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Giorgio Nasillo
Un Divino Festival in... mascheraPDFStampaE-mail
Mercoledì 12 Agosto 2020 11:30
Scritto da Giorgio Nasillo


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DiVinoFestival 2020 01Il tavolo da degustazione di DiVino Festival (Foto G.Nasillo)Nei giorni 31 Luglio, 1 e 2 Agosto 2020, a Castelbuono (PA) si è svolta la XIV edizione del DiVino Festival. Sebbene l'emergenza Covid ne abbia ridotto notevolmente la portata, è stata comunque una grande occasione per celebrare la cultura enogastronomica d'eccellenza siciliana ed italiana tutta. Il programma, forzatamente ridotto ma di grande qualità, si è articolato principalmente tra importanti spettacoli serali, prestigiose degustazioni wine & food ed eventi on line. Diverse, e tutte autorevoli, le cantine che hanno partecipato, cosi come prestigioso è stato il contributo che l'Università di Palermo ha dato tramite il Dipartimento SAAF (Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali), nella persona del Prof. Nicola Francesca.

Personalmente il primo evento al quale ho partecipato è stato il viaggio-degustazione tra le Eccellenze Siciliane promosso dal Consorzio Pantelleria DOC e Val di Noto Strade del Vino. È stata un'ottima occasione per fare un tuffo tra i ricchi vigneti di uva Zibibbo (chiamato anche Moscato d'Alessandria) e Moscato Bianco della lussureggiante Pantelleria fino ai territori della provincia di Siracusa, così ricca di storia e tradizioni. La selezione ha incluso due moscati bianchi secchi (Donna Elisa del 2019 e Zefiro 2018) e quattro passiti (dal tradizionale Pellegrino del 2017 all'inimitabile Ben Ryè della cantina Donnafugata, 2017). L'apertura con i due secchi ha subito messo in moto le papille gustative dei partecipanti con aromi fruttati e molto intensi, quasi acerbi, dovuti principalmente alla giovane età dei vini. I colori brillanti, paglierini, freschi, di entrambi i vini si sposavano cromaticamente con le note acidule e leggermente aspre che si percepivano in bocca degustando con attenzione. Lo scenario cambia radicalmente con l'entrata in campo del primo passito proveniente dalla Val di Noto: il Don Nuzzo della cantina Gulino, vendemmia 2017. Il colore vira al bruno, al palato un'esplosione di note dolci che subito fanno riecheggiare alla mente accostamenti anche particolari come un buon dolce alla ricotta. La selezione continua con un passito le cui uve sono state raccolte manualmente nella zona di Ispica (RG) durante la vendemmia 2015: il Notissimo della cantina Riofavara. Anche in questo caso si sente al palato ed all'olfatto la maturità dei 5 anni di invecchiamento, con note che ricordano il miele, la carruba e, sullo sfondo, frutta secca e leggere spezie. Si continua con uno dei passiti più famosi, unione sapiente di storia e tradizione: il moscato della cantina Pellegrino, 2017. Nonostante il restyling dell'etichetta degli ultimi anni, questo zibibbo si conferma un pilastro della tradizione siciliana: colore ambrato, profumazione intensa e persistente, note dolci che lo vedono benissimo in abbinamento ad un dolce e, perché no, anche ad un risotto. La degustazione si è chiusa con ciò che definirei il Re dei passiti, un vino che non ha nulla a che invidiare alle più blasonate cantine internazionali, una garanzia in termini di eleganza e raffinatezza: il Ben Ryé di Donnafugata (2017). Si presenta maestoso, ricchissimo di profumi che giungono al naso senza neanche roteare il bicchiere, per nulla pungente segno che tale bontà è solo frutto di lenti appassimenti sotto il sole di Pantelleria e successive tranquille fermentazioni in botti. Al palato è corposo ma gentile, dolce, esplosione di aromi con sentori di miele, fichi, albicocche, che ti invogliano a berne un altro sorso ed un altro ancora. Insomma, una degustazione che ha visto, come in una sfilata, l'alternarsi di eccellenze locali che hanno ammaliato con i loro profumi e le loro meravigliose qualità chi, come me, ha avuto il piacere di partecipare.

