Dopo l'aperitivo è iniziata la cena, costituita da ben 8 portate di finger food da forchetta. Il finger food, come annuncia il suo stesso nome, è una preparazione da consumare con due dita il cui peso si aggira intorno ai 9-12 grammi, durante la cena, invece, sono stati serviti finger da circa 24 grammi, perdendo così la caratteristica praticità del consumo in piedi, ma giustamente più abbondanti al fine di poter correttamente sfamare gli ospiti e sostenere i vini in degustazione.
Un finger da arrotolare con le verdure che lo adornavano e da mangiare in un unico boccone, solo così si può godere appieno dell'esplosione di gusti portati dall'insalata e dal pepe rosa, tutti appoggiati sulla dolcezza del gambero. Un abbinamento vincente che ha aperto degnamente la serie di piccole, ma grandi portate della cena. Come ho già dichiarato non sono un esperto di sushi, ma questo rolly mi ha dato l'impressione di essere molto classico nel suo genere, semplice, ma di grande effetto gustativo. A boccone intero, si poteva notare il gusto forte del pesce, probabilmente un pesce azzurro, che era però alleggerito dalla freschezza del pezzetto di avocado che immancabilmente lo accompagnava.
All'interno del solito riso da sushi, era stata rollata, oltre alla tradizionale alga nori, anche un gamberetto in tempura, ma secondo me, la principale attrattiva della preparazione era costituita dalla piacevole salsetta, leggermente caramellata, che lo adornava insieme ai fili dorati di patata. Qualcuno direbbe: e rieccoci con le salsette, ma quando una cosa è buona, è buona e basta, anche se è una semplice salsa, per cui, onore al merito!
Questa è l'unica portata che ha suscitato in me una critica negativa. In verità, il problema da me riscontrato potrebbe ricadere nell'ambito degli opinabili poichè si è trattato di una scelta che ha privilegiato l'aspetto esteriore a discapito della praticità del consumo. In sostanza, per preservare l'iridescenza della sarda si è preferito non squamare il pesce, o comunque non completamente, creando un po' di fastidio durante la masticazione, per il resto, nulla da eccepire sul gusto finale di questa particolare rivisitazione della sarda a beccafico.
Personalmente, trovo inutile e banale avvolgere un gamberetto o come capita più spesso un gamberone nella pasta kataifi e friggerlo. La totale mancanza d'inventiva della nostra ristorazione purtroppo non riesce ad impiegare quei sottili fili di pasta fillo in modo diverso. Inoltre, la consuetudine è purtroppo costituita dal trovare il gambero troppo cotto e/o una pasta kataifi bruciacchiata e/o grondante olio di frittura! Stavolta però mi son dovuto ricredere perchè l'onnipresente kataifi avvolgeva un piccolo gustosissimo gamberetto rosso, perfetto in cottura e assolutamente asciutto, utilizzato per accompagnare un fagottino di crespella con all'interno altri gamberetti rosa leggermente legati tra di loro tramite una sorta di besciamella. Questo finger è la prova che si può sbanalizzare l'uso del gambero kataifi, ma che soprattutto lo si può realizzare bene. Nel frattempo, però, rimango comunque in attesa che qualcuno usi la kataifi senza abbinarla per forza ad un gambero! Salvatore Di Salvo, batti un colpo se ci sei! Baccalà in crosta di timo Sappiamo tutti quanto sia difficile, quasi impossibile, realizzare una buona panatura, ma le avvisaglie avute durante l'aperitivo mi hanno lasciato molto tranquillo in merito. Di Salvo usa un triplo passaggio di farina, pastella e pangrattato, ottenendo un risultato perfetto in croccantezza ed effetto guscio. Il segreto però non sta solo negli ingredienti, bensì anche nell'importante ruolo che ricopre l'olio d frittura. In questo caso ho personalmente verificato trovando in cucina una miscela a base di girasole ad alto contenuti di acidi grassi monoinsaturi, come dire, una sorta di olio d'oliva, ma ottenuto dai semi e non dalle olive. Esattamente il contrario rispetto alla tendenza di tutti gli altri diffusissimi oli per frittura che invece vengono frazionati, al fine di aumentare il contenuto di acidi grassi saturi e quindi dare maggiore stabilità alla miscela, ma con il risultato di danneggiare il nostro sistema cardiovascolare, per non parlare del maggior rischio di produrre i temibili acidi grassi trans, che a differenza di tutti gli altri composti simili, non vengono utilizzati dall'organismo umano ed in esso invece rimangono sottoforma di tossine. Ovviamente, il prodotto in uso al Senso Inverso ha delle caratteristiche particolari che migliorano il risultato delle fritture, ma ha anche un costo di acquisto più alto di circa il 30% rispetto ai normali frazionati. Quindi, in conclusione, questo finger presentava una panatura perfetta che ha avvolto con eleganza e struttura un bocconcino di baccalà fresco, ben morbido e umido, ma senza nessuna perdita di succhi, al tenue gusto di timo bagnato solo da una delicata salsa al cappero. Un vero capolavoro da assumere come esempio per la frittura del pesce panato.
Usare il basilico per una spuma non è certamente una novità, ma l'apparente banalità è stata spazzata via da due caratteristiche rare: l'estremo equilibrio nell'uso di quell'erba aromatica, che se non ben dosata può risultare infestante come profumo e come sapore, e dagli abbinamenti inusuali per non dire azzardati realizzati per l'occasione. In questo caso, però, il presunto azzardo iniziale, subito dopo l'assaggio, si è trasformato in un momento di alta cucina. Al palato si riuscivano a percepire tutte le sfumature degli ingredienti utilizzati e contemporaneamente essi si parlavano tra di loro, come nel passaggio del testimone in una staffetta, quindi si passava dal basilico, all'olio d'oliva, alla vaniglia ed infine alla fragolina, creando quella sinfonia che distingue un perfetto equilibrio culinario da un vano tentativo di stupire con strani abbinamenti!
Una pallina di gelato al tartufo era stata adagiata in una salsetta alla vaniglia variegata con riduzione di aceto balsamico e quindi decorata con delle briciole di tartufo nero. Chi è abituato a certi piatti da gourmet, conosce bene quanto sia malefico il profumo ed il sapere del tartufo, bisogna dosarlo in modo micrometrico e non c'è bilancia che lo possa pesare, ma solo un occhio umano molto attento! A parer mio Salvatore Di Salvo, in questa portata, ha compiuto il secondo perfetto equilibrio della serata, infatti la prima sensazione olfattiva era quella classica del tartufo che ricorda lontanamente la gomma del copertone di un'automobile, ma molto delicata e frammista con una nota vanigliata. Al palato è poi continuato il totale equilibrio, confermando tutti i profumi che si sono poi trasformati in sapori.
Pongracz Metodo classico Sud Africa Tra le ottime etichette in degustazone durante la serata, selezionate con cura dal catalogo di Vini & Design, le mie preferite sono state: il Karlsmuhle Auslese 97, un riesling tedesco dove l'asprezza classica della buccia di albicocca era perfettamente controbilanciata da una leggera abboccatura portata dallo stesso frutto, e lo Sherry Pedro Ximenez, dai complessi profumi di liquirizia, mandorle, fichi secchi e dal generoso contenuto zuccherino.
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