Come ho detto prima, i tempi di maturazione vanno da 36 a 72 ore, come mai questo ampio range di tempo, da che cosa dipende? Oltre che dalla temperatura a cui viene posto l’impasto i tempi di maturazione vanno calcolati in funzione del tipo di farina che si utilizza e in particolare in funzione della forza di una farina. La forza della farina si indica con il simbolo W e dipende dal tipo di grano e in particolare dal suo contenuto in proteine, in particolare gliadine e glutenine che insieme formano il glutine, che poi rappresenterà la struttura portante dell’impasto. Il glutine è una sorta di rete formata quindi da gliadine e glutenine che rende l’impasto compatto ed elastico e capace di trattenere i gas della lievitazione, che così formano le caratteristiche bolle della struttura spugnosa di pane ed altri prodotti lievitati. Se utilizziamo farine forti (W da 280 a 450) i processi di maturazione avranno bisogno di più tempo per la loro attività; in questo caso è utile mettere l’impasto in frigorifero in quanto le basse temperature rallentano l’attività del lievito ma non fermano la maturazione. Utilizzando farine più deboli (W fino a 170) i tempi di maturazione si ridurranno. Abbiamo capito quindi che il tipo di farina utilizzata influenza notevolmente la struttura dell’impasto e il prodotto finale. Se questa farina, oltre ad avere una forza adeguata, ha dei sapori e profumi tipici dell’antica “trinacria” e se è anche di grano duro e molita a pietra, l’esperienza olfattiva e gustativa di alto livello è assicurata. I nostri grani antichi moliti a pietra, hanno delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche superiori rispetto ai grani industriali, che vantano dalla loro parte l’alta resa, ma i tanti passaggi di raffinazione oltre alla perdita di alcuni composti fondamentali, portano ad un aumento degli zuccheri della farina e a un aumento della glicemia quando consumiamo prodotti da forno, con conseguente aumento di peso corporeo nel tempo. Infatti, in pochi tengono in considerazione che i grani in uso negli ultimi 20 anni hanno indici di glutine più elevati rispetto a quelli antichi. Oltretutto, i numerosi passaggi di raffinazione, portano a un eccessivo lasso di tempo tra raccolta del grano e consumo delle farine. E questo comporta il rischio di formazione di micotossine, tossine che si generano nel grano quando è conservato a lungo e in condizioni che favoriscono lo sviluppo di muffe e che sono cancerogene.
Quindi l’ideale sarebbe consumare farine di grano duro, perchè queste hanno meno zuccheri di quelle di grano tenero, e molite a pietra, perché in questo modo il chicco verrà semplicemente polverizzato senza essere privato del germe e della crusca, elementi che forniscono sostanze preziosissime per il nostro organismo. Attenzione poi al pane integrale, o pseudo tale! La maggior parte dei prodotti da forno denominati integrali (specie quelli acquistati al supermercato) sono composti da farina 00, cui viene aggiunto un derivato della crusca, anche questa privata delle sue sostanze più preziose e finemente rimacinata. In breve, uno scarto raffinato di lavorazione industriale, che diventa doppiamente nocivo per l'organismo umano.
Le sue pizze “hanno alle spalle” una maturazione di 72 ore e una lievitazione di minimo 8 ore, la maturazione avviene in frigo a 4°C. Una cosa importantissima da attenzionare durante la preparazione è la temperatura, l’impasto deve infatti essere rigorosamente preparato con acqua fredda e la temperatura dell’impasto non deve mai superare i 22-24°C perché altrimenti comincerebbe a lievitare prima che la maturazione abbia portato alla degradazione i composti più complessi in quelli semplici già citati. Daniele, nei suoi impasti, usa il lievito madre (il 30% sulla quantità della farina) e lievito di birra (0.5% su litro di acqua). Tutti sappiamo che il lievito madre porta a una pizza più digeribile, saporita e dal bouquet aromatico notevole. La quantità esigua di lievito di birra, che può permettersi grazie alla pratica della maturazione, fa si che la pizza sia ancora più digeribile e leggera. La sua offerta di pizze è molto varia, ce n'è per tutti i gusti: impasto classico, impasto ai 6 cereali, impasto con innesto di farina di soia, impasto SGT (Specialità Tradizionale Garantita, comunemente detta “napoletana”), impasto con farina di kamut, e la fantastica pizza alla farina integrale di Sicilia già disponibile ma solo su richiesta del cliente in quanto non ancora presente nel menu. Quest’ultima è un'esplosione di odori e sapori, contiene le varietà timilia, russello e bianco madonita, grani duri antichi siciliani, pertanto non ibridati o modificati i primi due, e un grano tenero moderno, ma anch'esso siciliano poichè coltivato sulle madonie, il terzo. Tutti e tre i grani sono rigorosamente moliti a pietra presso i Molini del Ponte di Filippo Drago, in particolare il bianco madonita è in fase di studio per definirne meglio le caratteristiche, poichè nessuno lo aveva finora molito all'antica! Ricordiamo che la timilia, o tumminia, è una varietà di grano duro antico molto pregiata, tipica del territorio siciliano ed in via di estinzione. Essa non è stata sottoposta a modifiche genetiche, contiene quindi ancora le notizie di quando ben 23.000 anni fa le popolazioni dell'Eta' della Pietra solevano raccogliere i semi di frumento selvatici. Nel 1974 molte tipologie di grano subirono una modifica al proprio DNA tramite irradiazione di raggi gamma, da questa modifica nacquero le varietà di grano "moderno" dalle cui farine oggi otteniamo il pane e la pasta di tutti i giorni. Lo sfarinato è tutt’ora utilizzato per produrre il Pane Nero di Castelvetrano. La Russello è una farina prodotta da Grano Duro varietà “Russello” utilizzato in origine per produrre pane a “pasta dura”, secondo la tecnica tradizionalmente diffusa in provincia di Ragusa, i risultati ottenibili sono eccezionali: sia sul piano organolettico che su quello visivo.
La pizza che mi viene presentata è lievitata alla perfezione, con una pasta gonfia e ariosa e una croccantezza della crosta gustosissima e un sapore incredibile, con i profumi della farina proveniente dagli antichi grani che riempiono il naso e il gusto inconfondibile di una volta. Si percepisce un leggero odore di camomilla e melissa, e poi un caleidoscopio di odori e sapori che riportano all’antico pane fatto in casa di un tempo. Il lievito non si percepisce per niente, né l’odore, né gonfiori successivi all’ingestione della pizza, tanto che la sensazione che ho è quella che potrei mangiarne all’infinito, ed effettivamente esagero un po’ con le quantità. Quindi per fare una pizza basta poco: acqua, olio di oliva extra vergine, sale marino (possibilmente di Trapani), ottima farina (possibilmente proveniente da antichi grani siciliani) e tanta pazienza nell’aspettare che l’impasto maturi. In questa preparazione vale di più che in altre il proverbio: “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”! Bisogna trattare la pizza esattamente come la carne, una buona carne si ottiene solo con una buona frollatura e una buona pizza si ottiene solo con un’adeguata maturazione. Il risultato è quindi eccezionale: più leggerezza, più digeribilità, niente effetto mattone sullo stomaco e un maggiore aromaticità che di solito, nelle pizze non maturate, è mascherata dall’odore di lievito.
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