonda e ne avvolge i lembi sotto il dolce. Ho apprezzato molto questa versione perché mi fa pensare a un tentativo romantico di ritorno alle origini.

Josè2016 05Il cannolo di Pietro D'AmicoE infine sua maestà il cannolo. La pasticceria è nota per la sua cialda, che si discosta tanto da quella diffusa nella quasi totalità delle pasticcerie siciliane, ormai vittime del monopolio di pochissime aziende che le producono su scala industriale per la distribuzione e la vendita. Quasi nessuno la produce più nei propri laboratori, dato che verrebbe impiegato molto tempo per produrre le cialde necessarie a soddisfare la richiesta. Si può dire che ormai la cialda, a Palermo, sia diventata un format. La cialda di Pietro D'Amico sembra avere invece un'identità propria, una perfetta via di mezzo fra la versione palermitana e la cialda di Piana degli Albanesi (PA) o di Dattilo (TP), più leggere e sfogliate. Mi sono chiesta persino se vista la storicità della pasticceria "Da Josè", questa cialda non conservi la memoria di come le cialde venissero fatte davvero, prima che la standardizzazione industriale arrivasse con il suo carico di appiattimento che ha cancellato molte originalità artigiane.

Josè2016 06Biscotto di San Martino decoratoIn tanti lamentano come quella pasticceria moderna fatta di mousse, bavaresi, glasse a specchio, semilavorati e stampi dalle forme complesse abbia indotto molti professionisti del settore a ridurre pian piano nel tempo tutta la varietà di biscotti e paste e torte che abbiamo ricevuto in eredità dalle monache dei conventi, dalle nonne, dalla frugalità contadina, dai pasticceri svizzeri. Quanti ancora, ad esempio, producono l'"Africano", la "patata", la "Maria Stuarda", i "tricotti"? Sono consapevole che le tendenze sempre in cambiamento e in evoluzione condizionano le linee produttive di un'azienda, ma è pur vero che viviamo in una terra che ha una storia e un'eredità ricchissima che purtroppo rischiamo di perdere e dimenticare. Per fortuna però, alcuni artigiani resistono ancora, io ne ho conosciuti diversi che lottano per restare in piedi in una città complicata come Palermo e in un'era, per il nostro paese, che non rispetta e non protegge le attività artigiane, vessandole con leggi e tasse inique.



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