Il successivo evento al quale ho partecipato, anche con un pizzico d'orgoglio in quanto dipendente UniPa, è stata la degustazione guidata con i vini sperimentali dell'Università di Palermo dal titolo "Il Catarratto: flavour e longevità grazie alla selezione di lieviti non-convenzionali" curata dal Prof. Nicola Francesca. È stato un momento oltremodo piacevole anche per il prezioso connubio vino-scienza esposto in maniera semplice ma puntuale dal Prof. Francesca. La selezione ha compreso cinque vini di Catarratto, prodotti nella Valle dello Jato, ed è parte di un grande progetto che vede impegnata l'Università di Palermo nel rendere quanto più longevo possibile tale vino. La scelta proprio di tale vitigno è stata dovuta principalmente alla sua diffusione visto che è il più abbondante in Sicilia ed il secondo per abbondanza in Italia. La degustazione si è aperta con un Honey del 2019 in cui spiccava la sua mineralità (che ricordiamo essere diversa dalla sapidità del vino dovuta proprio alla quantità di sali disciolti). Il colore paglierino pallido si accostava perfettamente alla sensazione di freschezza leggermente acida dovuta alla sua giovanissima età. Il secondo vino proposto è stato un S-Malo anch'esso del 2019. La sua caratteristica produttiva principale è la fermentazione malolattica alla quale è stato sottoposto. La malolattica è una "disacidificazione" naturale ad opera dei batteri, in cui l'acido malico viene trasformato in acido lattico ed anidride carbonica. In questo modo diminuisce la sensazione di acidità del vino in quanto l'acido lattico è percepito meno acre del suo precursore malico; il risultato è quindi un vino più delicato e morbido ma comunque con carattere. A seguire lo stesso S-Malo ma vendemmia 2018; sebbene di un solo anno, la percezione di un vino più maturo è evidente: il colore tende ad un giallo più inteso e il bouquet di sentori percepito è più ampio. La componente fruttata è sempre la dominante ma diventano più spiccate note floreali e dolciastre. Il quarto vino proposto, l'M-20 del 2018, è anch'esso il frutto di un esperimento del gruppo di ricerca del Prof. Francesca. È stato lavorato, infatti, come un rosso ponendo, nello specifico, il mosto a contatto con le bucce per ben 72 giorni, dilatando cioè il normale tempo di contatto fino a circa 3 volte. Il risultato è un vino corposo, per nulla acidulo, in cui diventano ancora più marcati i sentori freschi e speziati tipici del CatarrattoInfine la degustazione si è chiusa con un "giovane", cioè l'M-20 di produzione del 2019. Di questo vino si percepiscono all'olfatto ed al gusto tutte le potenziali caratteristiche che, con qualche anno di invecchiamento, lo porteranno a divenire un gran vino, sebbene in questa fase prevalga ancora il suo carattere giovane e pungente. Per concludere il Prof. Francesca ed il suo gruppo hanno dimostrato sapientemente come un "semplice" Catarratto, dopo attente e minuziose ricerche di tipo scientifico, sapientemente ed opportunamente lavorato, può divenire un ottimo vino longevo in cui brillino le peculiarità di un vitigno che porta dentro di sé tutti i profumi della Sicilia.

Collegato alla manifestazione si svolto anche un concorso enologico la cui classifica è stata la seguente:

ROSSO GUSTO DIVINO
Oro: Sicè - Cantina Tenuta Gatti
Argento: Manene - Cantina Paolo Calì
Bronzo: Arele - Cantina Tommasi

BIANCO GUSTO DIVINO
Oro: 797 N - Cantina Salvatore Tamburello
Argento: Adenzia - Baglio del Cristo di Campobello
Bronzo: Grillo - Morreale agnello

SPUMANTE GUSTO DIVINO
Oro: Metodo Classico - Alessandro Di Camporeale
Argento: Riserva - Cantina Orsolani
Bronzo: Cantina Coppola 71 Rosato

PREMIO ETICHETTA DIVINO FESTIVAL
Oro : Scalunera - Cantina Torremora
Argento: Fusha - Cantina Baglio di Pianetto
Bronzo: Isesi - Cantina Pellegrino

MENZIONE SPECIALE GUSTO DIVINO
Oro: Catarratto - Cantina Di Bella
Argento: Cerasuolo di Vittoria- Cantina Cortese
Bronzo: Fragore Cantina - Donna Fugata

GioNas

2020-08-01,02 Divino Festival 2020
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